Una storia d’altri tempi. Protagonista una bellissima ragazza siriana, cresciuta a Bassano del Grappa e innamorata di un giovane italiano, mandata in sposa ad un cugino nel suo paese d’origine, picchiata dallo zio per il rifiuto a sposarsi e infine fuggita in Italia di nascosto dalla famiglia.
Una storia bella e commovente, di quelle che si pensa accadano nei film. Amani El Nasif invece è vera e la storia l’ha vissuta sulla sua pelle. Ha 26 anni e quello che le è successo 10 anni fa lo ha scritto in un libro presentato a Valli del Pasubio. In ‘Siria mon amour’ Amani ha raccontato la sua storia e davanti alla folta platea della sala consiliare ha strappato lacrime e applausi.
“Avevo 16 anni quando mia madre, con la scusa di rinnovare il passaporto, mi ha portata ad Aleppo – ha spiegato Amani – Dovevamo tornare dopo 10 giorni ma mia madre continuava a rimandare, fino a che ho capito il motivo”. Amani era stata promessa in sposa ad un cugino. Ma lei era innamorata di Andrea, che la aspettava e al quale lei ha urlato il suo terrore da un telefono cellulare nascosto in un calzino perché in quel villaggio siriano, le donne sono solo donne e il telefono non lo possono avere.
Così come non possono togliere le calze e scoprire la caviglia, lavare i piatti ‘tirando su’ le maniche o, in alcun modo, alzare lo sguardo per guardare un uomo o rispondere ‘no’ ad una sua qualsiasi richiesta.
Amani sorride sempre, abbigliata in un miniabito nero con strass che mette in risalto la sua pelle ambrata. Parla piano con una voce che sembra seta ma dai suoi occhi emana una determinazione che annienterebbe un esercito.
Infatti Amani alla fine è riuscita a fuggire dalla Siria ed è tornata in Italia, dove ha lasciato il suo vecchio amore che per paura di perderla la teneva chiusa in casa. Ha trovato un nuovo ragazzo e avuto una bambina, chiamata Vittoria in onore della sua vita.
“In Siria mi aspettavo un ndverso – racconta Amani – Invece non ho trovato le ‘mille e una notti’, ma solo una grande città e dei villaggi antichi. Le donne si abbigliano in modo diverso e le mie cuginette, tutte analfabete, si scandalizzavano per la mia nudità quando indossavo jeans e t-shirt. Alle 7 del mattino le donne si mettevano al lavoro a pulire e cucinare e la loro vita procedeva con due chiacchiere e qualche gioco tra di loro. Sono cresciuta con una madre che ha avuto 6 figli e obbediva e si adattava a tutto quello che diceva mio padre, finchè lui se n’è andato e ci ha lasciati da soli. Mia madre sta bene in Siria, dove non conta nulla perché è una donna, ma lei è abituata così – continua Amani – Un giorno, mentre eravamo solo donne, ci siamo tolte il velo e abbiamo ballato scatenate. Appena abbiamo sentito arrivare gli uomini ci siamo rimesse il velo e siamo tornate tutte ‘sante’ di nuovo”.
La bella ragazza di Bassano è soave, ma racconta una storia da brividi. Di giovani ragazze che le chiedono che cos’è la scuola ma poi non capiscono perché lei parla di cose che per loro non possono esistere. Di matrimoni combinati e ragazze che accettano anche perché sono incuriosite dal sesso e non vedono l’ora di avere un uomo con il quale dormire. Di uomini che prendono mogli giovanissime e, anche nel sesso, pensano solo a sé stessi perché le donne non hanno diritto a volere qualcosa che dia loro soddisfazione. Di ragazze che invocano il ‘peccato’ se solo una di loro scopre un pezzetto di collo o fa uscire un ricciolo fuori dal velo.
“Ho vissuto 399 giorni di terrore ma ero determinata a tornare in Italia e nulla mi poteva fermare – ha detto Amani – Non ho mai odiato mia madre o la mia famiglia e in Siria, se ripenso ai miei zii, ho provato e provo ancora tanta pietà. Per loro e per tutti i miei parenti, perché hanno conosciuto solo quello e non sono in grado di capire o immaginare qualcosa di diverso”.
E a chi le ha chiesto “Perché le donne non si ribellano?”, la bella Amani ha risposto: “Non si può chiedere a una persona di lottare per la libertà, quando non ha la minima idea che esista un forma di libertà. Per quelle donne, quella che loro vivono è la vita normale e non immaginano minimamente che ci siano altri modi consentiti per vivere”.
Anna Bianchini