Ogni primavera si ripropone il diffuso problema delle allergie legate ai pollini provenienti da piante erbacee come Graminacee, Composite tra cui l’Ambrosia, Urticacee che comprendono la Parietaria e da alberi quali Nocciolo, Betulla, Olivo, Cipresso, Carpino. Nelle regioni settentrionali, tra cui il Veneto, le Graminacee spontanee sono tra le maggiori responsabili delle allergie che si manifestano in primavera-estate.
L’aumento delle sensibilizzazioni, secondo gli esperti della materia, sembra sia dovuto in parte al modificato stile di vita, che ha ridotto le difese immunitarie, in parte al peggioramento delle qualità dell’aria a causa dell’inquinamento. L’aumento di anidride carbonica favorirebbe una maggiore produzione di polline allergizzante. La diffusione dei “nuovi” pollini è legata all’ampliamento degli scambi commerciali, all’introduzione di specie “esotiche” impiegate a scopo ornamentale, alle modificazioni nella gestione del territorio agricolo/forestale ed anche al cambiamento climatico che favorisce la colonizzazione da parte delle piante di nuove aree di territorio.
Ecco l’importanza di diffondere le “buone pratiche”: gli enti gestori del verde pubblico potrebbero introdurre piante a basso potere allergizzante e sfalciare le aree verdi incolte; i privati potrebbero mantenere “puliti” i giardini con tagli eseguiti prima della fioritura. L’allergico potrà informarsi sulle piante verso le quali è sensibilizzato e consultare i calendari pollinici per conoscerne la diffusione nell’arco dell’anno, evitando di frequentare gli spazi aperti a maggiore esposizione.
Chi è allergico ai pollini dovrebbe consumare con moderazione cibi ricchi di istamina o che attivano l’istamina: formaggi fermentati, salumi, alcuni pesci. In ogni caso, valutare con il proprio medico allergologo o nutrizionista il programma più appropriato da seguire per ogni specifico caso.
a cura dell’Ufficio Stampa di Arpav