Un’approfondita inchiesta de Il Corriere del Veneto ha fatto emergere un dato: dei bacini e invasi in Veneto, meno del 40% è operativo.
A peggiorare il quadro, un ulteriore 25% dei progetti è finanziato solo parzialmente: è il caso, per esempio, dell’invaso di Montebello, nel Vicentino, dove i fondi coprono soltanto i primi due stralci, o di Anconetta, nel Padovano, con il finanziamento del solo primo lotto. Per molti altri interventi, le risorse a disposizione coprono soltanto la fase di progettazione. Questo quadro rappresenta solo una parte delle opere anti-alluvione pianificate dalla Regione Veneto. Nell’elenco, infatti, figurano soltanto le “grandi opere” programmate da Palazzo Balbi, mentre restano fuori le numerose piccole e medie infrastrutture necessarie per consolidare argini, creare mini-invasi e implementare altre misure cruciali per prevenire disastri simili a quelli che in queste ore stanno colpendo l’Emilia-Romagna.
Zaia: «Meglio pagare le opere che gli indennizzi»
Nel contesto di questa allerta, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, l’altro giorno, è tornato a ribadire l’urgenza di un piano di interventi strutturali per fronteggiare il dissesto idrogeologico. «Abbiamo un miliardo di opere pronte da cantierare a tutela del territorio», ha affermato Zaia lo scorso venerdì. E ha aggiunto: «Ci vogliono risorse e la volontà di investire su un piano Marshall nazionale, perché piuttosto che pagare indennizzi è meglio finanziare le opere».
Le dichiarazioni di Zaia fanno eco alle richieste che la Regione porta avanti da mesi. Già il 21 marzo scorso, a Roma, si era tenuto un summit con il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, dedicato proprio alla ricerca di nuovi fondi per queste opere. Ora, nel pieno dell’emergenza che sta travolgendo l’Emilia-Romagna, e tra le polemiche su chi debba assumersi la responsabilità degli interventi, Zaia ha cercato di smorzare i toni: «Non è il momento delle polemiche. Siamo vicini ai nostri fratelli emiliani e romagnoli: 70 volontari della nostra Protezione civile sono già operativi sul posto». E ha aggiunto: «Quando l’emergenza sarà finita ci sarà tempo per le riflessioni. Ora dobbiamo lavorare insieme, con il massimo impegno».
Il Veneto evita il peggio: «Siamo stati fortunati»
Il Veneto, colpito da piogge torrenziali nella scorsa primavera e nelle ultime settimane, ha evitato il peggio proprio grazie agli invasi e ai bacini di laminazione già operativi, nonostante in alcune zone si siano comunque registrati allagamenti. Un esempio è l’area del Retrone, a Vicenza, dove è previsto un invaso nell’ambito dei cantieri della Tav, ma che non è ancora stato completato.
«Possiamo dire di essere stati fortunati», ha dichiarato Sergio Grego, direttore del Consorzio di bonifica Veneto Orientale alla giornalista del Corriere autrice dell’inchiesta Gloria Bertasi. «In Emilia-Romagna sono caduti fino a 400 millimetri di pioggia, un fenomeno così intenso avrebbe creato problemi anche da noi». Grego ha ricordato come nel 1966 in Veneto caddero 300 millimetri di pioggia, per dare un’idea della gravità della situazione in Romagna, territorio dalle caratteristiche geologiche simili al Veneto, fragile e da bonificare.
Grego ha lanciato un monito: «Il livello di pericolosità dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici sta aumentando, ma la velocità con cui si affrontano questi problemi non è sufficiente».
Foto generica d’archivio di una vecchia alluvione nell’Alto Vicentino