“Non si creeranno mai 20 ministeri delll’Istruzione, perchè è una assurdità, ma se poi ci sono ambiti dove efficienza territoriale può essere utile agli studenti, alle famiglie e ai lavoratori, perchè no?”. Luca Zaia, che ha scritto a 640.000 ragazzi veneti pronti a rientrare nelle aule, confida nell’autonomia differenziata anche per migliorare la gestione della scuola. “Noi abbiamo 52.000 insegnanti e vorrei ricordare che il 20% sono precari, il problema delle sostituzioni e delle classi vacanti me lo ricordo da quando ero ragazzo e andavo a scuola”, dice il governatore rispondendo sul punto durante il punto stampa di oggi in Regione a Venezia. Però, sottolinea, la scuola, “è una delle materie Lep, quindi nel tavolo che si aprirà col Governo a settembre-ottobre non ne parleremo”. Quel file sarà aperto solo in una fase successiva. In vista dell’avvio dell’anno scolastico, ha comunicato Zaia all’inizio della conferenza stampa, “ho scritto una lettera ai ragazzi dove oltre ad augurare buon anno scolastico li invito ad investire sui loro talenti, ad uscire dalla narrazione negativa e avere un occhio a chi è più sfortunato di loro”. L’autonomia differenziata, soprattutto nel contesto dell’istruzione, continua a suscitare un acceso dibattito in Italia. Tra coloro che vedono in questa riforma un’opportunità per migliorare il sistema scolastico c’è l’avvocato Andrea Giovanardi, thienese, professore ordinario di Diritto Tributario  all l’Università di Trento e tra gli esperti coinvolti nelle trattative tra la regione Veneto e il Governo. Secondo Giovanardi, l’autonomia differenziata potrebbe rappresentare una chiave per risolvere una delle più grandi criticità del sistema scolastico italiano: la mancanza di insegnanti, particolarmente grave nelle regioni settentrionali.

La crisi di insegnanti al Nord

Il Nord Italia fatica a garantire continuità didattica a causa della carenza cronica di docenti. “Nelle nostre scuole c’è un grossissimo problema di copertura delle cattedre”, spiega Andrea Giovanardi in un’intervista molto dettagliata al Quotidiano del Piave. La questione, però, non è solo numerica. In molti casi, infatti, i posti disponibili vengono assegnati a insegnanti provenienti da altre regioni, soprattutto del Sud, che una volta stabiliti al Nord tendono a chiedere il trasferimento verso le regioni di origine, dove il costo della vita è più basso. La disparità nel costo della vita tra città come Milano e Napoli rende difficile per molti insegnanti del Sud vivere e lavorare al Nord”, sottolinea Giovanardi. Lo stipendio di un docente, uguale in tutta Italia, ha infatti un potere d’acquisto molto diverso a seconda della regione. Questa situazione crea un continuo turnover di insegnanti nelle scuole settentrionali, che a sua volta compromette la qualità dell’insegnamento”.

Il modello delle Province Autonome

Una possibile soluzione a questo problema, secondo Giovanardi, potrebbe arrivare guardando al modello delle province autonome di Trento e Bolzano. In queste aree, grazie a una forma di autonomia già esistente, i concorsi per gli insegnanti sono specifici per il territorio e vengono previste retribuzioni più alte, con incentivi per rimanere nella regione. “Perché non applicare modelli simili anche in altre regioni?”, propone Giovanardi. Con l’autonomia differenziata, le regioni potrebbero gestire in modo più diretto i concorsi e prevedere meccanismi di incentivazione economica, migliorando la stabilità del corpo docente e quindi la qualità dell’insegnamento.

Questo sistema consentirebbe alle regioni settentrionali, in particolare, di rendere più attrattivi i posti nelle scuole locali, superando l’ostacolo della disparità nel costo della vita. Inoltre, grazie a concorsi regionalizzati, i docenti sarebbero incentivati a restare nelle aree in cui ottengono l’incarico, evitando il fenomeno del continuo trasferimento verso altre zone del Paese.

Nonostante le potenziali soluzioni organizzative offerte dall’autonomia differenziata, esistono timori diffusi su come questa riforma potrebbe influenzare altri aspetti del sistema scolastico, in particolare i programmi di studio e la struttura degli esami. Giovanardi, tuttavia, respinge con decisione queste preoccupazioni: “L’intervento delle Regioni dovrebbe riguardare solo aspetti organizzativi e gestionali”, precisa. Gli elementi centrali dell’istruzione, come i programmi didattici e gli esami, resteranno prerogativa nazionale, garantendo l’unità e l’equità del sistema scolastico in tutto il Paese.

Le lezioni, le materie di studio e gli esami di maturità, dunque, continueranno a seguire standard uniformi su tutto il territorio italiano, scongiurando il rischio di frammentazione che molti temono. “Non puoi fare un esame di maturità diverso in Veneto rispetto a quello in Lombardia o Sicilia”, ribadisce Giovanardi, sottolineando l’importanza di regole comuni che fungano da collante per tutto il sistema educativo nazionale.

Il dibattito sull’autonomia differenziata è destinato a proseguire, ma la prospettiva di una gestione regionale più flessibile e mirata offre, secondo Giovanardi, una valida risposta a problematiche specifiche come la carenza di insegnanti al Nord. “Con una gestione più locale del personale e delle risorse economiche, sarebbe possibile affrontare in modo più efficace le difficoltà e migliorare la qualità dell’istruzione”, conclude.

L’autonomia differenziata potrebbe dunque rappresentare una via per risolvere problemi cronici del sistema scolastico italiano, senza compromettere l’unità del modello educativo nazionale. Resta da vedere se questa strada verrà effettivamente percorsa e quali saranno le ricadute pratiche per le scuole e i docenti nelle diverse regioni

 

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