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“Nessuno è così vecchio da non poter pensare di vivere un altro anno.”

Un anno che non ha lasciato il tempo di respirare questo 2016. Un calendario spuntato di eventi via via sempre più incisivi per la storia. Eppure quello che è appena finito è stato un anno in cui sempre più forte si è sentita la voglia di non cedere. Non solo da parte dei popoli che storicamente non si arrendono, come quelli che tristemente abitano in terre perennemente violentate da conflitti sempre feroci e tragici. Non solo da parte di quelli che abitano invece in terre lontane, che ormai da qualche decennio si spostano per sfogare le proprie esigenze di forti sviluppi economici. Il 2016 ha visto protagonisti i popoli che molti, troppi osservatori, consideravano stanchi, senza più stimoli di ribellione a scelte definite superiori e disegni incontestabili. Quei popoli Europei e Nordamericani che sembravano dover soccombere a scelte ormani non più loro.

Stretti nella morsa delle grandi migrazioni da una parte e delle dittature economico finanziarie dall’altra. E se una speranza sembrava ormai lontana per questo vecchio continente, proprio gli eventi, spesso stolti, degli ultimi 12 mesi, sono serviti per riavvicinarla e riportarla nei cuori degli abitanti di queste terre, un tempo, locomotiva del mondo. Certo, siamo ancora lontani dal risveglio delle coscienze, ci hanno abituato a non saper rinunciare ai moderni agi ed alle forme più innocue di protesta, strumenti utili a mantenere le case piene di gente arrabbiata, ma, cosa ben più importante, le piazze vuote di gente che si ribella. Un passo alla volta.

E vero che la storia si fa con le rivoluzioni da quando esiste il mondo, ma ogni grande cambiamento necessita del tempo adatto a farlo maturare. L’anno che abbiamo visto spegnersi ha dato molto ai desideri di rinnovamento o, meglio, di rifiuto dello status imposto. Dalla Brexit, alle elezioni di Trump, al referedum costituzionale, le scelte politiche sono state chiare. E a chi ha sentito il dovere di criticarle, solo perchè non in linea con i propri non autonomi pensieri, ci sarebbe da suggerire che, in un mondo libero, per ogni azione c’è una reazione uguale e contraria e, se per molti anni questo non è avvenuto, forse il tempo dei bonus è scaduto. Il 2016 ha dimostrato con tutta la violenza di cui è stato capace, tra gli attentati di Istambul, Bruxelles , Il Cairo, Damasco, Baghdad, Ibiza, Monaco, Orlando, Dakha, Berlino, e le centinaia di vittime di un branco di terroristi senza Dio, che continueremo a festeggiare il Natale e continueremo ad accogliere, con il cuore, chi sentiamo vicini ai nostri cuori e ai sentimenti di umana e cristiana carità, e che, purtroppo, dovremmo continuare anche ad accogliere chi non viene in pace, a causa di una politica che mostra tutta la sua incapacità. Il futuro è ancora molto incerto, non abbiamo sicurezze e, i signori del denaro, cercheranno di resistere in tutti i modi alla voglia della gente di mandarli in esilio. Lo faranno anche per il prossimo anno e per quelli a venire, ma sarà sempre più debole la loro resistenza e sempre più forte il desiderio del popolo di voltare pagina.

Un processo di rinnovamento, quando è messo in moto, non si ferma. Abbiamo capito che le formule che ci hanno venduto sono fallimentari. Hanno fallito le politiche del lavoro, le politiche sociali, le politiche industriali, ha fallito una moneta falsa che ha impoverito un continente e arricchito qualche elite. Hanno fallito le politiche mondiali e nazionali, e nei 365 giorni che ci apprestiamo ad archiviare, molti di questi bluff sono venuti a galla. Divide et impera il motto di Filippo il Macedone. E dividere i popoli per regnare è stato il comandamento che per oltre 2300 anni molti hanno cercato di seguire. Certo non tutti ci sono riusciti e, più i potenti si allontanavano dalle capacità del Re di Macedonia, meno efficace si rivelava la sua formula. Onestamente, il 21 secolo non ha ancora espresso grandi personalità e i pressapochisti della politica hanno si diviso per imperare, ma il loro nanismo sta facendo crollare il castello di carta acquisato con la falsa moneta unica. Paghiamo gli errori di rappresentanza, e l’ozio che abbiamo alimentato dopo aver conquistato, grazie alle generazioni precedenti, un benessere mai conosciuto in precedenza.

