“Chi non sta da una parte o dall’altra della barricata, è la barricata”.
E’ questa frase, di Vladimir Lenin, la giusta sintesi del silenzio che le istituzioni regionali e la politica locale hanno tenuto (per anni) in merito alla condizione lavorativa in cui si trovano a dover lavorare le operatrici socio sanitarie nella Ulss7 Pedemontana, pagate in pratica quanto un raccoglitore di pomodori al sud Italia, senza garanzie contrattuali, gestite da cooperative a cui devono pagare corsi di aggiornamento e quote associative per qualche migliaio di euro.
Una situazione conosciuta, ma che è emersa in modo prepotente grazie alla loro denuncia. Una denuncia dovuta all’amore per il loro lavoro e alla voglia di accudire i “loro ragazzi”. Sentimenti importanti, ma che non possono essere dissociati da un trattamento contrattuale serio e dignitoso, in particolar modo se le cooperative in questione operano per conto della Ulss locale e le operatrici devono accompagnare i ragazzi, dagli 1 ai 18 anni, nel loro percorso di scolarizzazione. Ragazzi che nella Ulss7 ora hanno perso anche la psicologa, sempre ‘reclutata’ attraverso cooperativa, che ha trovato lavoro altrove, causando sconforto e una grande paura nelle mamme per le quali era un punto di riferimento perché, come ben sa chi ha a che fare con persone affette da autismo, la sostituzione di una figura richiede un percorso di adattamento lungo e spesso psicologicamente estenuante per la famiglia del disabile.
Dalla Regione Veneto ancora nessun cenno (abbiamo contattato l’assessore regionale a Sanità e Sociale Manuela Lanzarin, ma comprendiamo che essendoci il fine settimana di mezzo ci potrebbe volere ancora qualche giorno).
Orsi: “Le cooperative non possono sostituirsi alla Ulss, servono solo per ridurre i costi”
Nessun cenno nemmeno dalla Conferenza dei Sindaci dell’Alto Vicentino, con solamente Valter Orsi, sindaco di Schio, che ha dichiarato: “Come ho spesso ribadito, le cooperative sono nate a suo tempo per delle finalità precise, ma esse non possono sostituirsi a tutte le strutture organizzate del lavoro che operano nei diversi settori. In questo modo sono diventate una facile scusa per la politica per ridurre costi, ma che di fatto non fanno altro che spostare sugli operatori ciò che si risparmia nei bandi mettendo in crisi interi settori sociali. Questo è un giochetto che sta mostrando le criticità e diventerà sempre più pesante. Il solo pensiero che per lavorare in una cooperativa bisogna pagare dovrebbe far sussultare i ben pensanti sempre pronti, a parole, a schierarsi dalla parte dei diritti. Le leggi, approvate col benestare di molti, oggi come oggi addirittura obbligano a emettere bandi indirizzati a questo mondo. Io penso che certi servizi debbano essere gestiti dal servizio pubblico, può sembrare che costi di più, ma in realtà ci sarebbe una spalmatura dei costi sulla collettività e non solo su chi lavora; in questo modo, invece, le leggi stanno operando per creare una fragilità sociale e rendere più deboli le famiglie con stipendi ridicoli se proporzionati alla missione a cui sono chiamati gli operatori al posto di mitigarne le problematiche. L’ultimo esempio è stato il bando per la struttura di Montecchio Precalcino che ha tolto al servizio pubblico un servizio mirato a persone con grande fragilità; lo dissi a suo tempo e lo ribadisco ora, ma come spesso accade nessun altro ha avuto nulla da dire, questa cosa scoppierà quando i problemi saranno ormai ai limite. A quel punto mi aspetto che tanti si scandalizzeranno”.
Cunegato e De Zen: “Precarietà degli operatori inaccettabile, il risparmio della Ulss ha un costo sociale elevatissimo”
Sempre da Schio, anche Carlo Cunegato e Giorgio De Zen, consiglieri comunale di Coalizione Civica, non sono rimasti indifferenti alla questione ed esercitando quello che è in loro potere si sono rivolti all’amministrazione comunale del loro Comune per sollecitare un intervento rapido in seno alla Conferenza dei Sindaci.
