“Qui si gioca con i diritti dei cittadini”. Il consigliere regionale Arturo Lorenzoni stigmatizza la possibilità di uno slittamento delle elezioni regionali in Veneto alla primavera del 2026: “Il centrodestra spinge per un rinvio delle consultazioni per provare a sistemare i conflitti interni, sempre più evidenti”, affonda. “Mi auguro che si ragioni in base al bene dei cittadini, non delle opportunità di una parte politica”, aggiunge riferendosi a quanto detto oggi dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in conferenza stampa col governatore del Veneto, Luca Zaia. “Uno Stato di diritto implica, per definizione, il rispetto delle regole. I veneti hanno il diritto di far sentire la loro voce nei tempi previsti dalla legge”, conclude. Arriva la presa di posizione anche dalla capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Vanessa Camani. “Le dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che definisce realistica la possibilità per il Veneto di votare in primavera poiché ‘sta nell’autonomia della Regione’, sono gravi. La legge nazionale, che trova legittimità direttamente nella Costituzione, dice infatti chiaramente che la legislatura delle Regioni dura cinque anni e che in ogni caso spetta al legislatore nazionale definirne la durata”, puntualizza. “Non solo- aggiunge la capogruppo- la Corte europea dei diritti dell’uomo e la commissione di Venezia, organismo del Consiglio d’Europa, hanno sempre censurato ogni modifica riguardante la durata della legislatura perché si ritiene che la prevedibilità anche sulla data del voto sia essenziale per la democrazia”. Le parole di Piantedosi, chiosa la dem, “colpiscono direttamente questo principio di prevedibilità e, al tempo stesso, vanno in direzione opposta rispetto alla Costituzione: la durata della legislatura non è nelle mani del presidente di Regione”.

Il ministro, ipotizza Camani, “ha voluto forse lanciare un messaggio interno al mondo leghista in fase di congresso più che esprimere un pensiero fondato su una effettività del diritto e delle regole democratiche. Di certo- conclude-, sarebbe illegittimo se Zaia, sulla base di una presunta autonomia decisionale, e senza alcuna buona ragione, non dovesse sciogliere il Consiglio regionale nei tempi previsti dalla legge”. Stessa lunghezza d’onda da parte del segretario regionale Pd, Andrea Martella. “È clamoroso che il ministro dell’Interno Piantedosi parli di una presunta libertà della Regione nel decidere la data del voto, come se i limiti temporali della legislatura non esistessero. E subito Zaia coglie la palla al balzo per tornare a invocare lo slittamento delle elezioni al prossimo anno, con l’ennesimo ‘approfondimento giuridico’ utile solo a guadagnare altri mesi di potere”. Nel 2020 “si votò in autunno solo per l’emergenza nazionale del Covid, un fatto eccezionale. Oggi invece non c’è alcuna emergenza, alcuna giustificazione sanitaria o giuridica. Solo la tenace ostinazione di un’intera classe dirigente che non vuole lasciare il potere”, insiste Martella. “Il problema vero è che mentre Zaia pensa a come restare qualche mese in più in carica, il Veneto continua ad affrontare problemi reali e gravi: la crisi della sanità pubblica, il caro vita, la fuga dei giovani, i dazi che minacciano le imprese, l’emergenza abitativa”. Per affrontare tutto questo, conclude, “serve un nuovo governo regionale, con una visione nuova, energie nuove, una classe dirigente all’altezza delle sfide del presente. Non chi sta consumando gli ultimi mesi di un ciclo ormai esaurito. E soprattutto non chi pensa che la Regione sia cosa sua”.

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