Dall’inizio del 2022 “almeno metà della popolazione veneta sta respirando aria malsana un giorno su due”. A dirlo è Legambiente Veneto, che sulla base dei dati Arpav sottolinea come da inizio gennaio la concentrazione limite di Pm10 sia già stata superata per 14 giorni a Venezia, Vicenza e Rovigo, 13 giorni a Treviso, 11 giorni a Padova e 9 giorni a Verona. “Nonostante la condanna europea in itinere ed una pandemia da Covid-19 ancora in corso che ha mostrato ancor più nitidamente la necessità e l’urgenza di pianificare e implementare dei piani antinquinamento organici per le nostre città, il problema della qualità dell’aria nella nostra regione resta tanto drammatico quanto irrisolto”, afferma Legambiente. “A gennaio, per un giorno su due, circa 2,5 milioni di cittadini della regione hanno respirato aria con valori pericolosi di inquinanti atmosferici, in particolare di Pm10, particolato fine che inalato può causare molti disturbi collegati all’apparato respiratorio”. Il danno è “enorme per la salute di tutti, dato che oltre il 60% della popolazione urbana in Italia risiede in aree esposte a concentrazioni di Pm10 al di sopra del limite giornaliero consentito”, e “un danno stratosferico anche per il portafoglio dei cittadini” in quanto “il costo dell’inquinamento è particolarmente pesante per la sanità pubblica”.
Nello specifico, “per gli abitanti di Padova, Venezia, Verona, Treviso e Vicenza il costo sociale medio supera i 2.000 euro pro capite con una incidenza media sul Pil del 6,4%. Numeri- prusegue- di molto superiori alle medie nazionali ed europee che impattano pesantemente sul benessere della popolazione e portano le nostre città ad essere tra le peggiori 15 d’Italia per costi pro capite dovuti all’inquinamento ed il Veneto ad essere la Regione dove i cittadini pagano i costi sociali e sanitari connessi all’inquinamento atmosferico più alti d’Italia”. Eppure, conclude Legambiente, “i centri urbani del Veneto e i vari livelli amministrativi di coordinamento continuano con un gioco al ribasso, a partire dall’aver voluto evitare il blocco stabile degli Euro 4, argomentando la scelta con la scarsa fiducia dei cittadini verso il trasporto pubblico locale a causa di un possibile contagio”. Invece “la Regione ed i sindaci devono adottare al più presto politiche pubbliche per mobilità e riscaldamento ad emissioni zero per tutti, ma soprattutto per chi è meno abbiente”, e “servono mezzi pubblici elettrici, bici e auto elettriche condivise”.
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