Paghiamo l’incapacità di aver saputo godere dei frutti di tanto lavoro, con virtuosità. Ci sia- mo adagiati sulle fatiche dei nostri padri e dei nostri nonni, credendo che, dopo il loro sudore, fossero meritate le nostre macchinone, le nostre tv a 50 pollici, e le vancanze in montagna e al mare, e i viaggi di nozze ai tropici. E mentre le terze generazioni del dopoguerra si preoccupavano della moda e delle carte di credito, abbiamo delegato ai peggiori (quelli che non avevano nè carte di credito nè grosse automobili) l’amministrazione dello stato. Il risultato è che, quelli che ci hanno dato le chiavi dell’auto e i conti correnti per le carte di credito, ora vivono con pensioni da fame, o frugano tra i cassonetti, a molti le auto le hanno sequestrate e le carte di credito bloccate, e i nostri delegati a governare, in galera sono sempre più numerosi. Questo è il risultato di quanto è accaduto nell’anno del Signore 2016.

E i segnali che la misura è colma, sono arrivati proprio dalla sfida, dalla trasgressione alle ultime indicazioni che i potenti ci avevano dato. A nulla sono servite le minacce, dell’europa, di fallimento del Regno Unito , e nemmeno quelle della fine del mondo con Trump, meno ancora quelle del crac Italiano con il No al referendum. La risposta è stata chiara. Vediamo le carte. Vediamo questi stati fallire, vediamo questa fine del mondo, vediamo questi crac. Oppure vediamo chi bluffa. E per tre volte tre, la mano l’ha vinta il popolo e i bari sono stati miseramente smascherati. Smascherata la loro necessità di farsi obbedire per mantenere in funzione la macchina dei soldi. Un impianto complesso e fragile che non sopporta scossoni violenti. Costruito senza passione e senza ideali quindi poco solido, poco duraturo. Inerme contro la passione e gli ideali che i popoli sanno sfoderare quando si superano i limiti. E gli argini crollano quando arrivano le generazioni piu coraggiose e affamate. Gli steccati si sfondano quando le fatiche di una generazione vengono vanificate, quando le rinuncie della seconda ritornano, quando gli agi della terza si perdono e quando la quarta e la quinta, non sono disposte ad abbandonare la sfida. Le ferite che ci lascia l’anno passato, profonde e dolorose, hanno il pregio potersi trasformare in speranze. Per una volta concrete, con la consapevolezza di aver saputo per un anno intero trasgredire agli ordini dei nuovi faraoni. Speranze che possiamo continuare ad alimentare trasgredendo ancora agli ordini costituiti, data la loro inadeguatezza. Con la scelta di nuovi rappresentanti, accettando il rischio di lasciare il grigiore che finge di occuparsi di noi per affrontare nuove riscosse. L’uomo non è nato per autodistruggersi ed in milioni di anni siamo passati dalla clava al Cern, proprio perchè abbiamo sempre accettato le sfide. Perchè nei momenti di difficoltà abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo. Einaudi disse: “Non le lotte e le discussioni dovevano impaurire, ma la concordia ignava e le unanimità dei consensi.” Non solo Attila, ma anche Cicerone, non solo Nerone, ma anche Giulio Cesare, non solo Hitler ma anche Giolitti, non solo Stalin, ma anche Lincoln.

