Thiene-Schio. Sulla Neuropsichiatria Infantile, le mamme: “Quali 8 mesi? Anche anni per una diagnosi”
Giornalisti Altovicentinonline
Mai avremmo pensato che dall’esperienza riportata in un articolo (questo https://www.altovicentinonline.it/attualita-2/thiene-fino-a-8-mesi-per-un-appuntamento-con-la-neuropsichiatria-infantile-il-calvario-tra-speranza-e-attesa-di-genitori-in-cerca-di-una-diagnosi/ )che riguardava il calvario emotivo di una mamma preoccupata da un sospetto disturbo dell’apprendimento, si potesse scatenare la reazione di un esercito di genitori dell’alto vicentino che denunciano storie personali che sembrano una fotocopia. Genitori e insegnanti attenti alla crescita dei loro bambini, che si accorgono in tempo che c’è qualcosa che non va sia a scuola che a casa: al momento di comporre quel numero per avviare quella telefonata che non avrebbero mai voluto fare, si sentono rinviare anche di anni un appuntamento che potrebbe cambiare la loro vita. Inizia l’agonia dell’attesa, lo smarrimento emotivo di chi non ha punti di riferimento e ne avrebbe bisogno urgentementemente, non solo per la propria creatura ma anche per placare la propria ansia. Non sai come rapportarti con tuo figlio dinanzi a quei problemi per i quali occorre il parere di un tecnico che ti dia indicazioni specifiche e competenti affinché il disturbo non venga incrementato e il tuo bambino entri in frustrazione. Qualcosa di inimmaginabile che solo un genitore può comprendere, colpito al cuore nell’affetto più caro che ha. Tutto questo accade alla Neuropsichiatria di Thiene e Schio, dove madri e padri in questi giorni ci stanno raccontando di quanto sia difficile per loro prendere semplicemente un primo appuntamento. Quando riesci a prenderlo, e sono passati minimo 8 mesi, non parliamo della diagnosi che rischia di arrivare anni e anni dopo perché per certi casi di disturbi neuropsichiatrici, per una certificazione, occorre il parere di un’equipe multidisciplinare. Neuropsichiatra, psicologo, logopedista, e figure che dopo aver valutato il caso devo emettere quel verdetto da cui dipenderà la l’intero futuro di quel bambino. Quanto viene fuori è inquietante, perché a causa della mancanza o carenza di queste figure fondamentali, si perde un tempo che va a danneggiare il bambino che per essere riabilitato al meglio, necessita di una diagnosi precoce. Siamo bombardati tutti i giorni da inchieste giornalistiche che riportano dati allarmanti di disturbi dello sviluppo, si sta facendo tantissimo a livello di informazione nel formare genitori, insegnanti e pediatri a cogliere in tempo dei segnali un tempo sottovalutati. Il bambino ‘vivace’, che un tempo veniva definito solo un po’ più ribelle degli altri, potrebbe nascondere una diagnosi di iperattività, di sintomi dello spettro autistico che se non presi in tempo possono sfociare in problemi molto più seri. Il bambino dislessico se non compreso, può diventare un caso psichiatrico. Un autistico diagnosticato precocemente, lo dice la scienza, sarà un adulto con più strumenti per affrontare il disturbo. Viceversa, un autistico che non riceve la diagnosi in età precoce, se non avvia una riabilitazione comportamentale, può diventare un caso psichiatrico ingestibile che necessiterà di strutture che di conseguenza graveranno pesantemente sullo Stato. Per non parlare delle denunce che sono arrivate da parte di genitori che, anche dopo aver ricevuto la diagnosi, sono costretti a ricorrere al privato o a organizzarsi addirittura in proprio per stimolare la crescita dei figli. C’è chi è costretto ad andare a Padova, dove c’è un eccellente istituto di foniatria, ma non tutti hanno i mezzi, anche economici, per viaggiare e quindi fornire la riabilitazione intensiva e precoce necessarie per certe diagnosi. E vogliamo parlare del parent training? Che nei paesi civili è previsto per i genitori che si trovano a fare i conti con una diagnosi ‘più grande di loro’ che li sconforta, che li distrugge quando le sentenze degli specialisti sono severe e condannano ad una disabilità a vita quel cucciolo per il quale avevano fatto tanti progetti di vita. Molti padri e madri non reggono, nel migliore dei casi si separano o cadono in depressione. Se non ci sono le figure per seguire i bambini, immaginiamoci… altro che parent training! I genitori devono andare a loro volta dallo psicologo, sempre in privato, per l’accettazione del disturbo del figlio per affrontare quella colpevolizzazione che scatta automaticamente e per diventare forti rispetto a quello che potrebbe diventare un lungo percorso di vita. Sono argomenti di cui si parla poco, troppo poco, ma è la realtà di molti e quando perdi così tanto tempo per dare una diagnosi ad un bambino, stai facendo un danno a tutto il suo nucleo familiare. Ma la Sanità ancora oggi è concepita come l’ospedale, la sala operatoria, il pronto soccorso. La parola ‘salute’, che comprende anche la salute mentale, spesso viene sottovalutata o addirittura ignorata come se fosse di serie B. Un tempo la neuropsichiatra infantile presente nell’alto vicentino (ai tempi della Ulss4) era una bomba di professionisti: esisteva un equipe multidisciplinare che attirava famiglie da tutte le regioni d’Italia, persino da Bolzano. La figura della neuropsichiatra, ad esempio a Thiene, dialogava con la Disabilità, dove le operatrici venivano formate e seguivano con competenza i ragazzi, anche a scuola, con l’occhio vigile degli esperti. Nel giro di quindici anni si è andati al risparmio: dopo l’era di Alberto Leoni, della nota psicologa Grazia Chilò, è stato un continuo perdere pezzi da parte di una Ulss che non è più quella di prima. E non solo per i ritardi nella diagnosi, ma anche nella riabilitazione che non è qualitativamente più la stessa. Neuropsichiatri che vanno e vengono, che abbandonano il campo ed una Disabilità composta da educatori eroi che devono fronteggiare le richieste di genitori alle prese con figli difficili. Che l’alto vicentino non sia più attrattivo lo avremo scritto un migliaio di volte, ma nessuno ha mai mosso un dito e sappiamo che mai lo muoverà. A fare da complice a questo disastro si aggiunge la rassegnazione di genitori che hanno smesso di lottare.