Storie di profughi giunti in Italia non sempre come scelta voluta, ma c’è chi è stato spinto sotto la minaccia di un fucile a ‘scegliere’ se morire nel deserto o salire su un barcone. Dieci ragazzi arrivati a Thiene a ottobre dell’anno scorso, seguiti dall’associazione Il Mondo nella Città onlus, di cui in tanti parlano, ma in pochissimi conoscono.
Chiara Ragni, coordinatrice dell’associazione presente nel territorio fin dalla fine degli anni ’90, rappresenta il perno su cui ruota l’onlus “Il Comune di Thiene è stato uno delle prime amministrazioni che ha rispettato il protocollo d’intesa firmato con la Prefettura di Vicenza – continua Ragni – Col sindaco Casarotto e Fanton assessore ai servizi alla persona stiamo lavorando costantemente, oltre alla rete di supporto fattiva dei volontari thienesi, della zona di Conca e dei Cappuccini che hanno accolto e fatto modo di abbattere la barriera mentale del ‘diverso’”.
Ma chi sono questi ragazzi, tra i tanti giunti in Italia, che per molti rappresentano una spada di Damocle a prescindere, senza conoscerne il vissuto? Si sono presentati in sette all’incontro, attorno al tavolo della cucina nell’appartamento messo a disposizione del comune, arredato grazie all’aiuto di alcuni cittadini privati. Una vera e propria gara di solidarietà quello che ha messo in moto anche alcuni commercianti di Thiene, che non sono solo quelli delle ‘taglie’, ma sono persone che fanno beneficenza in silenzio. Perchè a loro non interessa apparire, ma fare.
Isak e Silver di 29 e 23 anni arrivati dal Togo, Youssuof 28 anni Mody 20 anni Hamad 23 anni, Bouba 19 anni dal Mali e Amidou 26 anni dal Burkina Faso, vestiti di un abito di schiva che, col senno di poi, risulterà ancora insufficiente a coprire cicatrici emotive di un passato non ancora troppo lontano.
Raccontano del loro oggi, incanalato nel progetto di accoglienza e integrazione dell’associazione Il Mondo nella Città, frequentando ogni giorno il corso di lingua italiana a Schio e al Ctp di Thiene, seguiti dagli operatori nell’individuazione e inizio di percorsi in base alle competenze personali che li porteranno poi ad eseguire dei tirocini formativi in aziende del territorio, come per Silver e Bouba che si stanno formando come giardinieri in un vivaio, mentre Isak fa il sarto nell’Atelier Nuele, laboratorio creato e gestito dal 2005 dall’associazione.
Un quotidiano il loro oggi alla ricerca di una concretezza in Italia, dopo aver lasciato i propri paesi spaccati da tensioni politiche con spargimento di sangue che imbrattano i muri delle case. Costretti dalla disumanità a diventare un numero ulteriore nella tratta degli esseri umani, sotto la minaccia di morte esigendo a volte un dazio che varia dai 400 ai 700 euro per affrontare una traversata in un mare che spesso inghiottisce le persone.
Le storie passate escono dalle loro bocche, mentre nei loro sguardi riaffiora la sofferenza provata, si intrecciano fornendo uno scenario di soprusi e di guerra che, sotto l’egida del terrore, dominano incontrastati in quelle terre. Giunti nel nord Africa, col pensiero di trovare un lavoro chi in Algeria chi in Libia, hanno trovato padroni che li hanno impiegati al lavoro chi senza il giusto soldo, ricevendo come risposta a richiesta di salario un viaggio intimidatorio in mezzo al deserto, trovandosi puntato contro un fucile carico con la minaccia di salire sul barcone per salvarsi la vita. O chi si è trovato sotto la pioggia dei bombardamenti che ha spazzato via tutto, lavoro compreso, ripiegando come autista per quello che si è rivelato un mercenario di vite umane, cadendo nella stessa rete, prelevato poi di punto in bianco e obbligato sotto ricatto a salire sul barcone.
Da qua parte la traversata in mare, chi lo definisce viaggio di ‘speranza’ chi di ‘disperazione’, spesso non ricercato, che costituisce un esodo dalla vastità memorabile, che le voci forti non desiderano additando un business che di scandali ne ha fatti, accomunando talune cooperative agli scafisti che operano in nome del dio danaro sulla pelle delle persone.
Ma ci sono realtà, in questo caso nel vicentino, che operano ben prima del ‘boom dei profughi’, come il Mondo della Città aderente dalla fine degli anni ’90 allo Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), una rete di enti locali istituite dal Ministero dell’interno che coordina la struttura del sistema affidandone ad Anci la gestione. A Thiene la associazione sostiene due progetti: uno secondo le linee guida dello Sprar seguendo due donne e due bambine e i sei componenti di una famiglia; l’altro progetto è quello dei dieci ragazzi secondo il protocollo d’intesa del prefetto di Vicenza.
La finalità è portare avanti alla Commissione i ragazzi, a Thiene due hanno già sostenuto poche settimane fa il colloquio minuzioso che decreterà o meno lo status di protezione internazionale. Nel frattempo continua alacremente e proficuamente la collaborazione tra amministrazione comunale, associazione e volontari.
“Bisogna avere il coraggio di fare alcune scelte – dichiara l’assessore Maurizio Fanton – come fatto con la nostra amministrazione con un risultato positivo che, spente le prime voci di polemica, ha portato alla luce che quanto fatto nella nostra città è un esempio positivo che dovrebbe essere preso in considerazione anche da altri comuni. Il non andare verso i gruppi troppo numerosi, facilita l’integrazione dei ragazzi. E’ chiaro che per far funzionare al meglio ci vogliono le responsabilità di tutti, come succede da noi”.
Paola Viero