Dal 2012 ad oggi l’Unità di crisi della Regione Veneto ha gestito 350 tavoli di trattativa, 64 in collaborazione con strutture ministeriali e il coinvolgimento diretto di circa 61.000 lavoratori. Le crisi concluse sono state 307 (riferite a 51.352 lavoratori): 170 con riorganizzazione, ristrutturazione o riconversione (55,4%) con 39 cessioni ad un nuovo soggetto imprenditoriale o una reindustrializzazione; 82 (26,7%) invece le cessazioni di attività (di azienda, di ramo d’azienda o unità locale) con ricollocamento del personale. L’anno scorso si è occupata di 71 crisi complesse, con 14.000 lavoratori coinvolti; 28 i casi conclusi (riferiti a 3.705 lavoratori): nove le riorganizzazioni-ristrutturazioni- riconversioni (una sola cessione ad un nuovo imprenditore) e nove le cessazioni. Osservando le classi dimensionali, la metà delle imprese gestite appartiene alla classe con meno di 100 addetti e le pmi pesano sul totale per il 70%. Ma il ‘lavoro’ non manca mai: dall’inizio del 2025 sono 43 i casi che richiederanno ancora l’impegno dell’Unità di crisi, 24 in fase di gestione, 17 in monitoraggio e due in istruttoria. I comparti con più casi sono il metalmeccanico, la logistica, tessile e alimentare; le province più coinvolte: Venezia e Padova, Vicenza e Treviso, infine Rovigo, Belluno, Verona. Particolare attenzione, in questo inizio d’anno, è stata rivolta ad automotive e moda per “prevenire la fase emergenziale”, assicura l’assessore al Lavoro Valeria Mantovan nella conferenza stampa con cui oggi ha illustrato dati e attività di gestione delle crisi aziendali con l’Unità di crisi; al suo fianco, tra gli altri, Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro, e Giuliano Bascetta, capo progetto dell’Unità di crisi aziendali.
Le crisi aziendali, dunque si susseguono, ma “il modello veneto- afferma l’assessore- rappresenta un unicum nello scenario nazionale. Siamo al centro di profonde trasformazioni a livello globale, in ambito ambientale, digitale, dell’intelligenza artificiale, che comportano cambiamenti nel modo di produrre e commercializzare. Dobbiamo essere capaci di saper interpretare questi cambiamenti e reagire. Le nostre eccellenze vanno preservate, le nostre imprese difese, i lavoratori aiutati. Grazie alla concertazione tra tutti i soggetti coinvolti saremo in grado di fare fronte alle nuove situazioni, trovando le soluzioni più efficaci”. L’unità di crisi, spiega Bascetta, “si basa sul coinvolgimento di tutte le parti interessate da una crisi complessa, sindacali e datoriali in primis, per la definizione di soluzioni condivise”. Insieme si prova ad “assicurare la continuità produttiva e la salvaguardia dell’occupazione”. E quando serve si lavora alla ricollocazione degli esuberi “spesso e purtroppo necessaria”. Si cerca però sempre una “mediazione tra le istanze delle parti e l’individuazione degli strumenti piú utili”. Cambiare lavoro, evidenzia Barone, sta diventando “una caratteristica strutturale del mercato del lavoro, non solo in Veneto, sia essa una scelta volontaria o involontaria da parte del lavoratore. Per questo l’impianto generale delle politiche attive del lavoro va sempre di più nella direzione di garantire a chi rimane escluso dal mercato del lavoro la possibilità di potervi rientrare velocemente, attraverso attività di accompagnamento al lavoro, per le persone con una maggiore capacità di ricollocazione, upskilling e reskilling delle competenze”. Compito dei servizi pubblici per l’impiego è “fare il possibile affinché nessuno sia lasciato solo o rimanga indietro”, conclude Barone.