Mille persone. In tanti sono arrivati ieri a Valli del Pasubio anche da fuori regione per essere intrattenuti da quel piccolo montanaro con una personalità esondante.
Ha presentato ‘Una lacrima color turchese’, il suo ultimo libro che attacca l’ipocrisia e il perbenismo che ci accompagnano ogni giorno. Un’opera che, partendo dal furto dei Gesù Bambino da tutti i presepi d’Europa, propone considerazioni sulla religione dei fedeli integerrimi, “quelli che fanno la comunione tutti i giorni e poi dimostrano indifferenza verso chi non ha niente per campare”.
Mauro Corona ha riempito la scena con il suo solito sorriso beffardo e l’aria di chi la sa lunga non solo sulle questioni di montagna, di territorio e di politica, ma sulla vita a tutto tondo. “Pretendo la lealtà feroce della verità – ha detto – la vita si scrive una sola volta, in brutta copia e non c’è il tempo per riscriverla”.
L’hanno definito la voce dell’autenticità, lo scrittore della nostalgia, dell’antica bellezza. E Corona in effetti è così, non solo nella scrittura, ma anche nel modo di porsi. Senza filtri, con la luce negli occhi, le parole dirette che sembrano gli insegnamenti della nonna, un bicchiere di vino rosso in mano e quella bandana in testa che ormai cammina da sola. Corona non risparmia niente e nessuno, ma si sofferma e mette sotto i riflettori chiunque sia in stato di necessità, per cercare di aiutare. E non risparmia la politica dell’inganno, quella che mette il danaro davanti agli interessi reali. Quella che “ti prende in giro con progetti come il Mose, che si fanno beffe dell’umanità. Il mare parte dalla Patagonia e non saranno certo le paratie del Mose a fermarlo, non bisogna credere a queste baggianate”.
Ma su tutto, Corona ha chiarito una cosa, il suo amore ‘devastante’ per la vita e la montagna.
“L’uomo non subisce miglioramenti tecnologici – ha sottolineato – è natura, sentimento, è gelosia. Nella vita non serve parlare tante lingue, basta parlare la lingua del sentimento. L’unica via d’uscita è tornare all’essenziale. Bisogna fare un passo indietro, verso la naturalità della terra, perché la civiltà è satura. Ci circondiamo di cose che pensiamo colmino i nostri vuoti. Ma per l’uomo, mangiare è sufficiente. Un uomo che ha mangiato è invincibile”.
E sulla montagna ha detto: “Ci si affeziona alle montagne, non deludono come invece fanno le persone. La montagna è l’unica cosa che non mi ha mai stancato, è una medicina. L’economia di montagna è sempre basata sul bosco, l’uomo deve recuperare l’amore per il bosco”.
Raccontando la sua storia di figlio abbandonato in tenera età dalla madre, Corona ha spiegato l’importanza dell’essere genitori. E con le sue parole e i suoi scritti richiama costantemente la loro attenzione nel vigilare sui ragazzi che si isolano con la tecnologia manifestando il benessere fuori e creando il vuoto nella loro anima. “Tutti i bambini sono geniali finchè non cercano la mediocrità imitando gli adulti – ha spiegato – L’uomo lo si salva solo educando la prole. Per creare un uomo leale, bisogna crescerlo da piccolo. Siamo la nazione che legge di meno e i figli vanno ‘ammaestrati’ alla lettura come un domatore del circo ammaestra le tigri. Non importa se a loro non piace leggere, un genitore deve calcare la mano fino a che il figlio impara ad amare la lettura”.
Mauro Corona è così. Immediato, diretto, schietto. Un uomo stanco di scienziati e dottori che impongono dettami senza conoscere le leggi della natura. Stanco di chi stabilisce le regole della montagna senza saper riconoscere gli alberi.
“Se vuoi andare nella montagna vera – mi ha detto ieri davanti a un bicchiere di vino – non andare nelle montagne firmate. Quelle di moda, griffate con un’etichetta. Cerca la montagna vera, quella dove c’è poca gente. Quella dove sei solo a contatto con la tua anima”. Perché per lui i boschi servono a questo, a respirare il valore della vita. “La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi – ha scritto – Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un po’ tonti si è tutti da giovani. Mi ha insegnato che dalla vetta non si va in nessun posto, si può solo scendere”.
Anna Bianchini