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Un freno alle macchine mangiasoldi, ma resta l’emergenza tra ‘malattia da gioco’ ed esigenza di business

I dizionari sono on-line come le macchine mangiasoldi. Ormai trovi gli uni e le altre in internet, azionabili dal computer come pure in tempo reale e comodamente dallo smartphone.

I primi offrono significati, sinonimi, richiami e collegamenti; le seconde spingono le persone a cercare le risposte alle proprie insoddisfazioni nel virtuale. Pagando. Anzi spesso anche usufruendo di un premio iniziale illusorio di qualche centinaio di euro, tanto per gradire, un premio da cui non si riesce quasi sempre a liberarsi, un premio che diventa perdita e magari debito pericoloso.

Per chi invece preferisce il consumo diretto, in ambiente pubblico, magari in una solitudine perversa, toccando morbosamente i tasti consumati dalle dita indistinte ma scatenate, ci sono 380.000 di queste macchine nel nostro Paese, prevalentemente in bar e tabaccherie. Infatti sono state tutte censite.

I dizionari più aggiornati, in rete, definiscono le slot machine “macchine mangiasoldi”.

Il fenomeno, iniziato alla chetichella nel 1998, è oggi ad ampio raggio e solo alcuni coraggiosi cercano di contrastarlo almeno dal 2010, se non prima. Anche nel nostro Alto vicentino c’è stata invasione, progressiva e devastante. Altro che profughi.

Basta entrare in tanti locali per notare la presenza diffusa delle macchine mangiasoldi. Sono poste in angoli, in antibagni, dietro paraventi e talvolta in entrata e in bella vista. Sono là, ferme, eppure agiscono e mangiano. Mangiano soldi e distruggono. Distruggono persone e famiglie.

Pare che oltre al numero detto prima, ve ne siano altre 30.000 pronte a entrare in operatività. Infatti c’è un’industria di settore che è organizzata, preparata e nel contempo spietata.

Dove ci sono locali in difficoltà o alla ricerca di nuovi margini per resistere sulla piazza arrivano loro, i piazzisti delle macchine mangiasoldi. Spesso sono anche chiamati perché se un locale vicino al mio ha le slot, non posso non fare altrettanto, diminuirebbe il giro d’affari e non potrei lucrare sui giochi.

Attenzione però alle parole. Qui non possiamo fare finta di niente, i dizionari dicono che “gioco” è ”qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive”. E Umberto Eco ebbe a dire: che “ il gioco è, assieme a nutrimento, riposo, affetto e chiedersi perché, uno dei cinque bisogni fondamentali dell’uomo”.

Purtuttavia sopra lo stesso tavolo stanno insieme cose buone e meno buone. E tra quest’ultime si usa guardare al cosiddetto gioco d’azzardo (in particolare le citate slot machine), che è provato generi comportamenti compulsivi e induca dipendenza in troppe persone. E’ una patologia definita gioco d’azzardo patologico (GAP) e in sé la dicitura mi pare dica tutto. Ma il fatto è che nel linguaggio comune e anche nel linguaggio dei media è entrato in uso il termine abbreviato di ludopatia. Invece, per dirla con l’esperto in giochi Dario De Toffoli, “il termine esatto è azzardopatia, ossia la degenerazione compulsiva dell’azzardo”.

Una persona “presa” da azzardopatia è una persona soggetta a impulso incontrollabile a giocare d’azzardo nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative e il desiderio di non farlo. Si tratta di un disturbo psicologico nel controllare gli impulsi. Non viene neanche considerata una

dipendenza vera e propria. Invece in essa esiste un fattore che crea dipendenza, ma non è coinvolta nessuna sostanza come invece nell’alcolismo o nelle droghe.

In questi giorni c’è una novità di rilievo. Un importante passo avanti nella lotta contro la dipendenza, che non è dal gioco (ludo), ma da quello specifico tipo di giochi che implica l’azzardo, è stato fatto. Sarebbero 3 milioni gli italiani colpiti da questa patologia. Un fatturato che in venti anni è passato da 4 a 88 miliardi di euro in giocate. L’Italia è prima in Europa e terza nel mondo per business d’azzardo.

E’ una novità che arriva alla fine di una battaglia continua condotta da diversi giornalisti, scrittori, associazioni e da alcuni politici illuminati e determinati.

In base all’accelerazione in commissione parlamentare sono state prese alcune decisioni che troveranno sostanza nella imminente legge finanziaria. Non è tutto fatto, ma entro il 2017 saranno ridotte 120.000 punti d’azzardo cominciando da bar e tabaccherie. Ci sarà una doppia riduzione che riguarda macchine e anche luoghi. E’ un orientamento che porterà alla eliminazione completa dicono gli addetti ai lavori. Sono stati distribuiti alle regioni di 50 milioni, come prima tranche, perché localmente si combatta l’azzardopatia.

Oggi ho chiesto ad un operaio di circa 40 anni come viva il fatto che nello stesso locale, alla stessa ora, tutti i giorni si fermi a giocare alla solita slot. Mi ha risposto: “Spero che lo stato faccia una legge per togliere questo gioco. Mi sta facendo uscire di testa. Inoltre non ho soldi abbastanza. Ma non riesco a farne a meno”.

Il gestore di un altro locale poco distante che ha deciso di impiantare le slot, a cui ho chiesto i motivi della scelta, mi ha detto: “I conti fanno fatica a tornare di questi tempi tra mancanza di clienti, costi fissi e tasse, sono stato costretto a fare come altri, in modo da far quadrare i conti”.

Sono discorsi ricorrenti. Pare la guerra dei poveri. Invero il massacro è di quelle persone che sono già nel disagio. I veri poveri.

E rimane aperto il tema, decisamente non misurabile, dell’azzardo in web e sugli smartphone.

Per ora fermiamoci alla buona notizia che riguarda le macchine mangiasoldi, che è comunque un buon inizio, e sappiamo che sono fondamentali i primi passi per proseguire in qualsiasi viaggio importante.

Gianni Faccin