“Un caso di enorme fragilità emotiva e profonda solitudine, la condizione economica in questi casi c’entra poco, forse nulla”.
E’ il commento che Alberto Leoni si sente di fare in merito al bimbo di tre mesi abbandonato dalla mamma domenica scorsa tra le braccia dei Carabinieri di Schio.
Leoni è il Direttore dei Servizi Sociali dell’Ulss 4 e di casi delicati e tristi nella sua scrivania ne ha visti a valanghe. Nonostante questo, appena sentito che un piccolo di appena tre mesi, figlio di una residente nell’Alto Vicentino, si è ritrovato solo al mondo in balìa della burocrazia che tutela i minori, ha commentato “a casi così non ci si abitua mai”.
Leoni, un piccolo di tre mesi è stato abbandonato. Nell’Alto Vicentino non si sentono spesso questi casi…
Purtroppo sono cose che succedono e sono sempre successe. Diciamo che, visti tutti i terribili gesti che molti genitori usano per ‘disfarsi’ delle loro creature e dei quali veniamo a conoscenza da giornali e televisione, io sono d’accordo con il medico che ha preso in cura il piccolo e dico che questa madre ha dimostrato di voler proteggere suo figlio dopo aver maturato la consapevolezza di non essere in grado di occuparsene. Ci ha provato, ma ha capito di non farcela.
Abbandonare un figlio è contro natura. Secondo lei, alla base di un gesto così drastico, che motivazioni ci sono? Economiche? Magari legate alla crisi nel lavoro…
Secondo me qui la sfera economica c’entra poco. Io penso che la motivazione reale sia una profonda fragilità interiore che rende alcune persone inadatte al ruolo genitoriale. Manca la consapevolezza di cosa significa avere dei figli, educandoli e facendoli diventare adulti.
E’ giusto che in questi casi intervengano i Servizi Sociali e si prendano in carico i bambini?
Certo. I servizi devono tutelare i minori. In questo caso la mamma ha chiesto aiuto per accudire un bimbo di cui lei non si poteva occupare. Ha chiesto aiuto a qualcuno che lei riteneva essere migliore di lei nei confronti del piccolo.
Com’è la situazione dei minori in difficoltà nell’Alto Vicentino?
Ci sono ora duecento famiglie che vengono monitorate perché riconosciute in stato di difficoltà. Ci sono magari anche problemi economici, ma principalmente si tratta di mancanza di risorse interiori. Sono pochi i casi che hanno le difficoltà economiche come causa scatenante dei problemi familiari. Abbiamo 50 minori allontanati dalle famiglie, 20 sono in comunità educative e 30 in case famiglia. Spesso si sente parlare di differenze di trattamento tra italiani e stranieri, sottintendendo che gli stranieri hanno più diritti. E’ in effetti così?
Non c’è nessuna differenza. Tutti vengono trattati nello stesso modo e nei bilanci dei Comuni non esistono differenze, si guardano le persone. Però non bisogna confondere i profughi con gli extracomunitari arrivati in un contesto economico florido e per volontà di imprenditori che richiedevano la loro forza lavoro. Per loro ci sono le stesse regole, manca però la modalità di comprensione e qui intervengono i Servizi Sociali.
Ci spiega meglio?
Per alcuni stranieri ad esempio, per loro formazione culturale, picchiare i figli è un sistema correttivo. Altri non vogliono che le mamme vadano a scuola a parlare con i professori dei figli perché lo considererebbero un ‘attentato’ all’autorità maschile. A questo punto servono le associazioni di mediazione interculturale, soprattutto per tutelare i bambini.
Quello che ha colpito in questo caso è che la mamma fosse italiana. Si tende a pensare che, essendo nativi del territorio, si possa godere di una rete famigliare che protegge e di una situazione economica più solida.
Il problema è proprio questo. La situazione delle famiglie oggi è capovolta rispetto ad anni fa. Le famiglie oggi sono troppo esigue, molte coppie non hanno nemmeno un figlio o uno solo. Non ci sono più le famiglie ‘allargate’ di una volta, dove c’erano fratelli, sorelle, nonni e parenti vari. In casi di difficoltà c’era una rete parentale in grado di sostenere la persona in difficoltà, ora questo non esiste più.
Se pensiamo al lato economico, com’è cambiata la povertà negli ultimi anni?
Oggi siamo più ricchi in termini di soldi, ma siamo più poveri emotivamente, questo è un dramma molto serio.
Da come lo dice pare essere un problema per il futuro…
Questa è una bomba a orologeria sulla quale siamo seduti. E’ un fenomeno gravissimo destinato a crescere nei prossimi anni. Dicevo, oggi siamo più ricchi economicamente, ma molto più poveri in termini di sostegno e rete famigliare. Il Veneto è più povero, ma non è una terra povera. Però siamo molto più soli e i nuclei famigliari ne risentono, diventando sempre più fragili.
I Servizi Sociali sono all’altezza di stare al passo con una simile problematica?
La politica si deve basare sulla costruzione di reti, non sui soldi. La solidarietà è semplice, ma è molto efficace. In passato questo succedeva e deve essere recuperato. I tagli imposti dallo stato ci saranno, è inutile negarlo, per cui ci si deve organizzare. Le famiglie affidatarie si dovranno fare carico delle persone in difficoltà. Pensiamo a una cosa semplice: quante volte sentiamo di persone che muoiono sole e vengono trovate settimane dopo il decesso? Ecco, anni fa questo non sarebbe successo.
Come si evolveranno i Servizi Sociali?
Sono destinati a cambiare e il modello ideale è quello del ‘welfare generativo’. Significa: io ti aiuto a diventare autonomo, ma tu devi dare qualcosa in cambio. In questo modo si crea un circolo virtuoso. Avremo meno soldi da investire nel sociale, ma più impegno e maggiori risorse dedicate alla risoluzione dei problemi.
Questo piccolo abbandonato domenica scorsa, troverà velocemente una famiglia?
Sì. Le richieste per adottare bimbi italiani sino tante e i bambini sono pochi. Per essere adottabili è necessaria la revoca della patria potestà e questo è il caso del piccolo in questione. Io penso che si debba vedere il lato positivo di questa storia: la mamma ha compiuto un gesto tragico e disperato ma probabilmente ha aperto al bambino le porte per una vita migliore.
Anna Bianchini