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Il Pd Vicentino torna in piazza: oltre 30 Comuni mobilitati per una sanità pubblica, giusta e vicina

«In questo mese di aprile, il Partito Democratico della provincia di Vicenza si mobilita in oltre 30 Comuni per riportare la politica là dove deve stare: nelle piazze, tra le persone, sui temi veri.
Lo facciamo portando nelle piazze due battaglie politiche e sociali fondamentali: il riconoscimento dei caregiver familiari e la riforma concreta degli ATS – gli Ambiti Territoriali Sociali – che rappresentano la base del nostro sistema socioassistenziale» – dichiara Davide Giacomin.
Il Pd vicentino denuncia la paralisi del centrodestra, impegnato in faide interne, e sceglie invece «la strada della responsabilità, dell’ascolto, della prossimità». Viene rilanciata la proposta di legge regionale per il riconoscimento dei caregiver: «Ci sono decine di migliaia di persone che ogni giorno si prendono cura di un familiare non autosufficiente. È ora di riconoscerlo».
Al centro della mobilitazione anche la riforma degli ATS: «La Giunta Zaia ha ridisegnato gli ATS creando aree enormi, disomogenee e ingestibili. I fondi stanziati sono ridicoli: 80.000 euro per ATS, quando solo la figura del direttore ne costa almeno 70.000. Di cosa stiamo parlando?».
Per tutto il mese, il Pc Vicentino sarà presente con banchetti, volantinaggi e momenti di ascolto: «Vogliamo informare, confrontarci, costruire insieme.
Una forza politica che mette le persone al centro, non i ruoli o le poltrone». – conclude Giacomin
Chiara Luisetto aggiunge: «Una mobilitazione per portare le nostre idee e proposte in piazza, per raccontare come deve tornare ad essere il Veneto. Ricominciamo a prenderci cura dei più fragili, a garantire il diritto a curarsi a tutti.
Comunicato Stampa (foto d’archivio di una manifestazione )
 “Con il sistema sanitario nazionale in affanno quasi 5 milioni di italiani rinunciano alle cure”

“Nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici. Di queste, ben 2,5 milioni lo hanno fatto per ragioni economiche. Un dato in crescita di quasi 600.000 unità rispetto al 2022. È il segnale del progressivo indebolimento del principio di equità su cui si fonda il nostro sistema sanitario nazionale. A dirlo è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

“Quando curarsi diventa un privilegio e non un diritto, non è solo la salute a essere in pericolo, ma la tenuta stessa del patto sociale – sottolinea Cartabellotta -. Il sistema sanitario è in forte affanno per la carenza cronica di professionisti sanitari: mancano all’appello oltre 5.500 medici di famiglia. Ogni anno circa 10.000 infermieri si cancellano dall’albo e i (sempre meno) giovani che scelgono questa professione non bastano neppure lontanamente a compensare l’emorragia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: meno servizi pubblici disponibili, liste d’attesa sempre più lunghe, pronto soccorso al collasso, crescente difficoltà a trovare un medico di famiglia. E così, chi può, si rivolge alla sanità privata. Gli altri, rinunciano alle cure.”

“Secondo la Legge di Bilancio 2025, il Fondo Sanitario Nazionale crescerà di 2.520 milioni (+1,9%), ma solo poco più della metà, 1,3 miliardi di euro, rappresenta nuovi stanziamenti; il resto, 1,2 miliardi, sono risorse già stanziate dalla manovra precedente. E il futuro non promette meglio: eccezion fatta per il 2026 (4 miliardi pari al +3%), gli incrementi per i successivi tre anni sono risibili – ricorda il presidente della Fondazione Gimbe -. In termini di percentuale di Pil, il Fondo Sanitario Nazionale scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029. Tradotto: cambiando unità di misura (da valori assoluti a percentuale del Pil) gli “investimenti record” si trasformano in “minimo storico”.

“La sanità territoriale può aiutare ad allentare la pressione sui pronto soccorso e ad abbattere le liste d’attesa. Ma non basta costruire muri. La riforma territoriale disegnata dal decreto ministeriale 77/2022 va nella giusta direzione, ma senza un piano straordinario per il personale e senza un modello organizzativo chiaro, il rischio di fallimento è altissimo – dice Cartabellotta -. Case di comunità, centrali operative territoriali, ospedali di comunità rimarranno scatole “vuote” se non si colma il vuoto di personale: servono almeno da 20 a 27mila infermieri in più e un concreto coinvolgimento dei medici di famiglia.”

Il Movimento 5 Stelle: “Nel balletto tra governo e regioni ci rimettono operatori e utenti”

“Siamo ormai arrivati al punto di non ritorno nell’inaccettabile balletto tra governo e Regioni sulle liste d’attesa. Tra un’accusa reciproca e uno scaricabarile dietro l’altro, il ministro Schillaci e i governatori regionali, peraltro a maggioranza di destra, stanno dando uno spettacolo poco dignitoso. E, cosa ancor più grave, perdono tempo prezioso per la soluzione dei problemi che da tempo attanagliano il nostro Servizio sanitario nazionale. In Conferenza Stato-Regioni, i Presidenti di Regione hanno proposto il rinvio della discussione sui poteri sostitutivi in merito alle liste d’attesa, ma il sottosegretario Gemmato ha opposto il rifiuto del governo. Di conseguenza, si aprirà una mediazione di un ulteriore mese. In pratica, le liste d’attesa sono state messe di nuovo in attesa. Da priorità assoluta negli annunci, si sono trasformate in mero terreno di scontro di potere. E a pagare, come sempre, saranno il personale sanitario, che continuerà a fare straordinari su straordinari per cercare di accorciare le attese dei pazienti, e gli stessi cittadini, costantemente dimenticati insieme al loro diritto alla Salute”. Lo scrivono in una nota congiunta i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Affari Sociali di Camera e Senato.

 

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