La sanità regionale corre, ha aumentato la sua produttività, assume ma non riesce a trovare medici: ne mancano 50mila in Italia, oltre 3mila nel nostro territorio”. Lo ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia, presentando a Venezia il bilancio sanitario regionale del 2023.
In Veneto, ha riferito Zaia, ci sono 59.840 operatori nella sola sanità ospedaliera, “e nonostante il deficit del personale ha prodotto di più rispetto all’anno precedente – ha aggiunto -.
Devo ringraziare medici, infermieri, Oss e tutti gli operativi”. Lo scorso anno sono state ricoverate 640mila persone in ospedale (+4%), effettuati mezzo milione di interventi chirurgici (+4%) e oltre 10 milioni di interventi di specialistica ambulatoriale (+4%).
Il Suem ha ricevuto 845mila chiamate
“Dal 2019 a oggi, i professionisti sono aumentati di 4.101 unità – ha proseguito Zaia -: si è assunto, ma non riusciamo ad assumere di più dove vorremmo. Abbiamo perso 170 medici rispetto al 2019, perché non riusciamo ad assumerli, e incrementato gli infermieri di quasi 2.000 unità”, ha concluso.
A livello nazionale, 1 su 2 boccia la sanità pubblica
“Mentre nella conferenza stampa di fine anno della premier Giorgia Meloni non è stato riservato spazio e tempo alla sanità, tra i cittadini cresce l’apprensione per le sorti del nostro Servizio sanitario nazionale. Non a caso per ben un italiano su due il governo non ne ha migliorato le prestazioni e, soprattutto, non ha valorizzato né medici e né infermieri”. Così Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, commentando l’esito dell’indagine demoscopica commissionata dal sindacato alla Swg. “Tant’è che, nonostante gli inevitabili disagi che ha subito- prosegue- il 62% dei cittadini ha appoggiato gli scioperi nazionali indetti dal personale nei mesi scorsi, dimostrando di essere ben consapevole sia delle condizioni precarie degli infermieri sia della necessità di stanziare risorse adeguate per il rinnovo dei contratti, oltre che delle conseguenze peggiorative della riforma pensionistica contenuta in manovra”. Il sondaggio Swg ha esplorato, inoltre, l’opinione dei cittadini rispetto alla decisione dell’esecutivo di assumere infermieri dall’estero per cercare di arginarne la cronica carenza e rispetto a quella di abbandonare il Ssn italiano e andare a lavorare fuori dall’Italia che sempre più professionisti stanno prendendo. Se un quarto del campione non condivide il ricorso a lavoratori stranieri, di contro oltre la metà degli italiani (60%) giustifica con gli stipendi bassi la scelta di emigrare da parte degli infermieri. “Proprio le retribuzioni non all’altezza insieme alla scarsa valorizzazione del lavoro- aggiunge Bottega- sono, rispettivamente per l’84 e 81% degli intervistati, le principali ragioni delle dimissioni precoci, un fenomeno che purtroppo sta assumendo dimensioni preoccupanti”.
Tuttavia, “non possiamo non comprendere quel 22% degli interpellati secondo cui il personale non dovrebbe abbandonare la sanità italiana proprio perché gli infermieri per primi se decidono di trasferirsi oltre confine lo fanno a malincuore. Ragion per cui basterebbe la buona volontà politica di investire seriamente sulla categoria per cominciare a invertire il trend. Una rotta che, altrimenti, porterà dritti allo smantellamento della sanità pubblica”, conclude il segretario Nursind.