Si chiude sulle note del Preludio in do maggiore di Bach, eseguito da Giovanna Berti al pianoforte, una serata intensa, fatta di emozioni, di storia, di gesti quasi temerari ma compiuti per salvare la Vita.
Sì, perché di vita e di vite si è parlato l’altra sera, per due ore all’Auditorium Fonato in occasione delle iniziative Le Porte della Memoria 2016, per commemorare il Giorno della Memoria.
Vite strappate alla morte da un uomo semplice, padovano, che è un Giusto delle Nazioni e ha il suo albero piantato sul Monte della Rimembranza a Gerusalemme. Quel Giorgio Perlasca che, al termine della seconda guerra mondiale, tornò a vivere in Italia tacendo quanto aveva fatto e al quale solo dopo 45 anni venne riconosciuto un ruolo determinante nel salvataggio di migliaia di Ebrei di Budapest.
Attraverso le parole del figlio Franco, una platea numerosa e attenta, guidata dalla sapiente conduzione della prof.ssa Maria Raffaella Corrà, ha conosciuto un pezzo di storia, ha appreso come ci può essere una “banalità del Bene” speculare a una “banalità del Male”, ha udito testimonianze e ha dato un volto alle vittime e a chi ha agito per opporsi a una tragedia immane.
Franco Perlasca ha ricordato suo padre quasi con timidezza, ha parlato di quella sua scelta avventata, nella Budapest del 1944, di spacciarsi per console di Spagna e proteggere in questo modo cinquemila Ebrei destinati altrimenti ai campi di sterminio, e della sua incapacità di rimanere indifferente di fronte agli abusi e alle atrocità.
Una serata commovente, realizzata grazie all’impegno del prof. Giannico Tessari che da anni cura, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, gli eventi legati alla commemorazione del 27 Gennaio.
Alla domanda di Giovanni Minoli, che nel 1990 lo intervistò per Mixer, “Perché, signor Perlasca, ha deciso di raccontare la sua storia?”, Giorgio Perlasca rispose “Perché i giovani possano pensare a quello che è successo e sappiano opporsi a tutti i tipi di violenza”. Le parole di un Giusto delle Nazioni.
Ginevra Neri