Parole pesate, ma nette. Soprattutto, e lo ripete più e più volte, per rispetto alla verità. E dunque per dire, prima di tutto, che “oggi non autorizziamo proprio un bel niente”. Il Veneto non sta sdoganando il suicidio medicalmente assistito. Perchè la proposta dei Radicali arrivata oggi nell’aula del Consiglio regionale del Veneto, dice ‘altro’. Il Veneto è sì la prima regione a discuterne e a votarla, “ma forse a qualcuno è sfuggito qualche passaggio”, dice il presidente Luca Zaia. Che, come annunciato, si è presentato al dibattito per parlare “in punta di piedi” di un tema che considera delicatissimo, ma fermo nella convenzione che è “atipico” e “immorale” che in Italia ci si debba affidare all’applicazione della sentenza della Corte costituzionale su dj Fabo per chiedere il suicidio medicalmente assistito. Meglio, fa capire, una ‘buona’ legge. Cosa che è difficilissima, riconosce sollecitando più volte un parere dell’ufficio legale che garantisca i consiglieri regionali che non stanno uscendo dal seminato delle regole e della legalità.Ma le regole dicono anche che, in Veneto, alle proposte di legge di iniziativa popolare va dato riscontro in aula entro sei mesi e per quella sul fine vita il tempo sta scadendo: dunque, è un dovere di democrazia dare una risposta. Quindi, che il Consiglio discuta e voti, dice Zaia rimarcando di rispettare tutte le diverse opinioni in merito e che c’è “assoluta libertà” di voto e coscienza tra le fila della Lega. Zaia non si è preparato un discorso scritto per oggi, rivela anzi che qualche tempo fa aveva anche pensato di non partecipare alla seduta di oggi, “ma visto il battage comunicativo ho capito che era fondamentale la mia presenza per un fatto di verità e coerenza, e anche rispetto a quella ipocrisia serpeggiante che spesso viene diffusa su un tema come questo”.
Poi, finito l’intervento, Zaia lascia l’aula: chi vota non deve avere alcun condizionamento, dice. Il ‘peso’ della questione si sente tutto: il Veneto autorizza per primo il suicidio assistito: è stato il leit motiv per settimane. Ma Zaia dice che non è così. Che bisogna dire la verità (e pesare le parole perchè tanti “malati e malati terminali” possono seguire il dibattito di oggi con “idee e approcci diversi”). Le cose stanno così. Esistono già le Dat, il biotestamento, poi la sentenza su dj Fabo dice che i comitati etici delle aziende sanitarie devono dare una risposta alle domande di suicidio medicalmente assistito. Succede in Veneto? Sì. Si sa per quanti casi e perchè? No, perchè c’è la privacy.
Ma Zaia si è fatto dare qualche dato proprio per il dibattito di oggi: alla Ulss 2 è arrivata (ed a cui è stato dato corso) la domanda di questa estate di ‘Gloria’, una è stata fatta anche alle Ulss 3, 6 e 8 e non sono state accolte in base al parere del comitato etico. Respinta anche quella arrivata all’Istituto oncologico veneto; accolta quella alla Ulss 7 di Stefano Gheller. “Questo è quello che accade, quindi è inaccettabile leggere che oggi si autorizza il fine vita, il suicidio assistito perché è già tale”, semmai la proposta dice che va data una risposta a chi lo chiede entro 20 giorni e quindi si fissano “tempi e ruolo della sanità”. Il fine vita, prosegue Zaia, non “è mai stato nei nostri programmi, non sono il portabandiera di questo progetto”, ma oggi deve valere “il diritto inviolabile della democrazia” (va risposto a chi ha raccolto le firme). Zaia riconosce che ci si muove in un terreno in cui c’è chi teme il Grande fratello sanitario, una scorciatoia verso l”eliminazione programmata’ e chi non è minimamente interessato alla faccenda, ma resta “atipico” e “immorale” gestire un “tema così delicato, profondo e intimo con una sentenza della Corte costituzionale”.