La Regione Veneto non può continuare a rivendicare il rispetto dei Lea, perché in realtà “non garantisce la salute mentale”. È la posizione della consigliera regionale democratica Anna Maria Bigon, che segnala “la grave carenza di risorse, di personale sanitario e di servizi adeguati nel settore della salute mentale”, e chiede alla Regione di “cambiare il proprio modello organizzativo, che non dovrà più essere basato sulla psichiatria della lungodegenza, istituzionalizzata, bensì sulla presa in carico immediata del paziente affinché esso venga prontamente avviato a un percorso di cura e riabilitazione, con l’obiettivo della guarigione”. I dati forniti dalla stessa Regioni dimostrano che in Veneto i soggetti con problemi mentali vengono ricoverati “di più e più a lungo”, afferma Andrea Angelozzi, psichiatra già direttore del dipartimento di salute mentale di Treviso e Venezia. “Ci sono, altresì, profonde differenze tra le singole realtà locali: sembra che in Veneto ci siano infinite Psichiatrie e infiniti modelli organizzativi. Pertanto, è lecito domandarsi se veramente la Regione abbia un modello comune di prestazioni da garantire ai cittadini che ne hanno bisogno”, aggiunge Angelozzi.
“Va progettato un Tavolo di lavoro interprofessionale, partendo appunto dai bisogni dei pazienti e dei loro familiari, per realizzare adeguati percorsi di cura per ogni forma di patologia psichiatrica, garantendo risorse professionali adeguate alle necessità”, interviene Tiberio Montanari, coordinatore regionale Osservatorio della salute mentale Fp Cgil Medici e dirigenti Ssn.
“In Veneto c’è una grave penuria di risorse e di personale. Abbiamo più volte chiesto di essere uditi in Quinta commissione consiliare, competente in materia di Sanità e Sociale, ma inutilmente”, conclude Salvatore Lihard, componente Covesap (Coordinamento veneto sanità pubblica), anticipando che sabato 9 aprile è prevista una manifestazione a Padova.