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La variante indiana fa tremare la Ulss7: individuati due pazienti positivi

Due pazienti positivi alla variante indiana del covid-19 sono stati individuati in Veneto, nella Ulss7 Pedemontana.

Lo ha comunicato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, oggi in conferenza stampa dalla sede della Protezione civile regionale a Marghera. I pazienti “sono due indiani rientrati dall’India, padre e figlia”, nell’Ulss Pedemontana, ha spiegato Zaia. “Non sono ricoverati in ospedale, ma in isolamento domiciliare. Affrontiamo giorno dopo giorno questi aspetti, e andiamo avanti”.

“La variante indiana del covid ci preoccupa come tutte quelle che appaiono nel mondo e di cui sappiamo poco. E in questo momento di riaperture e zone gialle dobbiamo avere la massima attenzione e capire tre cose: se è più trasmissibile rispetto al ceppo originale, se è più letale e se resiste ai vaccini”. Lo ha spiegato all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma.

“Il virus ancora non si è stabilizzato e si modifica – sottolinea Andreoni – e può evidentemente far partire nuove varianti. Dobbiamo tracciare e monitorare per individuarlo in anticipo”.

La comunità indiana in Italia è molto numerosa, cosa occorre fare per evitare che possano diffondersi focolai locali o d’importazione? “Se queste persone sono state in India recentemente o hanno avuto contatti stretti con persone tornate nelle ultime 2-3 settimane – avverte l’infettivologo – nel caso di sintomi occorre che si sottopongano a un tampone, si segnalino alle Asl o al medico di famiglia”. Sul blocco dei voli dall’India deciso dal ministro della Salute, Roberto Speranza, “ha fatto bene: in questa situazione è una misura necessaria”, osserva Andreoni.

“Dobbiamo abituarci ad avere sempre nuove varianti” di Sars-CoV-2. Il coronavirus pandemico “ha cominciato a mutare dalla sua prima comparsa, è un virus a Rna e continuerà a mutare”. Ci tiene a fare questa premessa Maria Rita Gismondo, microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano, sentita dall’Adnkronos Salute sulla variante indiana che spaventa in queste ore. Un mutante ancora da studiare, osserva, “perché al momento non sappiamo assolutamente niente di certo”.

La variante indiana “non sembra in grado, in alcun modo, di cambiare il quadro della nostra epidemia. Dobbiamo ricordare che siamo in una situazione in cui c’è un virus che circola ancora in maniera significativa, il ceppo dominante è quello inglese che sappiamo essere più contagioso. Quello che serve, ed è sufficiente, è mantenere le regole di prudenza. Con mascherina, distanziamento e igiene. Questo ci si protegge contro qualsiasi variante”, conclude il virologo Giovanni Maga, direttore dell’l’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia.

La variante indiana di Sars-CoV-2 “di sicuro ci piace poco perché ha due mutazioni nella proteina Spike, l’uncino” che il coronavirus utilizza per attaccare le cellule bersaglio, “che rendono più facile l’inserimento all’interno dell’organismo”. Tuttavia “è necessario fare ancora alcune valutazioni” su questo mutante virale, spiega ad ‘Agorà’ su Rai3 Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano.

Da un lato, precisa l’esperto, bisognerà “capire se e quanto” questa variante “è più contagiosa” rispetto al virus originale, “come sembra”. E poi sarà necessario chiarire se sfugge ai vaccini e da questo punto di vista “sembrerebbe, in particolare da uno studio israeliano sul vaccino Pfizer, che una capacità di protezione, seppur ridotta, ci sia. Questo rilancia la fondamentale esigenza di procedere il più velocemente possibile con le vaccinazioni”, ammonisce Pregliasco.

Il virologo approva la decisione annunciata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, sul blocco degli ingressi dall’India: “E’ una scelta precauzionale che condivido”, commenta, anche “alla luce della situazione epidemiologica indiana, che sicuramente vede in questa recrudescenza terribile” di Covid-19 “che stanno vivendo anche una riapertura eccessiva in quel contesto e difficoltà organizzative”.