Se ogni visitatore avesse portato una pietra, oggi là sulla collina al centro del borgo “Il Castello che non c’è” avrebbe ricominciato a prendere forma. Nei fine settimana degli ultimi sei mesi i cittadini di Schio, e non solo, hanno assicurato una partecipazione convinta e interessata al progetto espositivo incentrato sul Medioevo altovicentino, ospitato nell’ottocentesco Lanificio Conte: ad oggi sono circa cinquemila i biglietti staccati, fra live show e spettacolo con i VR, con punte di oltre cento visitatori al giorno nei fine settimana da settembre in poi. Per chi non ha ancora fatto l’esperienza, virtuale, di un salto di 8 secoli nel passato c’è ancora l’occasione offerta dal sabato e domenica in arrivo, gli ultimi in cui l’esposizione sarà aperta. Poi la chiusura con un grande evento: naturalmente improntato all’età di mezzo. Sarà infatti il reading teatralizzato “La guerra dei Maltraversi”, in scena domenica 10 novembre alle 19 nello Spazio Shed di via Pasubio.
A partire dal 6 aprile scorso, il progetto espositivo “Il Castello che non c’è” (info complete su www.ilcastellochenonce.it ) ha riportato in vita virtualmente la fortezza che dominava Schio e tutto l’Alto Vicentino fino a sei secoli fa. Una fortezza che oggi esiste solo nei libri e che la tradizione identifica nei dipinti cinquecenteschi di Francesco Verla. Della struttura fortificata, che copriva un’area di poco inferiore ad un campo da calcio, restano solo alcuni residui nella collina: la torre campanaria e la chiesa di Santa Maria della Neve sono infatti ricostruzioni barocche. Il progetto è nato dall’idea di un team di studiosi e appassionati di storia locale e nuove tecnologie, tra cui la start-up scledense Setpointstudio srl. E, con la collaborazione dell’Ufficio Cultura del Comune, ha preso le mosse da un’indagine storico-archeologica. Approfonditi i rilievi e scavi eseguiti all’inizio del 1900 e la documentazione custodita nel fondo Guido Cibin (reso disponibile agli studiosi dalla famiglia Gori), il team si è confrontato con storici e studiosi locali – tra cui il Gruppo Archeologico Alto Vicentino – ideando con la realtà virtuale un percorso interattivo e spettacolare all’interno del Lanificio. E non solo per far scoprire ai visitatori la fortezza, ma anche tutto ciò che era Schio nel Medioevo. Quindi, un territorio che fu teatro suo malgrado delle aspre lotte fra aristocrazia e Curia, possedimento centrale dell’antica stirpe dei conti Maltraversi; ma anche una terra crocevia di sconvolgimenti sociali, con l’epopea dei migranti Cimbri, e un luogo ricco di innovazione già nel Medioevo, con i progressi nell’energia idraulica e nell’attività mineraria.
«Sono le narrazioni medievali dell’ “acqua, terra e fuoco” – dicono Andrea Alba, Davide Covallero, Stefano Pento e Marco Massignani, il team che ha realizzato il progetto – perché di fatto il castello, virtuale, è diventato una “scatola” che abbiamo riempito di storie: raccontare la sola fortezza, di per sé, non sarebbe stato esaustivo. I visitatori hanno apprezzato molto il tuffo nel passato, con un interesse crescente dopo i due mesi di luglio e agosto in cui l’esposizione è di fatto rimasta chiusa. Sapevamo che il periodo estivo avrebbe portato meno affluenze, e siamo certi che se il progetto fosse iniziato da settembre in poi avrebbe riscontrato un coinvolgimento ancora maggiore. Ad oggi sono circa cinquemila i biglietti venduti, nei mesi di apertura. Numeri non scontati e che ci confermano l’apprezzamento al progetto».
Marco Gianesini, assessore alla cultura del Comune di Schio, riconosce il grande successo di pubblico: «Devo dire che questa mostra ha riscontrato grande interesse presso il pubblico di tutte le età perché ha saputo stimolare in modo trasversale la curiosità di apprendere come erano e cosa facevano gli abitanti di questo territorio in epoca medievale e, soprattutto, ha saputo finalmente dare al Castello di Schio un’ipotesi costruttiva. Noi scledensi parliamo sempre di “castello” ma in realtà il castello a Schio – come dice il titolo della mostra – non c’è. Adesso però, almeno virtualmente, possiamo farci un’idea di quello che era il fortilizio presente sul colle più alto della città.
Va ricordato che tutto nasce da un disegno di Guido Cibin conservato nell’omonima collezione. Agli organizzatori di questa mostra va il grande merito di aver subito intuito che quel documento potevano essere ricavate molte informazioni e di aver capito che, anche grazie alle nuove tecnologie, era possibile ricostruire, con grande margine di verosimiglianza, quello che fu il castello di Schio. Proprio per questo ho chiesto agli organizzatori, che ringrazio per aver risposto positivamente, l’autorizzazione ad utilizzare in futuro tutto il materiale prodotto in occasione della mostra».
Nei cinque mesi da aprile in poi e fino ad oggi (tolti i due estivi) la mostra ha registrato oltre tremila accessi per la sola parte del live show, a cui vanno aggiunti i biglietti staccati per la parte dell’esperienza in realtà virtuale con i visori VR e le visite guidate. Da segnalare che solo fra la metà di settembre e la metà di ottobre sono stati staccati oltre 800 biglietti per il live show e circa 700 per i visori VR. L’apprezzamento di insegnanti e presidi è stato particolarmente gradito, a riprova che il progetto ha avuto anche valenza didattica: nei mesi prima e dopo l’estate oltre venti classi delle scuole medie, ma anche di elementari e superiori, hanno vissuto l’esperienza del live show nei giorni infrasettimanali. Apprezzate e partecipate, inoltre, le visite guidate in centro accompagnate dagli archeologi della cooperativa Trama, alla scoperta dei retaggi medioevali della città: la visita sarà di nuovo proposta domenica alle 10 (prenotazioni su www.ilcastellochenonce.it ). È infine già alla seconda ristampa il libro, omonimo, “Il Castello che non c’è”, che racconta lo studio storico-archeologico alla base del progetto arricchito da cartine originali e ricostruzioni virtuali: il volume è in vendita in Lanificio e in alcune librerie del centro.