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Fusione Avs. I sindaci vogliono la città metropolitana, ma si fanno soffiare pure l’acqua sotto casa

Altro che città metropolitana e difesa delle eccellenze, i sindaci dell’Alto Vicentino si sono fatti rubare perfino l’acqua che sgorga dalle loro montagne e davanti all’evidenza dell’errore, silenzio assoluto.

Che la fusione tra Avs e Acque Vicentine fosse sconveniente per l’Alto Vicentino era risaputo, ma l’inciucio era nell’aria da tempo e si doveva portare avanti. A tutti i costi. Anche a costo di far pagare ai cittadini dell’Alto Vicentino gli investimenti di Vicenza che deve rifare le fognature e fino a ‘ieri’ regalava l’acqua ai rom.

Alla base della fusione, la legge nazionale che prevede la riduzione delle partecipate, quelle partecipate sbandierate in campagna elettorale dai sindaci ‘innovatori’, perchè nascondono da sempre giochi di poltrone e promesse che fanno rabbrividire i cittadini. Partecipate, che sono anche un calderone di voti. Partecipate di cui si straparla in campagna elettorale, ma sulle quali è difficilissimo ‘mettere le mani’.

La  trattativa portata avanti durante la fusione tra Avs e Acque Vicentine, che ha ‘regalato’ alla società vicentina il 51% della proprietà nonostante l’acqua sia prodotta in Alto Vicentino, è stata messa in evidenza da Attilio Schneck, attuale consigliere di minoranza nel comune di Thiene, ma anche ex sindaco di Thiene ed ex presidente della provincia. Una stilettata ai sindaci dell’Alto Vicentino, accusati di incompetenza e incapacità decisionale. E non importa se Schneck non è un simpaticone. Non importa se in molti lo considerano superato e non importa nemmeno se nel giorno in cui la questione è stata discussa nel comune di Thiene, lui non era presente in commissione e gli altri leghisti non hanno aperto bocca. Qui non conta chi le dice le cose, qui conta cosa dice e soprattutto, tocca ognuno di noi, che paghiamo la bolletta dell’acqua.

La critica è seria, formulata bene, condita di numeri e competenza e richiedeva una risposta immediata. Invece, dopo l’accusa di Schneck, grazie ad un giro di telefonate, i primi cittadini hanno deciso di non rispondere pubblicamente, ma di limitarsi a portare la fusione nei consigli comunali per approvarla in via definitiva.

La malafede nella trattativa, che ha portato Vicenza a prevalere per convenienza ma non per capacità aziendale, sta tutta nel silenzio dei primi cittadini dell’Alto Vicentino, che chiamati in causa su una questione così grave, si sono trincerati nel silenzio più totale evitando qualsiasi contatto con la stampa.

Come mai, visto che la fusione si discute da mesi, nessuno aveva la risposta pronta per giustificare il bene della decisione e zittire Schneck seduta stante?

E pensare che proprio i sindaci, sono i primi a trovare il tempo per apparire con le fasce tricolori alle sagre di quartiere, rispondono direttamente ai cittadini su Facebook sulle questioni più ridicole e passeggiano per le strade dei loro paesi per far vedere che ‘ci sono’. Ci sono sì, ma siamo sicuri che sia un bene? Per diventare una città metropolitana, per crescere e affrontare uno dei tempi più bui della storia dell’Alto Vicentino, servono davvero sindaci che informano in prima persona di aver cambiato la lampadina dei lampioni e poi tacciono davanti all’accusa di aver regalato l’acqua, costringendo i cittadini a pagare con le loro bollette gli investimenti di comuni che devono sborsare milioni?

Secondo Giovanni Cattelan, presidente di Avs, con la fusione le bollette saranno stabilizzate. “La fusione è un percorso che va avanti da 2 anni – ha spiegato – Nel frattempo abbiamo messo in piedi sinergie, nonostante non fossimo ancora un ente unico. Le bollette, che negli ultimi 15 anni sono aumentate del 50%, si stabilizzeranno. Sarà individuata una commissione territoriale di 6 amministratori che porteranno le istanze del territorio in consiglio di amministrazione e la sede sarà in un immobile già esistente, per non consumare territorio”.

Dalla fusione comunque non ne esce benissimo nemmeno Cattelan, perché c’è l’impressione che durante la trattativa non abbia battuto i pugni a sufficienza. A questo punto ci si chiede se gli asset della società sono stati rispettati, se sono state messe sul tavolo le carte giuste, se chi ha trattato era cosciente del ruolo predominante dell’Alto Vicentino (che produce l’acqua) su Vicenza (che prende acqua dalla falda). Davanti ad uno scenario così favorevole per l’Alto Vicentino, in cui la maggioranza delle quote sarebbe parsa scontata, perché alla fine ha vinto Vicenza e nessuno si prende la briga di spiegarlo ai cittadini?

Alla conferenza stampa di presentazione della fusione, tra un Angelo Guzzo (presidente Acque Vicentine) che parlava in dialetto e un Giovanni Cattelan (Avs) in secondo piano, c’era più  l’impressione di essere alla presentazione della sagra della salsiccia, che a quella della fusione di 2 aziende partecipate che fatturano milioni.

Quindi, è doveroso capire cosa sia stato promesso ad Avs per queste nozze. L’Alto Vicentino reclama da anni la propria identità e pretende di farsi valere come territorio forte, ma come si può pretendere questo se quando si tratta di prendere decisioni importanti, che gravano sulle tasche dei cittadini, si evidenzia una estrema debolezza decisionale?

Sono proprio i sindaci a doverlo dire. In modo trasparente, sincero, anche abbassando il capo e facendo mea culpa. Al di là dei freddi comunicati stampa, a questo punto vogliamo la verità e soprattutto l’ammissione di responsabilità, perché qui non si parla solo di soldi pubblici, ma di bollette che gravano sugli stipendi già ridotti all’osso, per cittadini che non possono pagare gli inciuci della politica locale.

Se si tratta di poltrone, di mandati in scadenza e campagne elettorali in corso, abbiate il coraggio di ammetterlo. Se si tratta di economia e di redditività aziendale, ditelo.

Tenendo in conto però, che il tempo delle spiegazioni è scaduto, ora vi dovete giustificare. E le giustificazioni, si sa, implicano sempre un’ammissione di colpa.

Anna Bianchini