Stamattina a Caltrano si sono dati appuntamento mamme di studenti costretti alla Dad e titolari di attività chiuse a seguito dell’ultimo decreto legge per significare un malessere e un disagio profondo che non cerca facili colpevolizzazioni in una pandemia che ha esasperato gli animi e acuito lo scontro sociale anche tra categorie: un’uscita allo scoperto questa che ‘grida’ tutto il bisogno di ascolto e comprensione per una situazione ritenuta insostenibile.
Una protesta composta, dignitosa che non vuole strumentalizzazioni quella andata in scena oggi, domenica 21 marzo, a Caltrano dove un gruppo di cittadini si è dato appuntamento per condividere quella sorta di frustrazione che ha suscitato in loro la Salita del Costo. Mondi diversi, professioni e storie di vita differenti si sono incrociati in rigoroso rispetto delle regole anti Covid, squarciando quel senso di solitudine che i cittadini comuni stanno provando in questa terza ondata di pandemia.
Ci tengono a sottolineare che non ce l’hanno nè con gli organizzatori della kermesse , nè con chi ha gareggiato. Nemmeno con chi ha approfittato dell’evento per racimolare qualche soldo vendendo panini ai margini della strada.
Perchè se la dad per qualcuno può essere un’opportunità, quando lavori e hai tre figli è davvero difficile conciliare tutto. Daniela è stata la prima ad indignarsi quando ha saputo dell’evento sportivo proprio a due passi da casa sua. “L’ho vissuto come uno schiaffo in faccia” – commenta con piglio autorevole mamma Daniela mentre trova il tempo per seguire con lo sguardo la piccolina di casa seduta ai suoi piedi – “benchè io sia consapevole che la manifestazione automobilistica si sia svolta con tutte le autorizzazioni del caso. Qui non si tratta di avercela con chi corre, ma io sento il bisogno di urlare il mio disappunto per un mondo a due binari che non riesco ad accettare: uno a cui viene imposto il rigore a costo di piegarlo al massimo sacrificio, l’altro a cui sembra consentito di poter scendere a qualche compromesso. Ho scritto una lettera di protesta sull’evento anche al Presidente Zaia e mi piacerebbe mi spiegasse lui il senso di tutto questo”.
L’insegnante: “la dad non è scuola”. Gli fa eco l’insegnate di musica Antonella Dal Santo anche lei di Caltrano, ma docente a Piovene Rocchette, quasi emozionata nel parlare di alunni che sente quasi suoi figli e che si deve accontentare di vedere tramite uno schermo col quale confessa di non aver mai avuto grande confidenza nè simpatia: “La dad è solo un pallido surrogato dell’istruzione di cui i nostri ragazzi hanno invece bisogno. Da inizio anno non ho mai potuto far suonare il flauto e mi sono inventata un nuovo approccio alla musica: poi quando la lezione sta per concludersi mando sempre un grosso bacio virtuale alle mie classi e ogni volta spero sia l’ultimo a distanza”.
“Tre figli, tre dispositivi per la dad”. “Ti mettono i figli in dad” – commenta con un po’ di risentimento mamma Elisabetta – “dando quindi per scontato che tu in casa possiedi un pc per ogni figlio. Sono stata costretta a reperire dispositivi improvvisati pur di non lasciare i miei figli indietro: per fortuna abbiamo il prezioso supporto di insegnati che non ci hanno lasciati soli un attimo e ai quali sento il bisogno di dire grazie per quello che stanno facendo per i nostri ragazzi in questo momento critico nel loro percorso educativo”.
L’artista: “La regola ha bisogno di coerenza”. “Non contesto le regole” – esordisce Liliana Longin residente a Caltrano, brillante presentatrice, illusionista ed organizzatrice di eventi – “le comprendo in questo momento, ma per dare un senso a queste imposizioni che civilmente stiamo osservando serve coerenza.
Non possiamo rimanere in casa sperando di essere liberati e vedere di fronte a noi che si sta svolgendo una competizione sportiva che seppur in regola, fa storcere il naso a chi sta cercando di adattarsi a questo duro adattarsi in cui è stata negata la dignità del lavoro. Prima dell’emergenza Covid avevo fatto degli investimenti, lavoravo regolarmente con le feste dei bambini e con spettacoli che mi portavano anche fuori provincia. L’arte in questo momento non viene considerata come professione, eppure per noi lavoratori dello spettacolo, è uno strumento per poter trasmettere alle persone leggerezza, spensieratezza e magari portare quella gioia che possa ricaricare le persone di speranza. Questo è l’obiettivo di ogni artista: il fatto di aver visto l’organizzazione dell’evento di Caltrano – incalza Liliana – mi rende perplessa perchè il senso di decretare la zona rossa perde di importanza nel momento in cui la coerenza viene a mancare”.
Liliana è ferma da un anno, racconta uno spaccato professionale a cui spesso non si dà voce: “Molti colleghi hanno dovuto mettere in vendita i costumi, quasi regalare le attrezzature. E’ un momento davvero difficile, si tratta di reinventarsi ogni mattina, azzerando il lavoro cerco di dare un senso alle giornate e per occupare il tempo sono andata alla ricerca delle bellezze del territorio in cui risiedo, ma questo non può colmare il vuoto che il senso del lavoro che non c’è ha creato. E non solo in termini di guadagno, ma anche a livello mentale. Fortunatamente ho una famiglia alle spalle, penso a chi non ce la fa a sbarcare il lunario e come unica soluzione vedo quel senso di unione che noi cittadini dobbiamo avere per la necessità di essere forti.
Natalia Bandiera
Marco Zorzi