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Schio. Orsi si dissocia dalla Medaglia alla Liberazione a Bortoloso: “Non è un eroe”

“Valentino Bortoloso eroe della resistenza? No, grazie, non ci sto”.

Sono le parole di Valter Orsi, sindaco di Schio, che dopo aver appreso dell’onorificenza attribuita dal prefetto Eugenio Soldà  per volontà del Ministero della Difesa, ad un concittadino divenuto famoso per aver partecipato, armi in pugno, all’eccidio di Schio.

Bortoloso, oggi 93enne, era un partigiano e come tale dall’opinione generale viene definito un ‘eroe’. Ma Bortoloso, che aveva come nome di battaglia ‘Teppa’, è anche l’unica persona ancora in vita del commando che, dopo la Liberazione, sparò e uccise 54 persone imprigionate nel carcere di Schio. Uno dei protagonisti dell’eccidio di Schio insomma, fatto per il quale l’uomo era stato condannato a morte dagli alleati alla fine della guerra.

Bortoloso è stato inserito nella lista degli 84 vicentini selezionati a ricevere la ‘Medaglia della Liberazione’, premio che gli è stato consegnato dal prefetto, affiancato da Anna Donà, assessore di Schio.

Un onorificenza che non è piaciuta a Orsi però, che non ha perso tempo e voluto precisare: “Non concordo sull’opportunità di
conferire a Valentino Bortoloso, uno degli autori dell’eccidio di Schio, l’onorificenza riconosciutagli dal Ministero della Difesa quale ‘Eroe della resistenza’. Il nostro comune ha condiviso un percorso di Concordia Civica che negli anni ha portato ad avvicinare protagonisti e discendenze su quell’orrore che si scatenò nella notte tra il 6 e 7 Luglio del 1945 alle ex carceri, ora biblioteca civica, di Schio a guerra finita. Non sono stato messo al corrente dei nomi che sarebbero stati insigniti all’occasione – ha sottolineato Orsi – Mi è stato comunicato che sarebbero stati 4 tra internati ed ex partigiani. Se fossi stato messo al corrente della cosa probabilmente avrei chiesto all’assessore Donà di non affiancare il Prefetto nel caso specifico. Spero ed auspico che questo ‘sgambetto’ non porti, tra le parti che si fronteggiano, ossigeno per alimentare il fuoco dei rancori. Scriverò al Ministero per sapere come sono stati formulati i nomi da insignire e se erano al corrente dei fatti”.

Anna Bianchini