Partire dall’Alto Vicentino in jeans e maglietta e ritrovarsi con un abito nero lungo fino ai piedi, scoperti solo gli occhi e un ciuffetto di capelli biondi.
L’avventura di Suelen Alban, 32 anni, in Arabia Saudita, è di quelle che lasciano il segno, catapultata in un ‘universo parallelo’ fatto di rigore e rigidità. Per fortuna è una donna di mentalità aperta, abituata a viaggiare in paesi lontani e vicini, a mangiare cibi strampalati e dotata di grande spirito di adattamento. Una donna che vede sempre il lato positivo, che approccia il prossimo con curiosità e non punta il dito contro usi e costumi diversi dai suoi.
Sarà per questo che, al termine di una settimana durante la quale ha osservato il mondo attraverso una piccolissima fessura, se la sente di dire: “E’ stata un’esperienza bellissima”.
A bruciapelo vogliamo sapere: come si sente una donna europea ad indossare il burqa?
E’ un’esperienza strettamente personale e capisco che a qualcuna possa dare fastidio. Io però mi sono divertita tantissimo, lo indossavo dappertutto e mi sono fatta insegnare il modo per metterlo bene, in modo che non ci fosse un solo ricciolo al vento. Alcune signore nei bagni dei centri commerciali mi vedevano in difficoltà mentre trafficavo con i capelli lunghi e il velo che stava sempre troppo ‘mollo’ e mi aiutavano con estrema gentilezza.
Questo ce lo deve spiegare. Com’è possibile divertirsi, coperte dalla testa ai piedi e con solo gli occhi liberi, per una donna che è abituata a vivere in jeans, tacchi alti, capelli da Barbie e sorriso accattivante?
Ho vissuto con la consapevolezza di essere lì per una sola settimana e per me è stata un’imposizione relativa. Nel senso che, ho messo il burqa, oppure l’abaya (abito nero lungo fino ai piedi che copre anche il capo, lasciando l’intero volto scoperto), sapendo che dopo pochi giorni sarei tornata a jeans e minigonne. L’ho vissuto come il semplice rispetto di una regola in un paese straniero, senza vederlo a tutti i costi come la mortificazione della figura femminile. In Arabia Saudita le donne vestono così, se sei straniera e non ti sta bene, eviti di andarci. La cosa strana per me era parlare con loro: guardarle nel volto o solo negli occhi sono due cose completamente diverse.
Lei come è finita in Arabia Saudita e come è riuscita ad ottenere il visto senza essere accompagnata dal marito?
Ci sono andata per lavoro, per presenziare ad una fiera, collaborare con i negozi che vendono il nostro prodotto e partecipare ad alcune riunioni con i nostri clienti arabi. Sono andata con il mio titolare, dopo aver ottenuto un visto per 12 mesi richiesto ormai da qualche anno. Il mio cliente di riferimento ha ‘spinto’ sulle leve giuste e alla fine sono riuscita a partire. Sono stata a Riyadh, Jeddah e Al Khobar.
Che atmosfera si respira nel cuore del Medio Oriente?
C’è un’atmosfera diversa anche all’interno del paese. Riyadh, che è la capitale, è molto più rigida, le donne indossano tutte il burqa e mostrano solo gli occhi. Alcune hanno addirittura la retina nera davanti agli occhi e indossano guanti e calze anche con 30 gradi. Le regole sono rigorose, la gente non si lascia andare, non ci sono donne a volto scoperto e per una straniera è percepibile un senso di oppressione. Al Khobar e Jeddah invece sono città più ‘aperte’. Le regole ci sono e vanno rispettate, ma si vedono circolare donne a volto scoperto, io ad esempio lì ero autorizzata anche a tenere i capelli al vento.
Come si sentiva a girare per Riyadh?
Mi sono divertita, ma ammetto che mi sentivo una extraterrestre. La cosa più piacevole era andare a fare colazione la mattina: tenevo il pigiama sotto il burqa ed ero comodissima. Ho visto solo altre 2 donne europee, le ho riconosciute dal modo di muoversi, come loro hanno riconosciuto me. Uomini stranieri invece ce n’erano tanti, ma loro potevano vestirsi come volevano, senza nessun tipo di imposizione. Lì le regole dell’abbigliamento e le restrizioni riguardano solo le donne.
