Nel percorso di industrializzazione dell’Italia, Schio emerge tra i primi centri di sviluppo come importante polo specializzato nella produzione della lana. L’attività laniera era radicata da tempo nell’economia locale. Già dal XII secolo, la lavorazione della lana affiancava l’agricoltura all’interno delle famiglie, contribuendo così all’acquisizione di competenze tecniche, alla circolazione di capitali, allo sviluppo del commercio e alla nascita di abilità imprenditoriali.

La trasformazione di Schio da borgo artigianale a centro industriale ebbe inizio nella prima metà del Settecento, quando Venezia autorizzò la produzione di tessuti pregiati e sorsero i primi stabilimenti. Una svolta significativa fu rappresentata da Alessandro Rossi, figura chiave dell’industrializzazione italiana, che spinse per la modernizzazione introducendo innovazioni tecnologiche che permisero a Schio di colmare il divario con le più avanzate aree industriali europee.

Molte delle tracce ancora presenti sul territorio di Schio risalgono all’epoca di Alessandro Rossi, poiché l’imprenditore realizzò numerose opere di infrastrutturazione e creò una vasta rete di istituzioni e servizi volti a gestire la crescente forza lavoro. Questi interventi, di epoche diverse, costituiscono oggi il patrimonio di archeologia industriale della città di Schio.

L’antica area industriale Lanerossi si estende a nord-ovest della Città di Schio su una superficie di circa 13 ettari all’interno della quale colpiscono l’antico Lanificio Francesco Rossi e la cosiddetta Fabbrica Alta.
Quest’ultima è un imponente opificio, unito in senso ortogonale rispetto al Lanificio Francesco Rossi, di elevato valore monumentale, sociale ed urbanistico nel contesto territoriale della seconda metà dell’Ottocento. Essa è l’emblema dell’archeologia industriale veneta e chiara dimostrazione del primo sviluppo industriale italiano. Non a caso l’editore Einaudi la scelse come copertina del volume dedicato al Veneto nella sua collana “Storia d’Italia. Le Regioni dall’Unità a oggi.”

Fabbrica Alta

Fabbrica Alta venne progettata nel 1861 durante il soggiorno a Schio dell’architetto belga Auguste Vivroux. Segue il modello multipiano europeo e fu dotata di moderne tecnologie e macchinari. Con il Belgio e soprattutto con la Città di Verviers il committente, Alessandro Rossi, ebbe molti rapporti d’affari ed importanti amicizie.

L’edificio è lungo 80 m, largo oltre 13 m, cinque piani più seminterrato e sottotetto. Conta 330 finestre, 52 abbaini ed un’alta ciminiera di forma quadrangolare con elegante fastigio. In ogni piano si estendono immensi saloni divisi in tre campate da 125 colonnine di ghisa, ognuno dei quali ospitava una diversa fase della lavorazione della lana.

La forza motrice per il funzionamento dei macchinari era prodotta, prima dell’avvento dell’energia elettrica, e poi da una macchina a vapore importata dall’Inghilterra. Il materiale usato per la costruzione è principalmente laterizio e pietrame ricavati dal territorio. Si notino le testate delle putrelle di ferro dei solai a forma di piccoli rosoni, il diverso impiego del cotto nel contorno delle finestre, le fasce marcapiano e il motivo romboidale del fregio sottotetto.

Tra il 1966 e il 1967 l’edificio è stato dismesso trasferendo il ciclo produttivo nei nuovi capannoni della zona industriale di Schio, mentre rimasero ancora per alcuni decenni le funzioni amministrative della Società.
Dal 2013 l’edificio è di proprietà pubblica.

Lanificio Conte

Il lanificio Conte è tra i più antichi opifici esistenti in Città e la prima memoria scritta risale al 1757. Inizialmente Giovan Battista Conte procurava la materia prima agli artigiani della zona e successivamente il figlio Antonio acquista un laboratorio esistente lungo il corso della Roggia e diventa egli stesso imprenditore.

L’area delimitata dalla mura visibile lungo Via XX Settembre, ora edificata con nuovi edifici, apparteneva alla famiglia e si estendeva su una superficie di tre ettari nella quale erano presenti l’opificio originale, la residenza e il parco padronale.

L’edificio più antico, tuttora visibile e adiacente al complesso restaurato, è disposto lungo il corso della Roggia Maestra. La facciata, realizzata in cotto e pietrame, presenta finestre ad arco ribassato contornate da mattoni, mentre sul tetto è ancora visibile la campanella che scandiva i turni di lavoro. Unito a questo antico fabbricato s’innalza lo stabilimento costruito dal 1866 al 1884, distribuito su quattro piani con struttura in ghisa e tavolati di legno. Nel 1929 venne addossata all’edificio ottocentesco preesistente l’orditura in cemento armato e vetri con torretta sommitale adibita a contenere due serbatoi d’acqua. Degno di nota, nel 1883, appena 4 anni dopo l’invenzione della lampada Edison, il lanificio introduceva, tra i primi in Italia, l’illuminazione elettrica.

 

Monumento al Tessitore

L’opera scultorea si innalza ai piedi del Duomo e al centro di Piazza Alessandro Rossi. La statua, realizzata dallo scultore piemontese Giulio Monteverde nel 1879, fu commissionata dall’industriale tessile scledense Alessandro Rossi. Egli desiderava dedicare il monumento alla memoria della nostra concordia, ai suoi operai per i 40 anni passati in mezzo a loro.

L’opera venne inaugurata il 21 settembre 1879. La Città tutta era in festa, decorata di bandiere, tappeti e ghirlande di fiori e con la presenza di numerose delegazioni italiane di lavoratori tessili. La statua era originariamente situata nel crocevia dei viali Pietro Maraschin e Alessandro Rossi, di fronte all’ingresso dell’Ottocentesca area manifatturiera. Nel 1945, dopo varie traversie, il monumento venne trasferito in Piazza A. Rossi, nel cuore dell’attuale centro storico. Insieme alla Fabbrica Alta, il monumento al Tessitore è diventato un simbolo significativo, tanto da essere confidenzialmente chiamato dai cittadini scledensi l’Omo.

a cura di Pedemontana Vi

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