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Altopiano di Asiago. Invasione di cinghiali e peste suina: ecco come salvare allevamenti e pascoli

Contenere i danni al mondo agricolo causati dai cinghiali, ma anche contrastare in modo efficace la diffusione di peste suina e dare risposte ad agricoltori e allevatori che con l’arrivo della bella stagione dovranno portare i loro animali al pascolo in Altopiano e potrebbero trovare gran parte del territorio devastato dai cinghiali.

Il problema esiste, viene denunciato da tempo e la peste suina, il cui primo caso in Italia è stato rilevato in Piemonte a inizio gennaio, è solo una ulteriore preoccupazione.

Per spiegare cosa fare. La Ulss7 Pedemontana ha organizzato a Lusiana Conco un incontro tra dirigenti del settore sanitario, allevatori e addetti ai lavori, per illustrare il protocollo per il prelievo e la consegna di campioni biologici per analisi di laboratorio dei cinghiali.

Un protocollo nuovo, che mira anche ad abbassare i costi per i cacciatori di cinghiali, che fino a ‘ieri’ dovevano portare la carcassa intera sostenendo spese impegnative.

Esiste un piano di controllo per i cinghiali, un piano di eradicazione “di questa specie alloctona che continua a procurare ingenti danni a coltivazioni e pascoli e che in questo momento rappresenta una serissima minaccia per l’introduzione della peste suina africana anche nell’Alto Vicentino, con il rischio che se, dall’ambito silvestre riuscisse a penetrare nel circuito zootecnico (allevamenti suini) provocherebbe una vera catastrofe per il settore con blocco delle esportazioni di uno dei settori più importanti del Made in Italy con ripercussioni economiche pesanti e problemi per l’occupazione di migliaia di addetti”.

L’incontro, che si è tenuto nel municipio di Lusiana , è stato preceduto da un incontro tecnico pratico, molto partecipato, nel piazzale del macello Ronzani di Lusiana, con dimostrazione da parte dei veterinari del Servizio di Igiene degli Alimenti della Ulss7 Pedemontana.

I veterinari hanno spiegato come procedere al prelievo di muscolo, milza, reni ed altri organi da alcune carcasse di cinghiale (per la dimostrazione è stato usato un ‘cinghiale didattico’) che erano state messe a disposizione dagli stessi cacciatori e selecontrollori.

Nel corso dell’incontro introdotto dal dottor Emanuele Pernechele della Regione Veneto, sono state presentate le relazioni dei direttori dei tre servizi veterinari della Ulss7 Pedemontana che hanno fatto il punto sia sul controllo igienico sanitario che deve essere messo in atto sulle carni della selvaggina cacciata e destinate all’autoconsumo e alla cessione non commerciale di piccoli quantitativi a dettaglianti e ristoratori, sia sono state fornite puntuali informazioni per impedire di spargere nel territorio il temibile virus dalla PSA (Peste suina africana) nel caso di riscontro di carogne di cinghiali morti o di rilievo di situazioni anomale in organi interni in seguito allo sventramento delle carcasse dei capi abbattuti.

“Cambiarsi gli abiti e le scarpe e riporre quelli usati in un sacco chiuso per poi sanificarli, avere con sé una tanica d’acqua e dei disinfettanti per sanificare le mani e braccia prima di salire in auto, un kit per l’eventuale prelievo di organi e la raccomandazione di fare foto e fissare la posizione con il gps dello smartphone da inviare in caso di sospetto al numero whatsapp del servizio veterinario di igiene degli alimenti dell’Ulss7”, è la raccomandazione di fabrizio De Stefani, direttore del Servizio Veterinario d’Igiene degli Alimenti dell’azienda sanitaria locale.

La preoccupazione degli allevatori

“Siamo preoccupati” è la voce comune che arriva dagli allevatori dell’Alto Vicentino e non solo. A farsi portavoce è Martino Cerantola, presidente di Coldiretti Vicenza, che ha ribadito la preoccupazione dei coltivatori e degli allevatori per i danni subiti a causa delle sempre più frequenti incursione di branchi di cinghiali sempre meno timorosi della presenza dell’uomo e dell’ansia che vive il settore suinicolo e la filiera delle carni suini in questo frangente.

La peste suina africana potrebbe infatti comportare il blocco delle esportazioni.

Il parere del direttore

“L’incontro di ieri sera con i cacciatori e selecontrollori della Pedemontana vicentina ci ha sorpreso per la partecipazione, l’interesse e l’apprezzamento mostrato dagli intervenuti, per la maggior parte cacciatori e selettori, ma anche organi di polizia venatoria, rappresentanti di categoria, a dimostrazione che i veterinari pubblici sanno generare un flusso di valore culturale per indirizzare percorsi di provata efficacia sanitaria che troppo spesso si trascura”.

Il problema della peste suina: “Virus introdotto dall’uomo, la densità degli animali non incide sulla sua persistenza”

La comparsa del virus della Peste suina africana “è totalmente indipendente dalle densità delle popolazioni di cinghiali”. E’ quanto si legge nei chiarimenti pubblicati da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). “Le popolazioni di cinghiale infette più vicine all’Italia vivono a diverse centinaia di chilometri di distanza (nell’est europeo). La comparsa dell’infezione nel cinghiale in Piemonte e Liguria è sicuramente dovuta all’inconsapevole introduzione del virus da parte dell’uomo”.

Secondo Ispra, inoltre,”’l’elevata densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della Peste suina africana. La notevole resistenza del virus nell’ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissime”.
Ispra ricorda che nella fase d’emergenza nella quale viene delimitata l’area infetta “è fortemente consigliato evitare qualsiasi attività che possa causare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus, sia in modo diretto, aumentando la mobilità di eventuali cinghiali infetti, sia in modo indiretto, come effetto della contaminazione di indumenti, scarpe, materiali e veicoli. Secondo le simulazioni effettuate, per poter rallentare significativamente la diffusione della Peste suina africana si dovrebbe rimuovere nel brevissimo periodo la quasi totalità della popolazione di cinghiale (circa il 90%), obiettivo irrealistico da raggiungere nella gran parte dei contesti presenti sul territorio nazionale”.

di Redazione Altovicentinonline

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