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Montecchio. Rsa alle cooperative, i lavoratori alla Ulss: “Fermatevi, grave danno per i pazienti”

La privatizzazione della Sanità, con appalti assegnati grazie a bandi al ribasso ed una serie di progetti studiati ad hoc per i pazienti psichiatrici che vengono gettati in fumo. Sono queste le premesse che portano i lavoratori delle Rsa Il Cardo e San Michele di Montecchio Precalcino a chiedere alla Ulss7 Pedemontana di non firmare l’assegnazione delle strutture alle cooperative che hanno, di fatto vinto il bando.

Una mossa che farebbe di certo discutere, ma secondo i lavoratori il cambiamento per i pazienti, che già vivono in una situazione complessa e molto difficile, da questo cambio di gestione sarebbero gravemente penalizzati.

“Ventiquattro anni di lavoro in fumo, impegno e responsabilità che la Ulss7 non ci ha riconosciuto, anni di studio e concorsi pubblici non presi in considerazione ed una serie di progetti realizzati ad hoc per i pazienti che vengono buttati al vento e che non potranno essere eguagliati perché manca la formazione resa possibile dal tempo”.

E’ palpabile l’amarezza dei lavoratori delle Rsa Il Cardo e San Michele di Montecchio Precalcino, che dopo il bando per l‘assegnazione dei servizi delle Rsa a cooperative che hanno ‘battuto’ La Casa, di cui loro sono dipendenti, torneranno in capo alla Ipab di Schio, che però ha dichiarato di non avere lavoro per tutti. Ottanta persone, che dovranno decidere se farsi assumere dalle nuove cooperative che gestiranno le Rsa, a salario più basso e due ore in più la settimana o dovranno ricollocarsi, tra La Casa ed nuove prospettive.

L’amarezza degli operatori

“Sono passati pochi giorni da quando siamo venuti a conoscenza che la gara d’appalto per la gestione delle Rsa Cardo e San Michele ha avuto un esito negativo per l’Ipab La Casa, nostro datore di lavoro. In pochi secondi tutti i progetti che intrecciavano le vite di noi lavoratori con quelle dei ‘nostri’ ospiti, più o meno giovani, sono sfumati. In poche parole l’Ulss7 ha ritenuto che tutti i progetti individualizzati costruiti passo dopo passo grazie ad una esperienza quotidiana profonda di ogni singola persona residente nelle strutture di Montecchio Precalcino non fossero abbastanza validi – hanno dichiarato i lavoratori – Questa conoscenza acquisita nel corso di ben 24 anni di gestione caratterizzata da una continuità assistenziale che chiaramente un nuovo organico lavorativo faticherà ad eguagliare. Siamo profondamente rammaricati. Anni di lavoro, di impegno, di presa profonda di responsabilità di noi lavoratori che, chiaramente, la scelta dell’Ulss non ci ha riconosciuto. Questa notizia ci ha completamente spiazzati. Tutti noi dipendenti siamo fortemente legati al posto di lavoro, ce lo siamo guadagnato studiando, superando un concorso pubblico e continuando a formarci e ad aggiornarci nel corso degli anni. Non è moralmente giusto svendere la nostra professionalità passando ad un contratto di lavoro privato che economicamente è penalizzante e garantisce meno diritti al lavoratore. Soprattutto dopo 24 anni nei quali ci siamo trovati a lavorare con ospiti psichiatrici e con disabilità gravissime; ospiti che rendono ogni turno ‘imprevedibile’ e che soltanto con la profonda conoscenza data dall’esperienza riusciamo a gestire. Ormai a noi basta un gesto od uno sguardo per capire quali siano i loro bisogni. Ci teniamo a sottolineare questo aspetto perchè la tipologia di utenza che assistiamo è davvero di complicata gestione. Serve pazienza, flessibilità, dedizione completa. Veniamo oltretutto da un anno veramente difficile. Un cambio temporaneo di coordinamento poco felice che ha portato problemi di gestione  e l’ondata Covid ci hanno provato, ma ne siamo usciti restando uniti e lottando insieme. Perchè questo è quello che contraddistingue le nostre strutture: un gruppo di lavoro coeso, che lavora per e con l’ospite. Entro qualche mese tutti i ragazzi dell’Rsa Cardo saranno trasferiti al piano terra nella struttura del San Michele; immaginavamo per loro un futuro migliore, sollevati nel pensarli finalmente in una casa più moderna e luminosa, dove poter realizzare tanti nuovi progetti. Come eravamo rincuorati dall’avere con noi gli ospiti psicogeriatrici, gestiti dalla cooperativa Mano Amica che concorreva al nostro fianco nella gara d’appalto, al primo piano. Risulta davvero incomprensibile come l’Ulss7 abbia potuto, dopo 24 anni di eccellenza di gestione dell’Ipab La Casa, esternalizzare il servizio delle strutture ad una cooperativa che dal primo luglio dovrà inserire un nuovo organico di lavoratori comprendente Oss, infermieri professionali, educatori, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali. Davvero questa era la scelta giusta da fare? Su che basi si può anche solo pensare di fare il bene del paziente togliendogli qualsiasi punto di riferimento da un giorno all’altro? Il nostro rammarico è proprio questo: si gioca ancora al ribasso sulla salute, privatizzando la sanità pubblica, sulla base di scelte dubbie e sulle spalle di malati, in questo caso particolare, fragilissimi, persone davvero attaccate ad un filo e non tenendo minimamente in considerazione la professionalità dei lavoratori. Non accetteremo questo compromesso fatto al ribasso e chiediamo a gran voce che non venga firmato ed approvato l’atto di aggiudicazione alla cooperativa. Combatteremo fino alla fine, compatti come lo siamo stati fino ad oggi. Per 24 anni”.

