Suoni, parole e ricordi hanno riecheggiato sul Monte Cimone per ricordare, cento anni dopo, l’esplosione che fece sparire la vetta del monte che sovrasta Tonezza.
Tutto successe alle 5.45 del 23 settembre 1916. In pochi istanti la cima del monte Cimone fu fatta saltare in aria dai soldati austriaci, che avevamo appena perso quella posizione strategica e volevano riprendersela, provocando così la morte di oltre milleduecento soldati italiani.
E’ passato un secolo, ma la storia si è ripetuta da noi e altrove ancora e ancora, e la guerra è sempre stata individuata come la soluzione per avere ragione di altri uomini, semplicemente diversi.
Cento anni dalla tragedia e dallo scoppio delle mine e il ricordo vive, nella speranza ripensando alle barbarie della storia di cento anni fa aiuti a non ripetere gli stessi errori.
Per questo nell’iniziativa di Tonezza del Cimone non c’è stato solo rievocazione. Grazie alla interessante e originale organizzazione, si è posto l’accento con vari eventi sul fare memoria per non dimenticare, ma anche sul cercare un impegno più efficace, oggi, in favore di tutto quello che non è guerra, ma dialogo e pace.
E’ un percorso proposto, quello del dialogo, che va avanti da decenni e che vede spesso, proprio a Tonezza, l’incontro armonico tra italiani e austriaci. Ma non si può più solo ricordare e celebrare.
Ecco allora il ricordo secondo le fonti storiche e l’evidente forte contraddizione tra quanto riportato nei documenti di allora circa la
Troppa distanza nelle dichiarazioni e nella propaganda delle autorità rispetto a quanto scritto nei memoriali di umili servitori che si fecero soldati per la libertà.
Durante le iniziative si sono potute provare emozioni intense, grazie ad esperienze come la visita alle trincee e la simulazione dello scoppio fatale. Si è fatto memoria e si sono ascoltati suoni e parole.
Nelle narrazioni le parole di molti soldati che soffrivano al freddo e nel pericolo imminente. Oppure temevano di morire da un momento all’altro, sentivano la lontananza dei propri cari, avevano perso il compagno amico in qualche scontro e intravvedevano una fine vicina.
Nelle narrazioni le grida di paura per essere stati colpiti. Nei suoni i colpi d’arma, le esplosioni e lo scoppio delle mine. Nei suoni anche le musiche e i canti che nel tempo hanno ricordato e ricordano le storie di uomini che morivano per il proprio paese.
In conclusione non si può ricordare è basta. La guerra è una grande tragedia, se si dimentica è facile si ripeta. Quindi è bene ricordare e meditare.
Ma occorre oggi andare oltre il fare memoria cercando ostinatamente strade di pace, ossia percorsi che educhino al dialogo e al rispetto verso i diversi da noi.
Gianni Faccin