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Servizi all’infanzia in Veneto: un bando da 50.000 Euro per le 6 idee più innovative

Un premio da 20 mila euro per il primo classificato e altri 5 mila dal secondo posto al sesto per ogni progetto che presenti spiccate caratteristiche d’innovazione, sostenibilità e pertinenza territoriale.

Se in Veneto la carenza di servizi per i bambini e le bambine è un problema, dato che meno di uno su tre frequenta un asilo nido, la ‘call for projects’ promossa da Sumo società cooperativa sociale guarda proprio in quella direzione, cercando di supportare la progettazione, la creazione, lo sviluppo e l’erogazione di nuovi modelli  per rispondere alla crescente richiesta d’aiuto da parte di genitori sempre più in crisi.

L’iniziativa, che fa parte del progetto Paidìa, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del ‘Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile’ in occasione del bando nazionale ‘Comincio da zero’, è sostenuta dalla Regione Veneto in collaborazione con Università Ca’ Foscari (main partner), Comuni di Venezia (Ve), Carmignano di Brenta (Pd) e Bassano del Grappa (Vi), Enaip Veneto, Isre – Istituto Superiore di Ricerca Educativa, Cooperativa Sociale Jonathan, Fondazione Pirani Cremona, Aps La Villa Incantata, Associazione Ninfa, Fondazione Università Ca’ Foscari.

 

La call di Sumo, partner capofila del progetto Paidia, prende le mosse dalla consapevolezza di come nel territorio veneto i servizi educativi per l’infanzia siano scarsi a tal punto da collocare la Regione all’undicesimo posto in Italia, rivelando un 29% di copertura (Openpolis – Con i bambini su dati Istat) a fronte dei nuovi obbiettivi europei post Covid che fissano l’asticella al 45%.

 

I quasi 50 mila Euro verranno destinati in particolar modo al Veneziano, Padovano e Vicentino, senza tuttavia dimenticare qualunque altro territorio che secondo i dati Istat presenti povertà educativa, già definita di portata storica dal professor Giuseppe Barbieri, direttore Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’ateneo lagunare.

Ogni 100 minori 0-2 a Rovigo esistono infatti solo 32 posti al nido; a Padova e Verona il numero si riduce a 30, mentre a Treviso siamo a quota 27; seguono Venezia e Vicenza con 26, e chiude Belluno con 23.

 

«La mancanza d’offerta si riscontra sia in termini di quantità che di qualità – spiega Elisa Cappello, presidente di Sumo – Anche se il Veneto, dove la proposta privata rappresenta la quota maggioritaria, presenta grandi differenze interne, con i capoluoghi e i Comuni più grandi oltre gli standard europei, le strutture regionali non sono sufficienti per sostenere la genitorialità, provocando disuguaglianze, denatalità e disoccupazione».

Cogliere questa sfida d’incremento qualitativo e quantitativo dei servizi all’infanzia, offrendo investimenti efficaci, potrebbe dunque rivelarsi vincente non solo a livello educativo, e quindi sulle competenze relazionali e culturali, ma pure in ambito demografico e occupazionale, ovvero economico, migliorando il tenore di vita nella direzione dei pieni diritti sociali.

 

Ma come funziona esattamente questo bando?

Innanzitutto il progetto è aperto a tutti; potranno infatti aderire singoli individui, gruppi, associazioni, imprese e altre organizzazioni. Gli interessati devono candidarsi entro il 21 ottobre 2023 compilando il modulo al link https://forms.gle/LLWWh9h4hmnBbHPo8, presente con maggiori e più dettagliate informazioni anche nel sito di Sumo (www.sumonline.it; link https://www.sumonline.it/servizi/cfp-paidia/). Verrà richiesto semplicemente nome, tipologia e curriculum del proponente; localizzazione, sintesi ed elementi d’innovazione della proposta; beneficiari e impatti dell’iniziativa. Le candidature ritenute più meritevoli saranno invitate a partecipare ad un’intervista strutturata a seguito della quale saranno comunicati i 12 progetti selezionati per l’ammissione al percorso.

Ora, dopo una prima fase di accelerazione della durata di due mesi, durante la quale formatori e professionisti del settore interagiranno con i proponenti per affinare l’efficacia dei loro progetti, 6 di questi, in seguito alla presentazione e discussione del business plan di fronte ad una giuria di esperti, saranno accolti in un programma d’incubazione (laboratori di gruppo, incontri con potenziali finanziatori e partner, individuazione dei locali, procedure amministrative, promozione dell’iniziativa) al termine del quale riceveranno un premio in denaro, oltre a 3 mesi di servizi per l’avvio della sperimentazione sul campo.

L’idea considerata più innovativa e sostenibile riceverà 20.000 €, mentre le altre 5 proposte se ne aggiudicheranno 5.000 ciascuna, da spendere in beni e servizi funzionali allo start-up.

 

Della criticità veneta sui servizi all’infanzia si sofferma anche la professoressa Barbara Da Roit. «Le disuguaglianze territoriali diventano disuguaglianze di sviluppo – commenta la sociologa dell’Università Ca’ Foscari – I servizi all’infanzia sono strategici per le politiche pubbliche, perché laddove ve ne sono di più, la diminuzione della natalità è meno incisiva, l’uguaglianza di genere favorita, così come una maggiore prosperità economica, sociale, culturale, educativa e cognitiva, volano per la responsabilità civica di una cittadinanza consapevole, anche dei più piccoli, impegnati nell’apprendimento delle cose del mondo in cambiamento frenetico». Per la docente «i servizi per l’infanzia, congrui, di qualità e accessibili, devono essere il decisivo investimento sociale a supporto della genitorialità che può rilanciare l’Italia».

Il panorama nazionale sul tema lo propone infine il professor Maurizio Busacca, responsabile scientifico del progetto Paidìa.

«In Italia, dove la povertà assoluta riguarda 1 milione di bambini e quella relativa ne coinvolge 2 milioni, i servizi all’infanzia scontano un grave deficit d’innovazione, sia sotto il profilo organizzativo, che sociale e tecnologico.

Nel corso degli ultimi decenni – spiega il sociologo cafoscarino – ben poche novità sono state introdotte nell’ambito dei servizi per i più piccoli e le loro famiglie, spesso attualizzando esperienze e tradizioni passate, come la nuova e crescente popolarità del metodo Montessori, e la diffusione dei servizi parentali, domestici e realizzati in modalità outdoor».

Questa situazione, almeno in parte, dipende dalla fragilità di un settore dove operano agenzie pubbliche e imprese private che nel corso del tempo sono state più impegnate a contenere i costi, alti, a cascata non sostenibili dalle famiglie, invece che a rinnovare i servizi, soprattutto a causa degli scarsi investimenti pubblici, tra i più bassi d’Europa.

A farne le spese – prosegue il docente – non solo i tassi di copertura, che nella maggior parte del Paese, con una media del 25%, rimangono ben al di sotto degli obiettivi fissati a livello internazionale, ma anche il lavoro, che in molti contesti si caratterizza per i bassi salari e gli scarsi o nulli investimenti in formazione.

Come è possibile fare innovazione in un contesto che presenta così tanti vincoli? – domanda in modo retorico – Una risposta potrebbe arrivare dalla trasformazione dei modelli organizzativi.

Oggi con Paidia – conclude Busacca – lanciamo un incubatore per nuovi modelli innovativi, mettendo in campo competenze pedagogiche, organizzative e imprenditoriali, convinti che se la presenza o meno dei servizi all’infanzia incide perfino sulle scelte procreative delle famiglie, c’è in gioco il futuro del Paese».