“Cancelliamo l’idea che il futuro dell’uomo possa essere messo in pericolo dalle macchine che lui stesso ha creato”. Ha esordito così il padre del microprocessore Federico Faggin a Isola Vicentina nella serata organizzata dall’amministrazione comunale “Robot più intelligenti dell’uomo? Verità o fantascienza?”.
Una grande personalità quella di Faggin che ha attirato un’immensa folla nella biblioteca comunale di Isola Vicentina, in una sala di Villa Cerchiari che seppur nel suo inestimabile valore risultava troppo piccola per contenere tutte le persone accorse per ascoltare dal vivo l’”Enrico Fermi del digitale”.
Affermazioni che possono destabilizzare quanti al giorno d’oggi si affidano ad una ‘macchina’, come ad esempio attivando semplicemente il navigatore per compiere un tragitto. Federico Faggin lo scienziato vicentino illustre e tanto caro agli americani ma non solo, con le sue riflessioni vuol indurre ciascuna persona a puntare il dito alla propria anima. Quello stesso dito sovente abituato da chi utilizza un pc a sfiorare il touchpad dallo stesso Faggin creato.
“Nessuno sa come è nata la vita – spiega Faggin- Ma tutti possiamo sapere come è nato un computer e l’idea che una macchina possa essere consapevole è un’incongruenza vera e propria”.
E per rendere ancor più semplice il suo concetto pone l’accento al sapere di ciascuno di esistere e di provare emozioni: “Mentre una macchina non lo sa – continua Faggin – Una macchina lavora in un set di segnali elettronici, ma non può decidere sulla base di emozioni, applica solamente azione e reazione”.
Proprio dalla bocca di colui che ha spianato la strada alla tecnologia, faticando non poco all’inizio per risultare credibile al mercato hi-tech con le sue creazioni, a distanza di anni Faggin sollecita a fuggire dall’egemonia delle macchine, ma soprattutto da chi dietro ad esse le comanda: l’uomo.“E’ stupido pensare che le macchine abbiano potere sull’uomo – continua Faggin – Dentro le macchine c’è il buio, mentre tutti noi dentro abbiamo la luce”.
Dal microprocessore alla consapevolezza, un cammino che ha portato Faggin alla strada della ricerca che sta conducendo con la sua fondazione, ribaltando i concetti della fisica stessa: la consapevolezza non deriva dalla materia, ponendola al centro del nucleo rivestito esternamente di materia. Questo è lo scopo del lavoro che lo scienziato vicentino, assieme a matematici e fisici americani, sta conducendo nella sua ‘Federico and Elvia Faggin Foundation”, sebbene il mondo scientifico osteggi fortemente il lavoro di Faggin: “La maggior parte degli scienziati ritengono che io sia un rimbambito – continua – Ma sono lo stesso che più di quarantanni fa creò il microchip e dovette aspettare cinque anni per essere creduto”.
Una conversazione non da tutti i giorni quella avvenuta in Villa Cerchiari, che Faggin ha reso semplice e comprensibile nell’introduzione di quello che per lui è una certezza seppur stia lavorando per renderlo dimostrabile: “I robot non potranno mai essere più intelligenti dell’uomo – continua – L’uomo non dovrà temere di essere schiacciato da una macchina, perché non esisterà mai una macchina che non possa essere comandata da un uomo”.
In due ore Faggin ha tenuto la scena, con le persone concentrate a non perdere una sola sua parole, dimentiche del caldo afoso della sala, dello stare in piedi, chi seduto per terra, chi fuori sui gradini della scalinata esterna. Tutti immobili dinnanzi a un uomo che ha dato l’impulso alla tecnologia moderna e che in chiusura ha rivolto un appello, soprattutto ai giovani presenti “Coltivate la vostra spiritualità, la vostra natura umana – conclude Faggin – Gustatevi il piacere e le sensazioni della vita, vivete prima col cuore e poi anche col cervello”.
Paola Viero (montaggio di Jacopo Baldin)
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