Ce ne sono altre oltre all’abbigliamento?
I ristoranti sono divisi in zone per single, dove sono ammessi solo uomini e zone per famiglie dove possono andare anche le donne, rigorosamente in compagnia del marito. Una cosa che mi ha colpita è che ora (prima della morte dell’ultimo re non era così) ci sono alcune donne che possono lavorare in alcuni centri commerciali. Dove questo succede, è assolutamente vietato l’ingresso agli uomini, così che non ci sia il rischio per una donna di dover parlare con un uomo. In quei posti, se un uomo deve andare per forza, ad esempio un elettricista o un tecnico, deve andarci dalle 2 alle 6 del mattino, assolutamente non oltre quell’orario.
Nella settimana di permanenza in Arabia Saudita, ha mai avuto paura?
No, non ce n’era motivo. Ero solo molto attenta a come guardavo gli uomini. Da un lato mi incuriosivano, perché alcuni erano anche davvero affascinanti, con quelle lunghe tuniche bianche, ma temevo che avrebbero potuto male-interpretare il mio sguardo. E quindi ero sempre attenta a non guardarli, ero un po’ tesa. Invece le donne le guardavo e alcune erano davvero belle. Sono andata in una zona di un centro commerciale aperta solo alle donne, dove lì tutte si tolgono il burqa e si comportano come le occidentali. Ne ho viste di bellissime, truccate benissimo, vestite all’ultima moda, con dei fisici e dei volti magnifici.
Secondo lei, le donne arabe vivono bene queste abitudini?
Sinceramente non lo so e me lo sono chiesta. Ho l’impressione che, essendo abituate, lo considerino normale. Come considerano normali i matrimoni combinati e pensano che sia giusto che sia il padre a scegliere il loro marito, perché di lui si fidano e accettano la scelta. E’ difficile per noi da capire, ma lì funziona così. E a dire il vero, anche in Italia ha funzionato così fino a poco tempo fa, così come ci sono ancora donne che girano coi capelli coperti in segno di rispetto.
Coprendosi con l’abaya o il burqa, aveva la sensazione di rispettare una regola religiosa o piuttosto una tradizione locale?
Da quello che so non si tratta di una regola religiosa, quanto piuttosto di un dovere che esprime rispetto. La donna si preserva per il marito e i famigliari più intimi. Molte musulmane rispettano il Corano e vestono all’occidentale. Di religioso invece c’era una cosa che mi ha colpita tantissimo: per 5 volte al giorno, o 7 non ricordo bene, tutto si fermava per 20 minuti per la preghiera. Risuonava negli altoparlanti dappertutto e tutte le attività chiudevano. Non tutti pregavano, però era come se la vita si fermasse. E non si poteva nemmeno dire ‘vado a bere un caffè, perché anche i bar erano chiusi.
Che cosa l’ha turbata di più?
Sapevo che in Arabia ci sono leggi molto strette, ma non sapevo che fossero così rigidi su alcune cose. Ad esempio, se una persona viene scoperta a rubare più di una volta, le tagliano le mani in piazza. Se una persona, uomo o donna, commette tradimento, prende 30 frustate se è single e 60 se è sposato. Ma se la famiglia decide di non perdonarlo, può chiederne addirittura l’uccisione e in questo caso, il traditore, viene decapitato in piazza. Questo mi è stato raccontato da un collega arabo, mi ha colpita moltissimo e immagino mi abbia detto la verità.
E’ un’esperienza che ripeterebbe?
Assolutamente sì, senza nessun problema e sempre con la consapevolezza che per me è pur sempre una scelta, perché nessuno mi impone di andare in Arabia Saudita. Ci vado per lavoro e rispetto volentieri le regole, ma alla fine torno a casa e riprendo le mie abitudini.
Anna Bianchini