Trovare se stessi dall’altra parte del mondo. E’ la storia di Chiara Veronese, ventisei anni e originaria di Arsiero, che di fronte a frasi preconfezionate come “Non devi per forza andare così lontano” e “Non è giusto che tu lo faccia proprio ora” ha preparato una valigia carica di determinazione ed è partita a testa alta alla volta delle Filippine.
Sette fusi orari e 18 ore di volo separano la capitale italiana da quella filippina di Manila, e occorrono poi altre 10 ore di auto per raggiungere Calabanga, meta finale del suo viaggio. Ma la Chiara di 4 anni fa non si è lasciata intimorire da questi numeri, forte della consapevolezza di andare incontro a ciò che “doveva essere per lei e non poteva essere altrimenti”.
Il colloquio con le famiglie coinvolte è fondamentale per arginare il rischio che il sostegno finanziario venga interpretato da chi lo offre come un bonifico da versare mensilmente in modo meccanico, quando in realtà consiste per chi lo riceve in una nuova opportunità di vita. ‘Allo stesso modo – continua Chiara – mi prendo il tempo di conoscere i bambini e monitorare sia il loro comportamento sia il loro andamento scolastico per comunicarlo alle famiglie in Italia, attenta che questi dimostrino di meritarsi il sostegno che ricevono’.
Sono ormai quattro le volte in cui Chiara si è imbarcata su quell’aereo con l’illusione che il viaggio potesse magicamente durare meno della volta precedente, impaziente di arrivare nella sua cameretta, sistemata in un appartamento all’interno dell’area scolastica. Eppure è salda nella sua mente la sensazione del primo contatto con la Terra filippina. ‘Ricordo il respiro infernale che mi ha invaso i polmoni quando si sono aperte le porte dell’autobus che dalla pista di atterraggio lascia i viaggiatori all’aeroporto. Per i primi giorni il caldo e la stanchezza non mi davano pace, ma non ho mai avuto ripensamenti’.
L’accoglienza ricevuta è stata sin da subito tale da non far mai pesare a Chiara la mancanza di ciò che aveva lasciato ad Arsiero, in primis la famiglia, ma anche gli amici, le riunioni organizzative tra animatori e gli incontri settimanali con i gruppi parrocchiali. ‘Al contrario di come si comportano alcune persone nel nostro Paese nei confronti dei migranti, io, alta, con il naso sottile e la pelle bianca, tra persone basse, con il naso largo e la pelle dorata, mi sono sentita diversa, sì, ma mai straniera’.
E’ emblematica la reazione degli altri giovani insegnanti della scuola. ‘Avevano il timore di relazionarsi con me, ma non perché mi disprezzassero, anzi, nutrivano per me una sorta di venerazione, quasi fosse insito nella popolazione filippina un residuo storico di inferiorità’. E’ spettato a Chiara l’ingrato compito di abbattere tale barriera e mostrare la vera sé, priva di quell’aurea da supereroina di cui era stata investita, e quando ciò è accaduto le persone si sono innamorate di lei e lei di loro.
Viene allora in aiuto la lingua inglese che individua due termini con il significato di “casa”: “house” e “home”. Tuttavia i due non sono sinonimi in quanto il primo fa riferimento a una qualsiasi abitazione, il secondo invece all’amore e all’affetto della famiglia che sta al suo interno. Ecco, Chiara ha trovato nelle Filippine una nuova “home”.
Eleonora Sartore