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Violenza contro sanitari non è solo dramma del Sud: escalation in Veneto. “Non accettazione del dolore”

 

Negli ultimi mesi, gli episodi di violenza contro il personale sanitario sono aumentati esponenzialmente, con casi che coinvolgono medici, infermieri e operatori sociosanitari (Oss). Tra gli incidenti più recenti, spiccano quelli avvenuti al Pronto Soccorso dell’ospedale di Mirano, nel Veneziano. In uno di questi, un cinquantenne, impaziente di essere visitato, ha dato in escandescenze, sferzando calci e pugni contro una parete divisoria in vetro, fermato solo dall’intervento dei carabinieri. Nella stessa struttura, un altro paziente  ha causato disordini al momento delle dimissioni, bloccando l’ingresso del Pronto Soccorso finché non si è scoperto che aveva casa e famiglia.

Episodi simili, come l’aggressione avvenuta qualche mese fa a Verona, in cui un quarantenne ha provocato fratture multiple a un infermiere, un Oss e una guardia giurata, evidenziano una crescente tendenza alla violenza nelle strutture sanitarie italiane. La situazione è diventata così critica da spingere i medici a organizzare una manifestazione nazionale il 16 settembre a Foggia, sotto l’egida dei sindacati, per protestare contro queste aggressioni. Parallelamente, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, insieme al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha proposto l’introduzione dell’arresto in flagranza, anche differito di 48 ore, per chi aggredisce i sanitari.

Un provvedimento per frenare la violenza

L’arresto in flagranza è una misura già applicata nelle manifestazioni sportive e potrebbe rivelarsi un efficace deterrente anche in ospedali e ambulatori. Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia e vicepresidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri), ha espresso il suo sostegno all’iniziativa, sottolineando l’importanza di garantire la certezza della pena. “Basta affiggere avvisi sulla presenza della videosorveglianza e posizionare pulsanti d’allarme collegati alle centrali delle forze dell’ordine”, ha spiegato Leoni.

Nel 2023, le aggressioni ai sanitari sono aumentate notevolmente, passando dalle 220 del 2020 a 2.229, con la maggior parte dei casi registrati nel servizio pubblico. Gli infermieri, i medici e gli Oss, soprattutto nelle aree del Pronto Soccorso, in Psichiatria e nei Serd (servizi per il trattamento delle dipendenze), sono i più colpiti. Il dottor Biagio Epifani, presidente della Simeu (Società italiana medici dell’emergenza urgenza) per Veneto, Trento e Bolzano, ha accolto con favore la proposta del governo, sperando che il provvedimento aiuti a riportare la situazione a livelli gestibili.

Una questione culturale complessa

Oltre alla necessità di misure punitive, Massimiliano Dalsasso, presidente regionale di Aaroi-Emac (associazione degli anestesisti), ha evidenziato che la violenza contro i sanitari ha radici culturali profonde. Dalsasso ritiene che l’incapacità di accettare il dolore e la morte, alimentata da una cultura che promette soluzioni per ogni problema, sia alla base di molte aggressioni. “La violenza non è accettabile in un Paese civile”, ha affermato, sottolineando la necessità di un cambio di mentalità e l’importanza di educare i cittadini a non cercare giustizia con la forza.

Medici stranieri nel mirino

Un ulteriore problema riguarda gli attacchi a medici di origine straniera. Tra i casi più eclatanti, l’aggressione a Chioggia del medico camerunense Nelson Yontu, vittima di insulti razzisti e minacce di morte da parte di un paziente. Foad Aodi, presidente dell’Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), ha elogiato la proposta di arresto in flagranza come un passo lungimirante nella lotta contro queste violenze.

Mentre il governo si prepara a varare misure più severe, resta chiaro che il problema richiede anche un cambiamento culturale e sociale, volto a ridurre la tensione negli ospedali e a tutelare la sicurezza di chi ogni giorno lavora per salvare vite umane.

Fonte Corriere della Sera