Lo sfogo di Noi Cittadini e della coalizione del sindaco Valter Orsi: “La Casa rischia un esborso di 6 milioni di euro”

Anche il gruppo Noi Cttadini con Valter Orsi e l’intera coalizione a supporto del sindaco di Schio si sono espressi con solidarietà a favore di pazienti e dipendenti, dichiarandosi fortemente preoccupati anche per le sorti de La Casa, che dovrà prendersi in carico ottanta dipendenti, per un costo di 6 milioni di euro.

“La Casa di Schio ha perso l’appalto per la gestione de Il Cardo e San Michele di Montecchio Precalcino. La prima struttura, è stata creata a seguito della dismissione dell’Istituto Nordera di Thiene, ospita persone con disabilità grave e gravissima con alto profilo assistenziale ed è un importante supporto alle famiglie del territorio. La seconda, è nata dopo la chiusura del manicomio e nel tempo è diventata una importante risorsa territoriale per persone adulte ed anziane con problematiche di salute mentale. Nelle due strutture lavorano 85 operatori sociosanitari, 20 infermieri, 2 fisioterapisti e 5 educatori. La graduatoria vede vincitrici due cooperative: la Promozione e Lavoro di Veronella (Verona) per il lotto 1 che vede accorpare il servizio a oggi suddiviso fra “Il Cardo” e la “San Michele”, e il lotto 2 al Consorzio Prisma per il nuovo centro psichiatrico che sarà costituito con questo nuovo progetto. Il sindaco di Schio ha già manifestato il suo pensiero. Il passaggio di consegne avverrà il 1luglio 2021 e fino ad allora La Casa potrà cercare di ‘piazzare’ i suoi dipendenti in esubero, cercando di trovare loro collocazione adeguata e di integrare tutti coloro che possono essere integrati. Noi Cittadini con Valter Orsi, Veneti per Schio, SchioDando, Fare a Schio condividono appieno le preoccupazioni e l’amarezza già manifestate dal sindaco. La sensazione è che l’unico parametro preso in considerazione dalla Regione sia stato quello economico. Nessuna considerazione per l’esperienza maturata, nessun riferimento alla “clausola sociale” (oramai soppressa) nessuna preoccupazione per il buco che si verrà a creare in un ente pubblico: cosa succederà se i dipendenti rifiuteranno di essere assunti delle cooperative vincitrici della gara, saranno dichiarati in esubero e finiranno in mobilità? La Casa dovrà forse sobbarcarsi l’80% del salario di questi dipendenti per due anni con un esborso di circa 6 milioni di euro. Questo la Regione lo ha messo in conto? Una cosa è certa: i trentotto pazienti disabili gravissimi e i novantacinque psichiatrici, da oltre 20anni abituati alla gestione dell’Ipab scledense, dovranno abituarsi a personale nuovo e probabilmente con diverse motivazioni, dato che gli ottanta dipendenti assunti dalla La Casa difficilmente accetteranno di aderire al contratto di lavoro in capo ad una cooperativa, anche perché ogni dipendente passerà da 36 ore a 38 ore settimanali con conseguente riduzione di fatto della retribuzione. Eppure, nella pur legittima competizione legata al bando, sarebbe stato sufficiente decidere di considerare queste circostanze, attribuendo un punteggio non basato sul semplice ribasso ma corretto anche dal principio della continuità assistenziale. Certo, si sarebbe trattato non di una semplice operazione matematica, ma di una scelta politica. Purtroppo, invece, la politica soggiace ormai quasi esclusivamente alle sole logiche economiche che sono sì importanti, ma non sempre determinanti specie nel settore sanitario. Che si tratti di appalto per le mense ospedaliere o scolastiche, oppure per la gestione di persone con disabilità non importa. Il principio è sempre e solo lo stesso: “chi fa manco”. E così quello che è stato fatto finora deve cedere il passo a quello che si farà in futuro, ma ad un minor costo. Resta il fatto che, anche se i dipendenti de La Casa dovessero trovare una nuova collocazione all’interno dell’ente grazie alla mobilitazione del sindacato e della direzione, gli ospiti delle due strutture, privi di un sindacato e veri figli di un dio minore, non potranno che trovarsi di fronte al fatto compiuto”.

A.B.