“Gli operatori della disabilità dell’Alto Vicentino sono ormai allo stremo. Vi sono situazioni lavorative ormai al limite della sopportazione per numerose operatrici sociosanitarie del nostro territorio e, in generale, della nostra Ulss. Sono dipendenti di cooperative convenzionate, ma afferiscono al Servizio Disabilità dell’Ulss7 e sviluppano interventi condivisi tra Scuole e Servizi di Neuropsichiatria infantile e Disabilità Ulss – hanno spiegato Cunegato e De Zen – Esse sono un tassello fondamentale per l’inserimento scolastico di studenti con disabilità grave, sono per le famiglie l’interfaccia quotidiana con i servizi, un punto di riferimento costante. Lavorano alle dipendenza di cooperative, ma svolgono un compito pubblico e dalle scuole sono considerate “le operatrici dell’Ulss”, perché così è nella sostanza. Difatti scrivono: “Siamo un gruppo di operatrici Ulss”. L’assistenza agli alunni con disabilità è di competenza dei comuni: essi difatti versano alla Ulss, attraverso le quote capitarie, i finanziamenti necessari. L’Ulss gestisce l’assistenza attraverso il Servizio Disabilità, ma l’operatività (e quindi il reclutamento e la gestione del personale) viene esternalizzata attraverso bandi di gara alle cooperative sociali. L’Ulss4 si trovava ad operare in un sistema molto simile a quello attuale, eppure aveva trovato il modo per farlo funzionare in modo decisamente migliore, salvaguardando la qualità del servizio e al tempo stesso garantendo i lavoratori (pochi) e le lavoratrici (la stragrande maggioranza). L’Ulss 4 aveva riconosciuto la grande importanza di questo servizio per le persone con disabilità e le loro famiglie, per le quali la continuità e le competenze sviluppate con l’esperienza di questo personale erano vitali. Aveva quindi trovato il modo di dare continuità nelle convenzioni con le cooperative sociali e di garantire alle operatrici almeno il rispetto della loro dignità, facendole lavorare per quelle ore settimanali assegnate all’inizio dell’anno scolastico. Come si può pretendere che un operatore svolga un lavoro di tale complessità (pensiamo ad esempio al supporto di un alunno con autismo) con la dovuta serenità se ogni mattina si sveglia con l’angoscia di non poter lavorare? Si, perché se la scuola è chiusa, se l’alunno seguito è ammalato (pensiamo al disastro che ha fatto il Covid), l’operatrice perde le ore, cioè perde stipendio. Siamo nel 2021 e queste professionalità devono sperimentare ancora forme così pesanti di precarietà e bassissimi salari. Chi ne guadagna è l’Ulss, e naturalmente i Comuni, che risparmiano. Ma ne vale la pena? Il pesante calo di qualità che ne consegue, legato alla demotivazione del personale e al conseguente aumento del turn-over, nonché l’insoddisfazione della scuola, l’ansia delle famiglie, la sofferenza di un bambino che perde il suo punto di riferimento: tutto questo che prezzo ha? L’Ulss7 Pedemontana ha chiaramente scelto una strada diversa dalla precedente nel rapporto con le cooperative sociali e nella modalità di erogare i servizi sociosanitari. Essa è probabilmente corretta dal punto di vista amministrativo ed economico, ma possiamo accettare solo questo risultato quando è in ballo l’esito di un intervento sulla persona? Ne viene misurata l’efficacia? Se i servizi sociosanitari peggiorano, i primi a rimetterci sono ovviamente i più deboli, ma poi ne rimette tutto il territorio, perché di certo l’attrattività dello stesso è data anche dalla qualità dei servizi offerti. Anziché sbandierare l’eccellenza della nostra sanità, che non è fatta solo della cura delle acuzie ma anche della presa in carico quotidiana dei fragili, sarebbe bene verificare quanti disagi possano causare queste situazioni e cercare di porvi rimedio. Chiediamo quindi al sindaco e all’assessore al Sociale Cristina Marigo, sapendo che sono numerosi nel nostro comune gli alunni con disabilità grave seguiti da operatori di assistenza, l’amministrazione è a conoscenza della situazione? Ossia la presenza di una precarizzazione del lavoro che incide sia sulla qualità dei servizi offerti che sulla dignità degli operatori? Se sì, il comune pensa di portare il tema in Conferenza dei Sindaci e all’attenzione dei dirigenti della Ulss7? E con che posizione?”