La storia ci ha dato grandi criminali al potere ma anche grandi uomini di valore. E’ arrivato il momento di riprovare. Nuovi volti, sovente anche con la faccia da sberle, ma intellettualmente onesti, che non cerchino lo stipendio in politica, che non abbiano bisogno di sistemarsi, che sappiano esprimere idee chiare e con la forza di metterle in pratica, rischiando in proprio, per i propri ideali. Uomini così il mondo ne ha visti nascere molti, in tutte le epoche. Sono tra di noi e, spesso, hanno soluzioni che nessuno permette loro di esprimere. Non ne basta uno, ne servono tanti, ma il nuovo corso animato dalla contestazione della brava gente comune e non dei soliti facinorosi nullafacenti, potrebbe farli apparire sulla scena futura. Gente che non si arricchisce con il traffico di umani per una grossa fetta dei 35 euro al giorno, lasciando dei disperati e spesso delinquenti liberi di scorrazzare per le strade. Gente che non pretende onori da capobanda con gli appalti truccati ai danni di opere che non vengono mai concluse. Gente che non si aspetta agi semireali sfruttando e svenando le casse dello stato e mettendo le mani nelle tasche dei cittadini. Gente che abbia le idee chiare e il coraggio di chi non deve accettare compromessi. Il 2017 sia il proseguo dell’anno trascorso con gli stessi scatti di orgoglio, con la stessa forza di sbugiardare i dilettanti della nobile rappresentanza e i professionisti della politicaccia. Avremo forse minori occasioni, perchè i capitani della nave, a costo di naufragare cercheranno di non lasciare il timone. Ma quelle che avremo, possiamo sfruttarle al meglio. Urlando il nostro bisogno di ritornare al buonsenso. Dimostrando che siamo ancora grandi lavoratori ma, che vogliamo poter lavorare da imprenditori e operai e non da schiavi dello stato. Che abbiamo ancora grandi idee, ma che non vogliamo vedercele imbrigliare da una burocrazia insulsa e vedercele rubare da chi burocrazia non ne ha. Che siamo ancora, come sempre, un popolo capace di grande solidarietà e grande accoglienza, ma non vogliamo che per arricchire se stessi e i membri delle loro bande, i mediocri governanti, si permettano di riversare nelle nostre strade e nelle nostre città, il peggio del peggio della criminalità di mezzo mondo. Quella che rende bene ma che non ha nulla a che fare con i profughi di guerra o con chi è costretto a fuggire da persecuzioni o dittature sanguinarie. Manteniamo vivo ancora, come abbiamo saputo fare negli ultimi 12 mesi, il desiderio di riprenderci la libertà vera, non condizionata da consigli di chi non ha saputo mantenere mai le promesse fatte. La libertà vera non condizionata dalla paura di qualcosa di peggio. Che il peggio lo stiamo vivendo ed abbiamo il diritto di pensare che meritiamo tutti di più. Lo dobbiamo ai nostri nonni per non dover continuare a chiedere scusa per aver buttato nei cassonetti (dove li stanno cercando) i loro sacrifici; lo dobbiamo ai nostri padri per non dover continuare a chiedere scusa per aver sprecato il benessere che ci hanno regalato con tanta fatica e tanti sogni; e lo dobbiamo ai nostri figli per non dover chiedere scusa in futuro per non aver preservato il mondo che avevamo ricevuto. E per non essere condannati per averli costretti a perdere una, o più generazioni, per aggiustare i danni fatti a causa del tempo perso pagando le rate dell’auto di lusso o della barca, della tv da 50 pollici, o dei viaggi di nozze ai Caraibi. Nessuno spenga la sveglia, nessuno fermi l’orgoglio, nessuno incateni il cuore. Cicerone disse: “Nessuno è così vecchio da non poter pensare di vivere un altro anno.”

Buon 2017, per difendere il nostro futuro!!!

Andrea Sperelli