La montagna è bellissima e gratis, ma guai a pensare di affrontarla senza esperienza e allenamento.
I morti in montagna sono aumentati nel 2017, come dimostrano i dati pubblicati dal Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto, che in una conferenza stampa ha spiegato le differenze tra quanto accaduto in montagna nel 2016 e nel 2017.
821 interventi in tutto nel 2017, in calo dell’8,8% rispetto all’anno precedente, ma con un tasso di mortalità maggiore. Minori anche gli incidenti in pista sulla neve, fatto dovuto soprattutto alle condizioni favorevoli del manto nevoso.
In montagna però, sono aumentati i decessi: 62 persone hanno perso la vita tra canaloni e speroni di roccia, per motivi diversi, difficilmente riconducibili a ragionamenti coerenti con la statistica, ma prevalentemente per ragioni di inesperienza e mancanza di adeguato allenamento. In aumento anche i suicidi, che dal 2016 sono cresciuti del 12-15%.
“Mancata preparazione fisica e psicofisica rappresentano una percentuale ragguardevole tra i decessi in montagna – spiegano dal Soccorso Alpino – Il 13,7% dei soggetti soccorsi sono ascrivibili a cause come malori e ‘sfinimenti’ vari, mentre la perdita dell’orientamento ed incapacità hanno contribuito con il 20,7% dei casi, dato in aumento rispetto al 2016 di circa il 4,8%. Proprio questi valori, in modo particolare la perdita di orientamento con 105 soggetti recuperati e l’incapacità con 71 soggetti, dimostrano la colpevole superficialità con la quale gli utenti si avvicinano all’ambiente ostile ed impervio”.
L’escursionismo è l’attività che causa il maggior numero di interventi da parte del Soccorso Alpino. 20,8% in più
In montagna, devono fare attenzione anche i montanari, visto che anche nell’ambiente di lavoro, gli incidenti del 2017 sono stati di più rispetto a quelli del 2016. “Tra le attività maggiormente interessate vi è l’attività di legnatico – spiegano dal Soccorso Alpino – forse a causa della saltuarietà di chi svolge tale compito, non sicuramente ascrivibile alle ditte specializzate del settore, ma al privato cittadino”.
Su 850 persone soccorse, solo 54, pari al 6,35%, sono risultate assicurate con il Cai, a Dolomiti Emergency o ad altre assicurazioni, mentre i restanti soggetti, 796, sono risultati privi di coperture assicurative. È quindi evidente la non consapevolezza dell’utilità di avere una assicurazione che copra le attività outdoor a tutto tondo. Sarà pertanto necessario per il futuro incrementare l’attività di formazione-informazione degli utenti allo scopo di diminuire i rilevanti costi sociali che gli interventi di soccorso comportano.
Calate anche le persone disperse, con 56 casi nel 2017 rispetto agli 83 del 2016. “Il dato è in leggero calo ma attesta comunque la poca preparazione e la scarsa consapevolezza degli escursionisti ad affrontare l’ambiente montano in genere”, spiegano dal Soccorso Alpino. Nella maggioranza dei casi gli eventi si sono risolti entro le 3-5 ore, tranne per alcuni casi che hanno comunque duramente impiegato la struttura in ordine alla pianificazione e alla gestione delle operazioni, considerato l’importante concorso di volontari e di mezzi aerei impiegati su terreni particolarmente ostili. Sono, infine, 3 dispersi non rinvenuti fino alla data odierna.
A.B.