Giuseppe Sola: “Ministro Erika Stefani intervenga al più presto, ecco la proposta”
Sempre da Schio, anche Giuseppe Sola, presidente de La Casa e da 11 anni di due scuole paritarie, conferma “le difficoltà che incontriamo nel momento di accogliere bambini con bisogni educativi speciali”.
Leggere la denuncia delle operatrici della disabilità non lo ha colto di sorpresa, ma gli ha risvegliato la consapevolezza del problema spingendolo a ipotizzare qualche soluzione. Una domanda, Sola, vuole farla al ministro per le Disabilità Erika Stefani, trissinese e quindi ‘vicina di Ulss’. L’eccellenza della ex Ulss4 infatti, che era peculiarità della sola Ulss4, è andata piano piano spegnendosi, e pare ormai evidente che lo ‘stampo regionale’ ha preso il sopravvento.
La proposta di Giuseppe Sola al ministro Stefani riguarda le scuole paritarie: “Le scuole paritarie non hanno la possibilità economica di assumere figure di sostegno per dare il giusto servizio che questi bambini meritano. Un insegnante di sostegno costa alla scuola circa 30mila euro annui ed il contributo per la disabilità (tra Ministero, Regione, Comune) si aggira intorno ad un quarto. Per questo i bambini spesso vengono veicolati alle scuole comunali o statali, dove l’insegnante di sostegno è a carico dello Stato e non grava sui bilanci della struttura. Visto che le scuole paritarie fanno risparmiare allo Stato circa il 50% dei costo di gestione di un bambino, perchè non utilizzare questi ‘risparmi’ per investire in personale di sostegno (con adeguata formazione) da inserire nelle scuole paritarie?”
Sola ha poi evidenziato un tema critico, che riguarda il futuro dei bambini con bisogni speciali, per i quali sempre più genitori, a causa della mancanza di servizi adeguati, stanno cercando ‘sistemazione’ nei centri diurni, anche a scapito della scolarizzazione. “Purtroppo il fenomeno dei bisogni speciali dei bambini è in costante crescita (più sotto il profilo cognitivo che fisico) e poco si fa per anticipare i tempi di quello che il futuro ci prospetta: la necessità di aiuti ‘straordinari’ alle famiglie sotto forma di luoghi di accoglienza con personale specializzato in tale ambito – ha concluso Sola – Ci sono tante psicologhe, anche brave, con difficoltà a trovare lavoro. Perchè non costruire un progetto in questo senso?”
Nota di Redazione
Abbiamo iniziato questo articolo con una citazione e con una citazione lo concludiamo. Da sognatori quali siamo nella nostra redazione, ci auguriamo sempre che ognuno faccia il proprio lavoro con buon senso, con responsabilità. Alla politica che ci rappresenta, ai rappresentanti istituzionali che hanno il dovere di lavorare per il bene dei cittadini, tocca il compito di risolvere i problemi. Altrimenti, lì che cosa ci state a fare? Le passerelle per le inaugurazioni? “Qualora un governo sia salito al potere attraverso qualche forma di consultazione popolare, fraudolenta o no, e si mantenga almeno un’apparenza di legalità costituzionale, è impossibile che l’impulso alla guerriglia si produca, poiché non tutte le possibilità di lotta politica si sono esaurite” (Che Guevara).
Quindi adesso tocca a voi politici eletti, fate la vostra parte, fate il vostro dovere.
Anna Bianchini
Operatori della disabilità dell’Altovicentino allo stremo: “Paghiamo le cooperative per lavorare”
Thiene-Schio. “Va via anche la psicologa, disabili lasciati soli nel valzer delle cooperative”