“Giorgia Meloni ci mette la faccia. Antonio Tajani capisce di moda. E poi per il Made in Italy c’è Adolfo Urso”. Da Tokyo Renzo Rosso spende parole di grande stima per il nuovo governo. Proseguo con loro il lavoro avviato per Confindustria con Draghi”, ha spiegato a Milano Finanza il numero uno del gruppo Otb, volato nel Sol Levante per l’evento Marni. Che è stato festeggiato la sera prima dello show, con un appuntamento speciale organizzato dall’ambasciatore Gianluigi Benedetti nella residenza dell’ambasciata italiana nella capitale nipponica. Quando Milano Finanza gli ha chiesto se avesse incontrato la premier Meloni ha risposto: “Non l’ho ancora incontrata, dovevo farlo il lunedì che hanno arrestato Matteo Messina Denaro ma lei è volata a Palermo. Allora ho incontrato Adolfo Urso (ministro delle imprese e del Made in Italy, ndr) e Antonio Tajani. Comunque ci sentiamo al telefono, un minimo di rapporto c’è. Non voglio disturbarla ma quel poco che serve c’è”.
Il Giappone degli anni ’80, da Diesel al lusso
Marni è il marchio del lusso che è andato affermandosi in Giappone e nel resto del mondo, e dal 2012 parte del gruppo OTB (Only the Brave), la holding di Renzo Rosso che detiene già numerose griffe tra cui Diesel. “Prima era un brand molto bello, 50 up, e con l’arrivo del direttore creativo Francesco Risso abbiamo cominciato a inglobare le nuove generazioni – spiega Rosso all’Ansa.
“Stiamo diventando un brand particolarmente ammirato dalle celebrities e del mondo rapper, soprattutto in America”.
L’imprenditore veneto, tra i pionieri dell’abbigliamento italiano in Giappone, arrivato a Tokyo agli inizi degli anni ’80, ripercorre il suo progresso travolgente all’estero con Diesel e l’avvio del contemporary – il mondo a cui dice di appartenere: “È l’evoluzione per chi non può accedere al ramo del lusso, ma vuole una cosa bella, una cosa fashion”. Ad oggi il Giappone rappresenta circa il 23,5% del fatturato totale dell’intero gruppo, e la popolarità di Marni ha consentito di siglare importanti collaborazioni con la Fast Retailing di Uniqlo, capofila del mercato, sia per i profitti che per volume di vendite. A nord dell’arcipelago non destano particolari timori gli sconvolgimenti causati dal conflitto in Ucraina negli ultimi 12 mesi: “La Russia per noi è un mercato molto piccolo, rappresenta il 2-2,5% del business e ci atteniamo a quelle che sono le leggi e le istruzioni”, dice Rosso.
“Ovviamente ci dispiace molto della guerra e ci auguriamo che finisca prima possibile. È un Paese potenzialmente ricco, la sua popolazione interagisce col mondo intero e se è vero che nel mio business il contributo è limitato, a livello globale e in tutti gli altri settori la Russia rimane un mercato sicuramente importante”. Avanti anche con gli sforzi per la riduzione dell’impatto sull’ambiente in fase di produzione, una condizione da cui non si può più prescindere, afferma Rosso: “Abbiamo formato il ‘Fashion Pact’ e nel 2030 vogliamo essere totalmente sostenibili, e ci stiamo arrivando. Abbiamo fatto l’audit di tutte le strutture a noi collegate perché ci interessano le condizioni di lavoro, come vengono trattati gli impiegati.
Vorrei che il concetto di sostenibilità fosse un modo di pensare giornaliero: prendere un tessuto e riciclarlo non vuol dire niente. Bisogna cercare di usare meno acqua nei trattamenti, ad esempio con i denim siamo arrivati a risparmiare il 90% in meno di acqua. La plastica da noi è quasi sparita, e quello che usiamo è riciclata. Per i tessuti che compriamo oggi chiediamo di ottenere le certificazioni dei processi di trasformazione. E poi abbiamo investito molto nel campo legale perché è un lavoro complesso e la sostenibilità costa. Ecco perché mi piace il mondo del lusso: ci sono più margini e puoi permetterti di fare un brand con prodotti più sostenibili, come vogliono le nuove generazioni”. (ANSA).