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Troppo caldo, rischio malori: Ulss7 “Prima regola, non spogliarsi”

Rimanere vestiti quando si è sotto il sole, tenere bevande a portata di mano e non sopravvalutare la propria resistenza al caldo. E soprattutto, attenzione alla disidratazione, perché con il corpo che può produrre fino a 4 litri di sudore in poche ore, il colpo di calore è sempre in agguato.

Nei giorni più caldi di questa estate e dopo la morte di un operaio di 24 anni in un cantiere di  Marano Vicentino e svariati episodi di ricoveri causati dalla temperatura eccessiva, la Ulss 7 Pedemontana ha richiamato l’attenzione sulle indicazioni da seguire per prevenire incidenti e malesseri.

“Ogni anno con l’arrivo dell’estate e l’innalzarsi delle temperature scattano i protocolli di gestione del rischio caldo da parte della rete dei servizi sanitari e territoriali, nei quali si raccomanda soprattutto agli anziani e ai soggetti fragili in genere di restare in casa, o comunque in luoghi freschi, nelle ore più calde del giorno, mentre gli sportivi sono invitati a non scegliere queste fasce orarie per i loro allenamenti. Ogni giorno però migliaia di cittadini non possono scegliere di restare in casa e ripararsi dalla calura: si tratta di tutti quei lavoratori che svolgono un’attività all’aria aperta (in primis nell’agricoltura, ma anche nell’edilizia e nei cantieri in genere) o comunque in luoghi dove il calore dovuto agli impianti di produzione va a sommarsi con quello dell’ambiente esterno. Una situazione spesso di grave rischio, tanto è vero che non sono rari i casi di colpi di calore in lavoratori anche di giovane età. Eppure anche queste situazioni possono e devono essere gestite in modo adeguato, puntando sulla prevenzione. A richiamare l’attenzione sul tema è Liviano Vianello, medico direttore dello Spisal dell’Ulss 7 Pedemontana: “Il rischio da calore è un’emergenza estiva ma non è una situazione imprevedibile, perché rappresenta una realtà che si ripete ogni estate. Per questo le aziende interessate dal tale problematica devono effettuare una specifica “valutazione del rischio” e questo vale soprattutto nell’edilizia e in agricoltura, dove il pericolo è molto alto sia per l’entità dell’esposizione sia per la pesantezza del lavoro, sia ancora per l’elevato rischio infortunistico. Abitualmente per definire il rischio da calore viene considerata solo la temperatura, ma in realtà questo parametro deve essere valutato in relazione all’umidità ed eventualmente alla ventilazione e all’irraggiamento, quindi l’esposizione diretta ai raggi solari poter avere una indicazione più precisa del rischio. Le previsioni delle condizioni climatiche che facilmente si possono trovare nei bollettini presenti nel sito web di ARPAV del Veneto sicuramente potrebbero essere utilizzate per mettere in atto le misure necessarie a prevenire gli infortuni da colpo di calore. In genere quando la temperatura dell’aria supera i 32 gradi è presente un possibile rischio di colpo di calore soprattutto se l’umidità è elevata, come spesso si verifica nelle nostre zone e se il lavoratore è esposto anche direttamente ai raggi solari.”.

Le misure di prevenzione da attuare per prevenire il colpo di calore nei luoghi di lavoro devono essere innanzitutto di tipo organizzativo. “Quando l’esposizione a calore diventa non sostenibile – prosegue il dott. Vianello – si dovrebbe programmare il lavoro nelle ore più fresche della giornata; le pause in un luogo fresco sono assolutamente necessarie per permettere all’organismo di riprendersi e l’entità di queste pause deve esser valutata in rapporto al clima, ma anche alla pesantezza del lavoro che si sta svolgendo e al vestiario utilizzato, inclusi i dispositivi di protezione individuale. Le pause non dovrebbero essere lasciate esclusivamente alla decisione individuale in base alla sensazione che potrebbe portare ad una sottovalutazione del rischio. Infatti generalmente si pensa che un uomo in buona salute possa affrontare l’esposizione a calore elevato in base alla propria percezione e quindi che la sensazione di affaticamento porti sempre e naturalmente a prevenire il colpo di calore, riposandosi in luogo fresco e reintegrando i liquidi persi. Non è così perché la dinamica di evoluzione delle lesioni da calore porta ad un interessamento cerebrale con riduzione della coscienza, confusione e rallentamento cognitivo e quindi porta alla incapacità di riconoscere la gravità del rischio e delle lesioni. Per questo motivo una misura organizzativa importante è anche quella di non lavorare isolati: il contatto con i colleghi di lavoro permette di monitorare la situazione e d intervenire più precocemente”.

E poi altre raccomandazione più pratiche: il vestiario deve prevedere abiti leggeri traspiranti, di cotone, di colore bianco, mentre è sbagliato lavorare a pelle nuda perché il sole può determinare ustioni e perché la pelle nuda assorbe più calore rispetto alla situazione in cui è protetta da un tessuto di cotone bianco.

Inoltre è importante che nei luoghi di lavoro a rischio siano disponibili bevande contenenti sali minerali, cioè i cosiddetti integratori. Questo perché come noto l’idratazione è un fattore molto importante: in condizioni di calore molto elevato il nostro organismo può eliminare fino a 4 litri di sudore in 4 ore di lavoro ed è necessario bere per reintegrare i liquidi e i sali dispersi appunto con la sudorazione. In caso contrario, la mancata reintroduzione di liquidi e sali può portare all’esaurimento della sudorazione, che ha appunto la funzione di eliminare il calore, e favorire quindi il colpo di calore.

Un altro tema riguarda la consapevolezza dei rischi: “I lavoratori devono essere informati sui possibili problemi di salute causati dal calore, per poterli riconoscere e difendersi e devono essere informati sulle misure di prevenzione per poterle mettere in atto – ha spiegato Vianello – Il rischio è maggiore durante i primi caldi perché l’organismo umano necessita di circa 15 giorni per acclimatarsi e rendere più efficienti i meccanismi interni che facilitano la dispersione del calore. Infine è molto importante che i lavoratori effettuino una visita medica da parte di un medico del lavoro aziendale per valutare il loro stato di salute in rapporto al rischio da calore. La presenza di alcune malattie come le cardiopatie, le malattie renali, il diabete, può ridurre anche drasticamente la resistenza dell’individuo all’esposizione a calore con conseguente aumentato rischio di aggravamento della malattia di cui soffre oppure di colpo di calore e di infortunio. Il medico competente dell’azienda con il giudizio di idoneità al lavoro dà indicazioni al lavoratore e al datore di lavoro sulle possibilità di poter sostenere l’esposizione a calore; di conseguenza i lavoratori con specifiche indicazioni nel giudizio di idoneità dovranno essere impiegati in attività più leggere e con maggiori pause”.

a cura dell’Ufficio Stampa della Ulss 7 Pedemontana