Sotto il profilo della sicurezza alimentare, non ci sono criticità nei cibi della ‘zona rossa’ dei Pfas. Lo ha reso noto la Regione, tramite la stima del contributo dei singoli alimenti all’esposizione a Pfos e Pfoa in rapporto agli attuali TDI (limiti cautelativi per l’esposizione cronica ndr.) stabiliti da EFSA (Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare con sede a Parma ndr.) non ha messo in evidenza criticità sotto il profilo della sicurezza alimentare.

“Stima che verrà perfezionata quando i dati sui consumi alimentari locali, raccolti nel contesto del biomonitoraggio attualmente in corso (sulle persone ndr.) saranno disponibili – spiega Coletto”.  E’ questo il passaggio chiave delle conclusioni a cui è giunto il Piano di Monitoraggio degli Alimenti in Relazione alla Contaminazione da Sostanze Perfluoroalchiliche (PFAS) in Alcuni Ambiti della Regione del Veneto, realizzato e valutato dall’Istituto Superiore di Sanità, in accordo con la Regione, e in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie e l’Arpav, presentato oggi a Venezia dai tecnici dell’ISS Umberto Agrimi e Paolo Stacchini, alla presenza dell’Assessore alla Sanità della Regione Luca Coletto e dei tecnici regionali dei settori sanità, ambiente e agricoltura.

Il pesce della ‘zona rossa’, vietato mangiarlo
Nel corso della presentazione è stata ufficializzata la notizia che, sulla base dei risultati della ricerca, il Presidente della Regione del Veneto ha emesso un’ordinanza nella quale viene vietato il consumo di pesce pescato nelle acque superficiali in tutti i 21 Comuni della cosiddetta “zona rossa”. Il divieto è in vigore dal 10 novembre e lo resterà per un anno.

 

“L’ISS e tutti i tecnici che hanno prodotto questo imponente studio – ha detto Coletto – hanno fatto un grande lavoro, dotato di rigore scientifico, una metodicità approfondita, e applicata a quello che, è bene ricordare, è il primo caso in Italia nel quale si affronta a 360 gradi la complessissima questione. Gli esiti sono tranquillizzanti – ha commentato – e fanno giustizia degli allarmismi e di qualche fake news che hanno accompagnato l’intera vicenda. La Regione ha affrontato tutto con impegno e trasparenza sin dal primo giorno – ha tenuto a sottolineare – ha fatto investimenti cospicui sulla prevenzione, sulla salute, sugli interventi di filtraggio negli acquedotti, sull’intero aspetto ambientale. Sinora abbiamo utilizzato sole risorse regionali – ha detto – ma proprio oggi ho ricevuto dal Ministero della Salute la notizia di un primo stanziamento di due milioni di euro per la parte delle attività sanitarie. Non è molto, ma è già qualcosa, purchè sia chiaro che i costi si protrarranno per anni, perché stiamo attuando un vero e proprio screening sulle persone che durerà a lungo ed eroghiamo le eventuali cure necessarie in forma totalmente gratuita. All’appello mancano purtroppo ancora gli 80 milioni promessi dal Governo per gli interventi acquedottistici. Cose fatte all’italiana, non alla veneta”.
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Il monitoraggio
Il Piano e i suoi esiti sono stati illustrati dal Primo Ricercatore dell’ISS Paolo Stacchini.
Complessivamente, sono stati prelevati 614 campioni di alimenti di origine vegetale e 634 campioni di alimenti di origine animale. Gli alimenti vegetali campionati sono stati: frutta (mele e pere da tavola), uva da vino, ortaggi (patate, radicchio, pomodori, asparagi, cipolle, lattuga/lattughino e altre verdure a foglia, fagiolini, zucchine, peperoni, zucca, piselli, cavoli, fagioli) e cereali (mais). Quelli di origine animale: muscolo e fegato di suini, avicoli e bovini da carne, oltre che latte, uova e pesci di cattura.

Nelle Considerazioni finali della ricerca dell’ISS illustrata da Stacchini si legge che: “è stato sostanzialmente rispettato; gli scostamenti riscontrati non inficiano il significato complessivo dei risultati ottenuti – nel corso delle attività analitiche non sono emerse evidenze che rendessero necessaria l’adozione di misure di intervento -livelli di contaminazione riscontrati nelle specie ittiche di cattura, campionati nell’ultima fase del piano di monitoraggio, hanno suggerito l’opportunità di individuare misure di carattere precauzionale – Gli alimenti di origine vegetale sono risultati esenti da contaminazione rilevabile da PFOS e PFOA ad eccezione di alcuni campioni di mais, i cui livelli di PFOA erano in ogni caso estremamente bassi – Relativamente agli alimenti di origine animale, il latte, il muscolo bovino e quello avicolo hanno mostrato per PFOS e PFOA contaminazioni assenti o trascurabili -Il fegato, in particolare quello suino e le uova di produzione familiare hanno mostrato, in una percentuale significativa di campioni, livelli variabili di contaminazione per PFOS e PFOA. Il contributo di tali alimenti in termini di esposizione ai contaminanti risulta tuttavia estremamente ridotto anche nello scenario cautelativo adottato. Anche in alcuni campioni di muscolo suino è stata rilevata presenza dei contaminanti; i bassi valori riscontrati fanno comunque stimare come estremamente ridotto il contributo di tale alimento all’esposizione della popolazione ai PFAS – La presente stima del contributo dei singoli alimenti all’esposizione a PFOS e PFOA in rapporto agli attuali TDI stabiliti da EFSA non ha messo in evidenza criticità sotto il profilo della sicurezza alimentare. Tale stima verrà perfezionata quando i dati sui consumi alimentari locali, raccolti nel contesto del biomonitoraggio attualmente in corso, saranno disponibili. Modifiche degli attuali parametri di riferimento, eventualmente contenute nel parere dell’EFSA di prossima pubblicazione, porteranno alla rivalutazione dell’attuale stima – Al fine di monitorare nel tempo l’andamento della contaminazione delle produzioni primarie di alimenti locali appare opportuno prevedere programmi di verifica sulle matrici alimentari nelle quali è stata riscontrata contaminazione.

di Redazione AltovicentinOnline

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