Il tema ‘accoglienza dei profughi’ torna prepotente nell’Alto Vicentino, con la prefettura che lamenta mancanza di collaborazione da parte di molti comuni e i comuni che invece collaborano che chiedono al prefetto di imporre l’accoglienza anche a chi non la fa.
Perché di profughi ne arriveranno ancora molti e nel solo Alto Vicentino, entro fine giugno i comuni troveranno posto per altre 50 persone.
E’ emerso l’altra sera a Santorso, durante un incontro organizzato dall’amministrazione comunale per riportare sotto i riflettori il protocollo d’accoglienza diffusa, documento firmato da quasi tutti i comuni dell’Alto Vicentino con la Prefettura di Vicenza per impegnare i comuni ad accogliere due immigrati ogni mille abitanti, con i sindaci che esercitano un diretto controllo su cooperative, numeri, gestione e integrazione. Presenti Marco Marchesiello, vice prefetto vicario di Vicenza, il presidente della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 4 Robertino Cappozzo, il padrone di casa Franco Balzi e quattordici sindaci dell’Alto Vicentino.
Una serata che si è aperta con un video di 38 minuti realizzato da Matteo Pietrobelli, che dopo aver studiato produzione cinematografica in Gran Bretagna, ha montato il documentario in 7 mesi, per evidenziare quello che è successo nel 2015 nell’Alto Vicentino quando, come nel resto d’Italia, nei comuni sono arrivati centinaia di profughi.
Un video che mostra ragazzi che si aggrappano a gommoni che stanno affondare. Donne e bambini disidratati e sporchi, adagiati sotto il sole cocente in barconi sgangherati. Soccorritori che sfidano le onde per salvare quelle vite umane, che di umano in quel momento hanno solo il respiro. A spiegare gli eventi e le reazioni delle amministrazioni, una raccolta di interviste di sindaci che devono gestire l’emergenza senza ‘scombinare’ la tranquillità dei cittadini. Opinioni di responsabili delle cooperative che prendono in carico i migranti che, spesso agiscono con criterio e umanità ma in mezzo a loro c’è anche chi, accusata di volerne trarre solo profitto, rigetta le accuse dicendo “Mi chiamano mamma e li educo come fossero figli. Alcuni dicono che gestiamo male la situazione, ma in fin dei conti, i ragazzi non sono ancora morti”.
Tema portante della serata, il protocollo di accoglienza diffusa, che garantisce la collaborazione tra prefettura e comuni per gestire quello che pareva essere un’emergenza destinata ad esaurirsi e che invece, come ha spiegato Marchesiello “non è più emergenza ma consuetudine. Di profughi ne arriveranno ancora molti e dobbiamo collocarli”.
Ad aprire la serata Franco Balzi, sindaco di Santorso e promotore del documento. “Dei 24 comuni che hanno firmato il protocollo, solo dodici accolgono profughi – ha spiegato – e la prefettura chiede collaborazione. Allo stesso modo, noi chiediamo che la prefettura stessa valuti il fatto che grandi centri urbani, come Arzignano, non hanno ancora accolto nessuno. La difficoltà nel reperire immobili è comprensibile, ma dobbiamo collaborare tra comuni e condividere le responsabilità. Inoltre, ci sono ancora troppe cooperative che non sono affidabili e non possiamo tollerare le eccessive concentrazioni di migranti in alcuni comuni, come a Tonezza (82 profughi su 530 abitanti), e la totale assenza in altri”.
A difendere il protocollo, anche Robertino Cappozzo, che ha sottolineato: “Non possiamo tentennare davanti a un problema concreto. Comprendiamo le difficoltà della prefettura, ma lei deve capire quelle di un territorio non abituato ad aprirsi. Alla fine accolgono anche i comuni che non hanno firmato (ne è dimostrazione Schio, che conta centoquattro migranti). Qui la politica non c’entra – ha concluso – perché i partiti possono imporre regole a favore o contro l’accoglienza, ma poi sono i sindaci che devono trovare le soluzioni”.
In rappresentanza dello Stato, Massimo Marchesiello, che ha spiegato: “I numeri sono destinati a crescere e profughi ne arriveranno ancora tanti. Ascolto le loro storie e ne rimango colpito, perché sono storie che qui non siamo più abituati a sentire, perché da noi succedeva tanti anni fa. L’integrazione è possibile, però bisogna individuare i sistemi di accoglienza corretti. Spesso chiediamo la collaborazione delle scuole e ci scontriamo con i genitori degli studenti italiani che, dimostrando scarsa conoscenza e rispetto del prossimo, rifiutano la convivenza degli stranieri con i loro figli”.
A prendere la parola in difesa del protocollo, alcuni sindaci che si schierano a favore di collaborazione e integrazione. “L’accoglienza
diffusa funziona al di là delle critiche politiche – ha spiegato Giovanni Casarotto, sindaco di Thiene – Funziona perché è accoglienza diffusa e i migranti possono integrarsi nella società. Mi chiedo però chi si dovrà occupare dei ragazzi una volta che non ci saranno più i 35 euro al giorno di contributo. Ma quando si parla di collaborazione – ha ironizzato il primo cittadino citando il parroco di Poleo che accoglie alcuni bisognosi africani – a Thiene io ho trovato freddezza nel mondo ecclesiastico, perchè su 7 parrocchie, solo una ha dato disponibilità”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Marco Sandonà, sindaco di Caltrano: “Abbiamo l’obbligo istituzionale di collaborare col prefetto. Se non lo fa, un sindaco deve dimettersi, perché significa che non intende rappresentare lo Stato. Il problema non sono gli immigranti, ma siamo noi. Non abbiamo più valori e non siamo disponibili ad aiutare il prossimo. Mi chiedo – ha concluso – Dov’è in questi casi tutta quella gente che la domenica va a messa?”
Un tema sempre caldo quello dei profughi, che pareva cominciato come un’emergenza ma ha presto preso i contorni di un nuovo trend. E la serata di Santorso ha snocciolato anche numeri sui quali riflettere, perché se da un lato, quando si parla di profughi, c’è chi inneggia all’invasione e li vede in ogni angolo, dall’altro si evince che dei 121 comuni che fanno capo a Vicenza, solo 51 accolgono richiedenti asilo.
“Nessuno ha la soluzione al problema dell’accoglienza dei profughi – ha sottolineato Balzi – Sappiamo solo per certo che il fenomeno crescerà ed è opportuno collaborare sempre di più sul territorio per gestire il fenomeno prima che degeneri”.
Anna Bianchini