La bellezza di quasi undici  milioni di euro di debiti  per via di fidejussioni per una società poi fallita per investimenti sbagliati è  il conto che deve affrontare in ambito legale il  dg dell’Ulss 7 Pedemontana  Carlo Bramezza.  Il manager 55enne nelle scorse ore è stato ammesso alla legge “salvasuicidi” per cercare di ripianare i conti senza andare totalmente in “default” e garantirgli così un “minimo vitale”, ma il suo caso sta provocando le reazioni politiche di chi ora chiede spiegazioni su come mai la Regione Veneto abbia affidato un incarico come il suo ad una persona indebitata fino al collo, a cui è stato pignorato un quinto dello stipendio (circa 8 mila euro l’anno).

A capitanare le reazioni politiche sulle vicende giudiziarie del dg è il Pd della Provincia di Vicenza: ‘Apprendiamo dai media locali del procedimento di liquidazione del patrimonio, disposto dal tribunale di Treviso, che ha coinvolto il dirigente generale della Ulss7  Pedemontana Carlo Bramezza. Il procedimento è stato avviato perché avrebbe stipulato delle fideiussioni per un valore di circa 11 milioni di euro, per conto di due società di cui è stato socio per oltre 6 anni. Quando le due società sono fallite, il dg della Ulss non è stato capace di ripagare i debiti maturati. Visto il ruolo di dirigente pubblico apicale per cui Bramezza è stipendiato dai cittadini veneti, rivolgiamo a Bramezza ed ai vertici della regione che lo hanno nominato alcune domande. Lo riteniamo un atto necessario per chi è deputato a gestire la cosa pubblica: Le società in cui agiva Bramezza hanno partecipato ad appalti pubblici. E se sì, quali? In quale ambito operavano le fideiussioni “andate male” di cui Bramezza si era fatto garante? I vertici della Regione erano a conoscenza dell’importante attivismo di Bramezza nel settore privato? Infine chiediamo al presidente Zaia e all’assessore alla sanità della Regione Veneto, Manuela Lanzarin, con che criteri venga scelto un dirigente di una Ulss che ha prestato fideiussioni per oltre 11 milioni di euro. Non vogliamo in nessun modo intervenire nella sfera privata del dottor  Bramezza, ma chiediamo se si intende confermarlo nella gestione di un’azienda pubblica che sposta milioni di euro come la Ulss 7 Pedemontana’.

A porre le domande senza giri di parole sono Davide Giacomin,  neo segretario provinciale  del Partito Democratico, assieme ai colleghi  Paolo Costa, Coordinatore Pd Area thienese e  Giannina Scremin, coordinatrice Pd Area Bassanese. Gli esponenti dem sono rimasti gelati dopo la notizia, comparsa prima su Rete Veneta e poi su altri giornali del trevigiano, dato che Bramezza è di Villorba.

Intanto, come riporta Il Fatto Quotidiano, che ha dato ampio risalto alla vicenda, l’avvocato di Bramezza ha presentato un piano per vendere tutte le proprietà e ha ottenuto il via libera considerando che “nel prestare le garanzie che hanno cagionato il dissesto è esente da colpa e nelle due società garantite non aveva ricoperto alcuna carica”. Potrà soddisfare solo in minima parte i creditori. Il manager ha spiegato che all’origine dei dissesti c’è stato il crollo del mercato immobiliare e l’impossibilità per i costruttori di vendere le unità immobiliari. Di qui la crisi di liquidità sfociata nel fallimento. Alle banche creditrici, Bramezza contesta di aver preteso “fidejussioni per importi esorbitanti rispetto alla capacità patrimoniale per far fronte ai debiti”. E così la procedura ha ingoiato tutto il patrimonio di Bramezza, che è stato costretto a vendere un po’ di tutto: un lampadario in vetro di Murano per 500 euro, un mobile cinese per 300, tavolini, sedie e poltrone per cifre irrisorie, un televisore per 30 euro, perfino i libri per 50 euro. Dovrà vendere (e quindi lasciare) anche la casa dove abita.

di Redazione Altovicentinonline

 

 

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