Il comandante della Polizia Locale che faceva il cameriere, l’industriale che poco più grande di un bambino, tagliava i capelli per guadagnare una carta da mille lire. La manager che faceva l’animatrice ed il sindaco che si guadagnava le giornate libere dallo studio facendo il muratore. E ancora, c’è l’ingegnere che raccoglieva lattine o il veterinario che aiutava nei ristoranti. L’insegnante che ha fatto la postina ed il sindaco che lavorava in fattoria.
Gavetta? Lavori stagionali? ‘No grazie’. Stando a quanto si legge sulla stampa, questa sembra essere la risposta preferita di un nutrito numero di giovani che, nel periodo estivo quando le scuole sono chiuse o al termine di un percorso di studi, non accettano impieghi qualsiasi ma puntano dritto al loro obiettivo, sperando di diventare direttamente ‘manager’. Adolescenti o poco più, ieri come oggi, che proprio in virtù di questo rifiuto della gavetta, da giugno in poi rischiano di rimanere con le mani in mano a tirar sera, a tempo indeterminato. Eppure c’era un tempo, non troppo tempo fa, in cui il lavoro ‘stagionale’ era il sogno di ogni ragazzino, che non vedeva l’ora di tuffarsi nel mondo dei grandi e racimolare qualche soldo da spendere senza doverlo giustificare a mamma e papà. Lavoro stagionale o quello che era un inizio, in una realtà lavorativa a cui miravi per il futuro che doveva essere un principio di un percorso. Che anche se sottopagato era l’occasione per crescere.
Lo hanno fatto tutti, spesso lavori che non hanno nulla a che fare con la professione che avrebbero svolto da adulti e oggi, se c’è una cosa a cui ogni professionista ha insegnato qualcosa, è proprio quel lavoretto stagionale, svolto senza troppi pensieri, con il solo scopo di ‘fare qualcosa’ e guadagnare due soldi.
“A 14 anni ho fatto l’aiuto cuoco e il cameriere in un hotel a 3 stelle di Rimini – ha spiegato entusiasta Giovanni Scarpellini, comandante del Consorzio di Polizia Locale – In particolar modo pulivo il frigo e pelavo le patate. Ho imparato la manualità, ma soprattutto il rigore degli orari e dei doveri. Alle 12 la gente vuole mangiare, le patate devono essere pelate e cucinate in tempo. In ristorante devi guardarti intorno e capire cosa serve. Ho imparato che per risolvere alcuni piccoli problemi a volte basta un sorriso. Ma soprattutto, ho ricevuto una lezione di vita importantissima. Una volta ho risposto in modo sgarbato a dei clienti e la titolare mi ha costretto ad andare a scusarmi. L’ho fatto, spiegando le ragioni del mio atteggiamento e alla fine ne è nato un bellissimo rapporto di stima e amicizia che è durato negli anni”.
Loris Revrenna, vice commissario della Polizia Locale, ha lavorato in catena di montaggio alla Telwin e ricorda la sua mansione con affetto: “Mi ha insegnato le regole del lavoro e ho imparato l’organizzazione, le tempistiche, il rispetto dei compiti e dei ruoli altrui e la collaborazione”.
“Vendevo giornali in una edicola – ha raccontato il vice commissario Katia Dal Masetto con la voce che tradisce un’emozione palpabile – Credo che la mia passione per la lettura sia nata lì, mentre maneggiavo riviste e mi incuriosivo delle storie che mi passavano stampate tra le mani. Ma ho anche imparato molto. La riservatezza prima di tutto. Poi ricordo che una volta non ho tenuto il giornale per un cliente affezionato e ho ricevuto una ‘strigliata’. Da allora ho imparato a fare attenzione anche a quelle che possono sembrare piccole cose”.
Maria Teresa Sperotto, sindaco di Fara Vicentino, ha fatto l’apprendista alla Zolu, azienda di intimo. “Ho imparato a vivere e confrontarmi con gli operai e abbiamo instaurato rapporti che ancora oggi, a 30 anni di distanza, hanno la loro solidità. Una volta ho capitanato uno scherzo in una partita di intimo destinata al Vaticano. Per punizione mi hanno spedita a scaricare i camion e ho capito che nel lavoro non si scherza”.
A contatto con la natura invece il lavoro stagionale di Valter Orsi, sindaco di Schio: “Facevo le punture alla piante. Sono nato in una fattoria in provincia di Piacenza, dove c’era una produzione di pioppeti – ricorda il primo cittadino orgoglioso – Il pioppo ha un ciclo di 10 anni e viene attaccato da un tipo particolare di tarlo. In estate assumevano ragazzini che giravano tra i filari di pioppi con la scala in spalla e ogni volta che vedevamo delle macchie scure dovevamo raggiungere il punto, individuare il buco del tarlo e fare una puntura per eliminarlo”.
Sport e ‘procuratrice di divertimento’ sono stati l’insegnamento di Laura Locci, amministratore unico di Pasubio Tecnologia. “Vivendo in Sardegna, per 2 anni di fila ho fatto l’animatrice in un villaggio vacanze – ha spiegato felice – Ma l’esperienza più significativa l’ho fatta nel mondo dello sport. Facevo gare di corsa su strada e grazie ai miei buoni piazzamenti guadagnavo dei soldi per togliermi qualche sfizio, come scarpe, vestiti e vacanze. E poi allenavo i bambini, esperienze meravigliose”.
