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Parrucchiere al tempo del coronavirus: chili di plastica e regole da sala operatoria

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Si inizia con l’igienizzazione delle mani, si prosegue con la misurazione della febbre, si toglie la propria mascherina e si indossa quella fornita dal parrucchiere. Poi è il turno della borsa, che finisce all’interno di un sacco di plastica di dimensioni condominiali per proteggerla e proteggere dai germi che potrebbe veicolare e infine è la volta della mantella, un telo di plastica modello ‘acquazzone in montagna’ che protegge abiti e pelle da eventuale virus.

Se qualcuno pensa che andare dal parrucchiere ai tempi del coronavirus sia facile e rilassante si sbaglia di grosso. E se non fosse per i parrucchieri stessi, che accolgono con il sorriso, sdrammatizzano con gli occhi dolci (unica cosa visibile del volto coperto da una mascherina professionale) e cercano di buttarla in una risata complice, è facile pensare quell’appuntamento tanto caro, soprattutto alle donne, non sarebbe più così apprezzato. Ma il parrucchiere è un must e mai come ai tempi del coronavirus abbiamo compreso la sua importanza non solo per essere più belli e in ordine, ma per sentirci bene. Ok alle tinte fatte in casa e alle pieghe improvvisate, ma vogliamo mettere con la sensazione di mettersi in mano a degli esperti, sentirsi toccare la cute e i capelli con professionalità e ritrovarsi con una piega fluente che rimane in posa per giorni? Dio benedica i parrucchieri.

Il mio primo appuntamento post covid è nel salone di Cristina Chiesa a Thiene, la mia parrucchiera da anni, dove dopo essere stata sottoposta al protocollo anti covid, mi sono sentita pronta come fossi un chirurgo che sta per entrare in sala operatoria ad eseguire un intervento. Per fortuna, mi sono limitata a sedermi in una poltrona accogliente, rigorosamente lontana dalla mia vicina, con la quale per comunicare abbiamo dovuto alzare la voce per superare la barriera del suono, altrimenti attutito dalla mascherina.

Cristina Chiesa, com’è ricominciare nella fase 2 (o 3, sinceramente non ho ancora capito)?

E’ ancora troppo presto per fare una valutazione. La prima settimana il lavoro è ripreso alla grande, ora c’è una fase di stabilizzazione. Noi nel frattempo lavoriamo, osserviamo, cerchiamo di capire che cosa succede, che cosa succederà.

E’ ottimista?

Lo sono sempre stata, continuo ad esserlo. Questo è il mio lavoro, posso solo andare avanti. Per cui mi adeguo alle prescrizioni, investo nei dispositivi di sicurezza necessari per i clienti, per l’igienizzazione e per noi che lavoriamo.

Sono investimenti importanti?

Sì, sono investimenti notevoli. Ho acquistato un paio di macchinari per disinfettare, materiale monouso. A fine giornata gettiamo tantissima plastica, mi dispiace moltissimo perché mi rendo conto che ci sarà a lungo andare un notevole impatto sull’inquinamento. E’ materiale che non si può riciclare, va incenerito. E poi abbiamo dovuto rendere inagibili alcune postazioni, per garantire la distanza tra clienti. Ho messo il nastro che simboleggia il divieto, ma ci ho fatto un fiocco, per renderlo più carino.

Che aria tira tra di voi e con i clienti?

Ho notato una ripresa e un certo ottimismo i primi giorni. Oggi però, forse anche perché stiamo imparando ad analizzarci attraverso le mascherine, noto un’aria un po’ più triste. Il distanziamento fisico, l’uso della mascherina, l’obbligo di non toccarsi. Sono tutte cose a cui non siamo abituati, che creano un distacco anche emotivo.

L’uso della mascherina pesa?

Per noi che lavoriamo è un po’ fastidiosa perché è spessa, però ci stiamo abituando. Per le clienti dipende dalla persona. La cosa che a me non piace è che la mascherina nasconde le espressioni. Ci sono clienti chiacchierone e quelle lo sono anche con la mascherina, per cui si comunica senza problemi, esprimono i loro gusti, ti dicono se va tutto bene, se piace il lavoro o la temperatura dell’acqua. Però ci sono anche le persone più riservate, abituate a comunicare con lo sguardo. Con loro è più difficile, perché la mascherina crea un filtro, non è facile capire velocemente quello che la cliente comunica.

Come si aspetta il prossimo futuro?

Non ci penso troppo, andiamo avanti. Questo è il nostro lavoro e continueremo a farlo al meglio e con la solita passione.

Anna Bianchini