Metti il burqa in prima pagina sul diario scolastico e scatenerai l’inferno.
E’ quanto sta succedendo in queste ore dopo la distribuzione del nuovo diario 2016-2017 agli alunni delle scuole elementari e medie dell’istituto comprensivo di Carrè, Chiuppano e Zanè.
Il disegno, tracciato da mano infantile, raffigura il volto di una fanciulla, intuitivamente di religione musulmana, con la testa coperta dal velo islamico, ripetuto per 6 volte con la pelle di colori diversi, alla maniera che un poco ricorda l’arcinota Marilyn dell’artista statunitense Andy Warhol.
A scandalizzare non è certo l’incertezza del tratto o il contrasto dei colori ma le immagini stesse, immediatamente lette dai genitori come l’inquietante simbolo di una resa forzata alle regole islamiche. Ancor più intollerabili perché provengono dall’interno delle nostre scuole, esempio di accettazione passiva da parte di quegli insegnati che invece dovrebbero difendere il laicismo della cultura ed il rispetto delle tradizioni italiane e cattoliche.
Stupore e rabbia fanno la parte del leone, e genitori sconvolti, già sul piede di guerra, immaginano figli e nipoti costretti in futuro a recitare il corano in classe. ‘Almeno dovevano mettere tutte le religioni’ commentano i più accomodanti, mentre i più furibondi minacciano di bruciare il diario in piazza come atto dimostrativo e aizzare i rappresentati di classe contro la preside.
Ma siamo sul serio arrivati al punto in cui insegnanti diventati schiavi del ‘politicamente corretto’ si propongono di far digerire ai genitori immagini di bambine pericolosamente velate? La realtà, almeno in questo caso, è un’altra. E, come spesso accade, svogliatamente trascurata dalla giuria popolare di facebook. Anche nei migliori polizieschi, per mettere insieme tutti i tasselli del puzzle, bisogna fare un piccolo passo indietro.
Perché il disegno non nasce come una provocazione, ma rappresenta il volto di Malala Yousafzai, la giovanissima pakistana, nobel per la pace nel 2014, che alla schiavitù talebana si ribellò con coraggio, diventando il simbolo di tutte quelle donne islamiche che reclamano istruzione, diritti civili e libertà personale.
Disegno quindi non imposto da nessuno, ma scelto dagli alunni di 5° elementare di Zanè, secondo loro il più bello tra tutti quelli usciti dalle matite dei bambini di Cogollo, Velo, Arsiero, Piovene Rocchette e Zanè all’interno del concorso pubblico ‘Gesti importanti di donne semplici’, organizzato dalla commissione intercomunale per le pari opportunità ancora lo scorso aprile.
‘Quel che voleva essere un simbolo di libertà e cultura per tutte le donne – ha commentato la preside dell’istituto comprensivo Luciana Bassan – è stato letto esattamente al contrario. In copertina c’è il disegno di una ragazza che ha difeso la dignità femminile, ma non è il solo. Per ogni mese c’è una donna che ha significato molto per l’emancipazione della donna, per la pace e la libertà, come madre Teresa di Calcutta, o Sara Simeoni. Sono molto amareggiata perché il messaggio che volevamo dare non è passato. Io sono a scuola dalle 7.30 alle 16. Se qualcuno voleva delle spiegazioni poteva chiamarmi, ma su questo argomento non ho ricevuto una sola telefonata’.
‘I commenti su facebook – ha rincarato il vicesindaco di Carrè con delega ai rapporti con le scuole Valentina Maculan – nascono da una mancata consapevolezza delle idee che stanno alla base del progetto. Non voglio credere che il messaggio di Malala alla pace e all’accesso alla cultura per tutti sia messo in discussione! Proprio lei che è il simbolo forte e potente del riscatto di tutte le donne’.
‘Non metto in dubbio la buona fede che sta alla base della scelta del disegno di copertina – ha commentato invece Luca Idroscopi, genitore di una alunna di 3° media di Zanè – ma ritengo che la prima impressione, e l’abbiamo avuta tutti, sia stata quella di un tentativo di imporre un messaggio religioso che ci ha sconcertato. Messaggio che, peraltro, sembra anche stato lasciato intendere fin troppo semplicisticamente da certi insegnati. E se tutti abbiamo avuto la stessa impressione, come hanno fatto insegnanti e preside a non pensarci?’
Marta Boriero