“Dal prezioso mondo del volontariato legato alla donazione e alla raccolta di sangue giungono ripetuti appelli a far fronte alla carenza di personale medico ed infermieristico. Un fenomeno di portata generale ma che si sta ripercuotendo in quest’ambito con conseguenze di particolare gravità, perché rischiano di mettere in ginocchio l’intero sistema trasfusionale. A queste richieste di aiuto la Regione ha il dovere di rispondere con misure urgenti, in grado di arginare l’emergenza”. A rilanciare l’allarme proveniente dai vertici nazionali e locali di AVIS sono i consiglieri regionali del PD Veneto, Francesca Zottis, Jonatan Montanariello e Anna Maria Bigon.

“Le difficoltà di reperimento di personale, che in modo stabile e continuativo possa garantire un andamento regolare nel raccogliere le donazioni, erano precedenti alla pandemia. Ma ora, con la graduale riapertura delle ordinarie attività ospedaliere e soprattutto con la ripresa degli interventi chirurgici, questa carenza si sta facendo sentire in maniera ancora più forte, vista la crescente richiesta di emocomponenti”. Da qui la sottolineatura degli esponenti dem sul fatto che “nella consapevolezza di questo fattore di incertezza per la tenuta del sistema sanitario anche veneto, la Regione è chiamata a dare un sostegno concreto, sia in termini economici, integrando i finanziamenti nazionali per la copertura dei pesanti deficit delle attività di raccolta associativa e per consentire a questi centri di essere maggiormente attrattivi nei confronti dei professionisti sanitari, sia, infine,  spingendo sul fronte delle convenzioni, in modo che le singole Ulss possano mettere a disposizione, a seconda delle esigenze, proprio personale”.

“Si tratta infatti – evidenziano in conclusione Zottis, Montanariello e Bigon – di scongiurare l’allontanamento dei donatori in caso di una prolungata situazione di disagio organizzativo. Cosa che viene sentita ancor di più nelle realtà territoriali che presentano specificità complesse come ad esempio  le zone montane. Se non si interviene prontamente, la prospettiva è quella della perdita, o di un pesante ridimensionamento, del ruolo che l’associazionismo e i donatori ricoprono a beneficio del nostro sistema sanitario e dunque di tutti i cittadini”.

Sciopero, domani venerdì 7 aprile

“Il countdown volge al termine. Domani gli infermieri e il personale sanitario non medico del comparto sanità incroceranno le braccia per 24 ore, in quello che è l’acme di una protesta e di un malcontento che approda ad uno sciopero di 24 ore, dopo giorni e giorni di manifestazioni in tutte le piazze”. Così Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up, che in una nota spiega le ragioni che porteranno domani gli operatori sanitari a incrociare le braccia per 24 ore e a bloccare gli straordinari per sei giorni. “Nel pieno di una trattativa per un rinnovo contrattuale che stenta a virare verso quelle legittime istanze, che sembrano ancora un obiettivo lontano- prosegue De Palma- i professionisti della salute, con lo sciopero di domani, sentono nuovamente il bisogno, più che mai, da nord a sud, di raccontare alla collettività ciò che sta accadendo nel nostro fragile sistema sanitario. Una valorizzazione economica che appare ancora come una meta lontana. Uno stipendio medio tra i più bassi d’Europa, la cui precarietà è resa ancora più gravosa da una inflazione che mette in ginocchio le famiglie italiane, paurosamente in bilico, come su un cornicione, verso la soglia della povertà”. Per non parlare di quella “sicurezza sul lavoro che rappresenta un diritto sacrosanto da garantire da parte delle aziende sanitarie- aggiunge il presidente del sindacato- e che invece è vanificata da leggi inefficaci e provvedimenti tutt’altro che concreti, quando invece il triste fenomeno delle aggressioni ai danni degli infermieri andrebbe estirpato alla radice, perché rappresenta un maledetto cancro che una società civile, dove la sanità dovrebbe essere al primo posto, non si può permettere di far crescere senza dotarsi di strumenti idonei al suo contrasto”.

Prosegue ancora De Palma: “E come la mettiamo poi con la carenza di personale, che senza un coraggioso piano di assunzioni rischia di vedere vanificato anche il futuro di quella sanità territoriale che con il nuovo Pnrr, nella Missione 6, necessita di oltre 30mila nuovi infermieri, oltre alla voragine strutturale di 80-85 mila da colmare? Certo, non abbiamo la presunzione di pensare che uno sciopero possa risolvere, come con un colpo di bacchetta magica, tutte le falle del nostro sistema, ma gli infermieri e gli altri professionisti sanitari, non possono e non vogliono seppellire l’ascia di guerra”. Lo sciopero di domani è quindi una “nuova occasione per raccontare, legittimamente, quello che sta accadendo, per scuotere le coscienze, mentre continua da parte nostra il serrato dialogo con governo, Regioni, Aran, Comitato di settore, per cercare una soluzione che possa permetterci di accogliere il nuovo contratto, come un solido punto di partenza per il futuro. Per questa ragione, in attesa delle risorse aggiuntive del nuovo atto di indirizzo, ci stiamo già muovendo da tempo per chiedere di rivedere le esigue cifre oggi a disposizione, alla luce delle delicatissime contingenze economiche che ci attanagliano”, conclude De Palma.

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