L’arte come forma di conoscenza, intuitiva, sublime. L’arte che cambia nel tempo, che crea domande e curiosità, che ci osserva mentre noi la osserviamo. Ma anche progetto tangibile, che si studia a tavolino e sgorga da un’anima nata e cresciuta nel nordest veneto, impregnata di concretezza.
L’arte di Chester Stella è un linguaggio nuovo, una forma di scrittura sconosciuta, “a volte indecifrabile anche per me”, che unisce la praticità dell’occidente con la poesia dell’oriente, le industrie e l’operosità del vicentino con il mare inquieto e lo sconfinato verde dell’Indonesia.
Una chiacchierata con l’artista più famoso di Thiene è un viaggio senza meta, intriso di punti interrogativi e di domande che costringono a lunghe riflessioni.
Si parte seduti su un divano in pelle rosso posizionato in salotto, circondati da libri che incutono il timore di non essere all’altezza della discussione, poi ci si addentra nello sviluppo industriale del vicentino e si prosegue parlando degli déi che la notte planano sulle spiagge di Bali per infondere poesia. Non si sa dove si finirà, ma c’è una certezza: l’arte è una cosa vera, un prodotto figlio di un progetto.
Chester Stella è seduto in salotto, con la sigaretta in bocca e davanti un tavolo pieno zeppo di pietre di forma ovale, di tante misure, che sono il segno del tempo.
Chester Stella, che cos’è l’arte?
L’arte è una forma di scrittura, intuitiva. Rende comprensibile la fantasia, fa conoscere l’intuizione. L’arte cambia con il tempo. La mia arte è una forma di scrittura che a volte è sconosciuta anche a me. L’arte stessa è scrittura e grazie alla scrittura l’uomo è passato dalla preistoria alla storia.
La parola ‘arte’ evoca un concetto astratto, in realtà ha un ruolo molto concreto allora?
L’arte è concreta. E’ una produzione reale che nasce da un ragionamento, da immagini, da sensazioni. Non nasce da sola, ma da un insieme di fattori che si fondono e contribuiscono a trasformare un concetto in una espressione vera, concreta.
Come nasce un quadro?
Io dipingo in due contesti diversi e in base a dove mi trovo nascono opere diverse. Quando dipingo a Thiene sono fortemente influenzato dal contesto pragmatico in cui vivo. La fantasia si muove all’interno di schemi, è più ordinata e organizzata, ci sono etichette a cui rispondere. L’etichetta comunque non è una cosa negativa: è una forma di forza, significa rispetto, significa che non c’è bisogno di buttarsi perché si naviga già all’interno di un contesto di riconoscimento. A Bali invece scendono gli déi di notte ad ispirare, il disegno è più istintivo. A Bali la gente vede i fantasmi, sente le voci, fare arte significa coniugare un turbinio di emozioni e di spirito. A volte si va anche fuori dagli schemi, ci si spinge ‘oltre’, viene tutto fatto in base alle esigenze dello spirito, o degli spiriti.
Quando si mette a dipingere improvvisa? Butta giù linee di getto?
No, in testa ho sempre un progetto, Forse questo lo devo al mio essere veneto. So da dove parto e dove voglio arrivare, anche se poi naturalmente, lungo il percorso di creazione, la fantasia irrompe e ci mette lo zampino. Ma il progetto, che implica anche un punto d’arrivo, c’è sempre.
Che cosa significa essere un artista?
Mi rendo conto che essere un artista crea soggezione nelle persone che interagiscono con l’artista. Molte volte mi capita, di proposito, di usare parole non corrette, o del tutto sbagliate, per vedere la reazione delle persone intorno a me. Mi sono accorto che tutti tacciono, nessuno mi corregge. Immagino che pensino che siccome sono un artista mi sia concesso sbagliare e parole. Questo mi fa sorridere, ma mi fa anche riflettere sul ruolo dell’arte, sull’impatto che ha sulle persone. Le parole non sono un semplice strumento di comunicazione, aiutano a conoscere.
Che mi dice dell’arte religiosa?
C’è una grandissima differenza tra i vari tipi di religione. Nelle nostre chiese ad esempio c’è una grandissima presenza di figure umane, mentre nelle moschee e nelle sinagoghe c’è tanta scrittura. Ci sono frasi religiose, disegni, mosaici, preghiere, ma non figure umane. Nelle nostre chiese invece ci sono santi, c’è Gesù, la Madonna. Questo ci fa capire che la misura di Dio è l’uomo, l’uomo vede l’universo a sua disposizione, si è posto al centro dell’universo. Lo esprimeva bene Leonardo, con l’uomo vitruviano posto al centro del cerchio.
L’arte genera più domande o più risposte?
A mio avviso l’arte è continua interrogazione. Quando osserviamo un’opera d’arte ci interroghiamo ma anche l’opera ci guarda. E’ uno scambio reciproco. Diamo risposte e facciamo domande, sull’arte stessa, su quello che vediamo, su noi stessi. E’ riflessione costante, interscambio. L’arte unisce lo spazio e il tempo, concetti che di per sé sarebbero in antitesi. La pittura si occupa dello spazio, la musica del tempo, ma la tonalità unisce le cose: un giallo può essere squillante, io posso sentire un ‘pigolio di stelle’. I colori fanno rumore, i suoni si possono dipingere. La mia pittura è questo, questo è il risultato del mio progetto. L’arte aiuta ad arrivare alle risposte, perché stimola a porsi delle domande.
Lei, Chester Stella, se ne sta seduto lì, dietro questo tavolone di pietre ovali. Che significato hanno?
Sono il segno del tempo, l’evoluzione dell’uomo. L’unione tra passato e presente. Le pietre di per sé sono squadrate, è il tempo che le leviga. L’acqua, la sabbia. L’uomo che cerca la stabilità è passato da abitazioni di tipo rotondo, che identificano le popolazioni nomadi, in case quadrate, che indicano stabilità. Poi il tempo smussa gli angoli, rende morbide le linee.
Il prossimo progetto?
Sto realizzando un’opera con dei sassi dipinti, posti nel letto di un fiume. Il tempo li cambierà. Alle future generazioni arriveranno modificati, segnati dalla vita.
Lei sembra umile, in realtà ha una personalità forte, decisa.
Sono un uomo che vive nel presente, ma consapevole del passato e della sua storia. Lo studio, la scienza, ci ha portati da un passato di ignoranza ad uno di conoscenza. Nel futuro c’è sempre una progressione, un qualcosa di migliore, che presuppone maggiore consapevolezza, più mezzi per approfondire. Ma io vivo il qui e ora.
Lei fatica a parlare di soldi quando parla dei suoi quadri. Eppure gli artisti, e ce lo insegnano personaggi come Leonardo Da Vinci e Michelangelo, fanno arte per vivere… La gente acquista un’opera perché vuole il privilegio di poterne godere.
E’ vero. A volte fatico a vedere il lato pratico. C’è un motivo. Io ci metto cuore e cervello. Ogni tessera di un mio quadro contiene il quadro stesso. Ci metto tutta la mia curiosità, come Ulisse che voleva andare oltre le Colonne d’Ercole per vedere al di là. Mi nutro delle mie contraddizioni.
Anna Bianchini