Chi considera Luigi Schiavo un imprenditore edile che si divide tra cantieri e congressi, faticherebbe ad immaginare che il suo lavoretto stagionale era di tutt’altra impronta. “Spazzavo capelli nel negozio del barbiere – ha raccontato ridendo – Mi piaceva tantissimo, perché riuscivo a guadagnare qualcosa ma soprattutto mi immergevo costantemente nel mondo degli adulti. Di lì passavano decine di uomini e io, che giravo lì intorno, li ascoltavo e fantasticavo su quei discorsi da grandi, cercando di farli miei. Poi, quando ho iniziato in cantiere, io ero l’addetto ai panini. Dovevo ricordarli tutti, me li scrivevo e poi andavo a prenderli. Alcuni me li ricordo ancora – ride – Il più complicato era con funghi trifolati, pancetta e formaggio verde. Parecchi anni dopo, un giorno, sono andato al bar e me lo sono ordinato, giusto per capire che sapore aveva”.
Andrea Cecchellero, sindaco di Posina, per arrotondare svolgeva un’attività insolita: “Raccoglievo lattine e le rivendevo a peso”.
Nicoletta Buzzacchero, estetista, ha cominciato a lavorare a 7 anni. “Altro che vacanze estive – ha spiegato ridendo – Mia mamma mi metteva uno sgabellino nel suo negozio di parrucchiera e io lavavo i capelli delle signore. Praticamente non ho mai smesso, fino a che non ho aperto la mia attività”.
“Ho lavorato al bar durante gli studi, ma soprattutto guadagnavo qualcosa giocando a calcio”, ha detto Carlo Cunegato, consigliere comunale a Schio insieme a Giorgio De Zen, anche lui impegnato con il mondo del calcio. “Per arrotondare quando studiavo facevo l’arbitro – ha spiegato De Zen – E’ stata un’esperienza fantastica, fortemente educativa e formativa. Sopra tutto mi ha insegnato a prendere decisioni in tempi rapidissimi e ad essere obiettivo”.
La thienese Maria Gabriella Strinati, vice sindaco, assessore alla Cultura ed insegnante, ha svolto lavori stagionali nel mondo della scuola. “Al liceo davo ripetizioni ai ragazzi delle scuole medie, poi all’università le davo ai ragazzi del liceo. Lavoretti che per me sono stati molto importanti, non solo dal punto di vista economico, ma anche perché ho imparato ad insegnare. Ho scoperto che era un lavoro che mi piaceva moltissimo e con i soldi che avevo messo da parte ho abbellito l’appartamento che avevo affittato a Padova durante gli anni dell’università”.
Fabrizio De Stefani, direttore del Servizio veterinario di Igiene degli Alimenti della Ulss 7 Pedemontana, ricorda con nostalgia i suoi lavori stagionali svolti durante gli studi: “Quando ero a casa davo una mano in trattoria dai miei genitori – ha raccontato – Poi il pomeriggio arrotondavo (ride a crepapelle) per mantenermi all’Università giocando a scopa con dei personaggi della Conegliano bene di allora. Erano davvero delle schiappe irriducibili”.
Federica De Pretto, presidente Enpa della sezione Thiene-Schio, come lavoro stagionale ha fatto la postina. “Poi però ho iniziato ad insegnare che ero molto giovane, perchè ho vinto presto il concorso – ha raccontato – Sono state tutte esperienze di vita che mi hanno fatto conoscere il mondo, molto importanti. Adesso fatico a trovare grandi insegnamenti”.
Ha sempre lavorato nell’azienda di famiglia Pietro Sottoriva, presidente di Confindustria Altovicentino. “Se da un lato devo dire di essere stato comunque in una condizione privilegiata, non posso nascondere che ho sempre lavorato. Ho studiato come perito elettrotecnico e mio padre, per formarmi e tenermi sotto controllo, mi ha allestito in casa una stanza di montaggio, con tanto di banchetto e strumenti per i macchinari – ha spiegato grato dell’esperienza – Montavo i quadri elettrici delle macchine che facciamo noi con i componenti che mi portavo a casa. E’ stata una grande lezione di vita, perchè pur lavorando da solo dovevo essere molto preciso, concentrato, dovevo seguire un processo di montaggio e rispettare i tempi di consegna. Dal mio lavoro dipendeva quello di altre persone che avrebbero assemblato i componenti dopo di me, per cui c’era poco da rilassarsi. Se ripenso a quel periodo – ha concluso – mi rendo proprio conto di avere imparato che anche i lavori che sembrano i più semplici, come avvitare viti nel mio caso, devono essere fatti bene altrimenti il tuo collega avrà problemi e magari ne avrà anche il cliente”.
Commesso in un negozio di abbigliamento è stato il lavoro stagionale di Cristian Farinea, segretario mandamentale di Confartigianato Thiene. “Ho imparato moltissimo – ha spiegato – soprattutto a rapportarmi con gli altri. Anche perché io ero un bambino molto timido e il fatto di dovermi relazionare in modo diverso e più aperto di quanto avrei fatto seguendo il mio istinto naturale, mi ha costretto a combattere la mia timidezza. E poi ho imparato a mettere da parte i soldi per comperare quello che mi interessava. Ma la lezione principale è stata che non sempre puoi fare quello che ti piace e che ogni tanto devi mandare giù e fare pure quello che non ti piace altrimenti vieni rimproverato”.