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Sanità. Visite ed esami negati? Ecco come i cittadini devono ottenerli

Richiamando le circa 29 milioni di prestazioni prescritte dai medici di famiglia nel 2022 e gli “appena” 16 milioni di visite effettuate, il Pd torna a dire che in Veneto “per molti, e soprattutto per le persone economicamente più deboli, il diritto di essere curati non è più garantito”. Ma un modo per ottenere le visite e gli esami c’è, e oggi Anna Maria Bigon ha lanciato un ‘salvagente’ ai tanti che sono alle prese con le liste d’attesa. “Semplici indicazioni pratiche su come procedere quando il sistema sanitario pubblico non garantisce le visite nei tempi indicati dal medico di famiglia”, spiega la dem. Quale? Questo: nel 1998 il Governo Prodi predispose “uno strumento per garantire il rispetto dei tempi prescritti per le visite, prevedendo che nel caso in cui i termini indicati dal medico non siano rispettati, il cittadino può chiedere di effettuare la visita nei tempi dovuti, con un medico che svolge la libera professione in un ospedale pubblico (tecnicamente ‘intramoenia’) pagando solo il ticket, se previsto”. Dunque, “visto l’aggravamento del problema delle liste d’attesa”, il Pd consiglia di fare così. Dettaglia Bigon: un’istanza “molto semplice da presentare al direttore generale dell’Ulss nella quale il cittadino spiega di essersi rivolto al Cup, ma lo stesso Cup, che avrebbe dovuto fornire due possibilità (dare una risposta e fissare una visita nei tempi previsti oppure fissare un pre-appuntamento) non lo ha fatto, chiedendo di richiamare o dicendo che le liste sono chiuse o non c’è disponibilità. In questi casi, nel momento in cui il cittadino vede violato il diritto alla salute nei tempi previsti dal medico di famiglia”, se scatta l’istanza “l’Ulss deve rispondere richiamando il paziente nei tempi previsti dal medico”.

Dopo Bigon, la capogruppo dem Vanessa Camani interviene per dire che “servono più investimenti per una sanità migliore e a questo scopo abbiamo predisposto un progetto di legge statale, peraltro non ancora incardinato all’ordine del giorno in commissione, con il quale chiediamo di destinare alla spesa sanitaria il 7,5% del Pil, a fronte dell’attuale 6,4%, e di sbloccare le assunzioni di personale medico: alla sanità pubblica servono più risorse e più personale motivato, e in Veneto siamo ancora troppo lontani da questo obiettivo”. In Veneto, “da un lato ci sono gli slogan in base ai quali si dice che è aumentata la produttività e sono state abbattute le liste d’attesa; dall’altro però ci sono le persone vere, i cittadini, i pazienti che raccontano le proprie esperienze, alla luce delle quali è possibile comprendere che i conti non tornano. Stiamo assistendo a uno scivolamento verso il privato- dice la vicepresidente del Consiglio veneto Francesca Zottis- determinato anche dal fatto che gli investimenti in sanità vanno a favore dei cosiddetti ‘gettonisti’, i quali non possono garantire le stesse prestazioni del personale a tempo indeterminato. Chiediamo inoltre maggiore trasparenza sui dati per comprendere quante siano le persone che escono dal sistema pubblico: vogliamo sapere quante sono le persone che rinunciano a una visita perché l’agenda degli appuntamenti è chiusa, e anche a proposito del galleggiamento non abbiamo contezza e chiarezza sui dati reali”.