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Covid e terapie intensive. “Vaccinati ricoverati: anziani o con patologie”

Sono persone anziane con scarsa recettività al vaccino, con patologie pregresse o che si sono sottoposte a terapie immunodepressive, quella piccola percentuale di pazienti ricoverati in terapia intensiva a causa del covid anche se vaccinati con doppia dose.

Lo ha spiegato chiaramente Paolo Rosi, responsabile del 118 della Regione Veneto e coordinatore delle terapie intensive covid, che ha fornito una serie di dati a margine di uno studio che ha evidenziato, ancora una volta, la validità del vaccino.

Lo studio è ancora in corso, ma i numeri parlano chiaro: “Sono pochissimi casi, persone che hanno un quadro clinico particolare, e questo ci porta a dire che il vaccino è assolutamente efficace”.

Rosi sfata così, dati scientifici alla mano, le chiacchiere di molti no vax, che per validare la loro tesi che il vaccino non serve, ripetono come macchinette che in terapia intensiva ci sono anche persone vaccinate.

Vaccinati sì, ma con situazioni personali molto delicate e particolari, che li portano a non avere una risposta anticorpale normale al vaccino.

“I dati dei ricoveri sono strettamente collegati alla vaccinazione – ha spiegato – Il 78% dei pazienti non è vaccinato, il 14% ha la prima dose e solo il 7% ha due dosi di vaccino e hanno condizioni particolari che li hanno portati a d avere una non-risposta al vaccino”.

“Chi va in intensiva si fa almeno 70 giorni di ospedale”

E’ stato molto chiaro Paolo Rosi nel descrivere che cosa significa andare in terapia intensiva. Perché la gente non lo sa e chi non ha conoscenze dirette può pensare che in pochi giorni, con la cura adeguata, si venga dimessi. Sbagliatissimo. La terapia intensiva da covid è una cosa seria, lunga, che spesso lascia conseguenze. “Come minimo, tra la terapia e la riabilitazione, una persona si fa 70 giorni di ospedale – ha spiegato Rosi – Alcuni si fanno anche molti più giorni e tante persone poi devono imparare a convivere con conseguenze che si porteranno avanti tutta la vita”.

Il coordinatore delle terapie intensive si è detto infastidito da chi, classici laureati su facebook, sparge chiacchiere sulla non volontà della Regione di curare i pazienti a casa e preferire invece il ricovero.

“Sono i soliti che si oppongono al vaccino, è irritante”, ha spiegato Rosi. La realtà è ben diversa: “In ospedale ci va solo chi ha la saturazione sotto il 92%, perché in questo caso il trattamento necessario prevede il ricovero ospedaliero”.

L’età dei contagi si abbassa

“Un ragazzo di 21 anni è stato salvato in extremis – ha spiegato Rosi – Aveva la saturazione al 40%, una situazione estremamente grave, critica all’inverosimile. E’ stato salvato per la professionalità del personale che si è lanciato su di lui per strapparlo alla morte. Era rientrato da Barcellona, ora è stato dimesso”.

Sono 52 le persone ricoverate in terapia intensiva in Veneto: “Pazienti molto impegnativi, perché 32 di loro sono intubati mentre 3 sono a rischio critico”.

Se nel 2020 il 70% dei ricoverati aveva oltre 70 anni, oggi il 58% ha meno di 60 anni e il 27% è al di sotto dei 50. Nel vicentino ci sono addirittura tre neonati ricoverati, due Santorso e uno Vicenza, con nonni e genitori non vaccinati (solo il padre di uno di loro è vaccinato).

“L’età dei ricoverati fa sì che ci siano più pazienti che guariscono – ha continuato Rosi – In ogni caso tra i casi gravi uno su 3 muore”.

Pericardite: si parla dello 0,00012%

A rivelare i dati dell’incidenza della pericardite è stato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che commentato i dati tra vaccinati e non e le chiacchiere alimentate dai no vax ha evidenziato: “L’incidenza è di 12 casi su un milione”, praticamente lo 0,00012%. “In Grecia, ieri, sono morte 33 persone, tutte non vaccinate”, ha concluso Zaia”.

“Vaccino è solidarietà sociale”

“Vaccino è solidarietà sociale perché ci sono anche molte persone che, a causa dei ricoveri per covid, non possono essere curate per altre patologie – ha sottolineato Rosi – Questo perché alcuni reparti negli ospedali vengono chiusi, o gli interventi vengono rimandati a causa dei malati covid ricoverati. Una situazione che si ripete da tempo (da marzo 2020, n.d.r.). Ma molti pazienti che non hanno il covid hanno assoluto bisogno di cure tempestive, altrimenti il loro quadro clinico potrebbe peggiorare”.

A.B.