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Il 40% dei veneti prende meno di mille euro al mese di pensione. Nel Vicentino spicca il dato di Foza

Vivere con meno di mille euro al mese. Devono riuscirci moltissimi pensionati veneti “di fronte ad assegni previdenziali che non tutelano in alcun modo il potere d’acquisto, soprattutto di fronte ai rincari degli ultimi anni”, dice lo Spi Cgil del Veneto dopo aver analizzato i primi dati sulle pensioni di vecchiaia del settore privato (che comprendono anche pensioni anticipate e prepensionamenti) del 2023 in attesa dei numeri definitivi sulle dichiarazioni Irpef. Risultato? “Più che preoccupante”. A fronte di un assegno mensile medio di circa 1.260 euro lordi, il 40% dei “trattamenti” di vecchiaia è sotto i mille euro mensili. L’indagine ha mostrato anche marcatissime differenze nei territori e nei Comuni e “la nota sproporzione fra le entrate degli uomini e delle donne”. Specifica lo Spi: “I trattamenti non corrispondono al numero dei pensionati, i quali possono percepire anche più di una pensione, ma sono lo specchio più che affidabile della situazione”. Le pensioni di vecchiaia del privato rappresentano più del 60% di tutte le pensioni private. Ciò premesso, ecco che si deve “vivere con meno di mille euro”. In Veneto l’importo medio della pensione di vecchiaia e anticipata e dei prepensionamenti è circa 1.260 euro, cifra lorda che, al netto della tassazione, “raggiunge a mala pena i mille euro”. Per la maggior parte dei pensionati, “questa è l’unica entrata” con cui affrontano “l’inflazione galoppante” salita a “picchi storici soprattutto in settori strategici come le bollette di luce e gas e il carrello della spesa”. Lo Spi ha calcolato che nel 2023 gli anziani veneti hanno sborsato circa mille euro in più del 2022 e 2.500 euro in più del 2021. Dato che nel 2023 il 40% degli assegni previdenziali di vecchiaia non raggiunge i mille euro lordi mensili, “è facile intuire le difficoltà che stanno affrontando gli ultra65enni”.

I divari fra province. A livello provinciale non mancano differenze notevoli. I pensionati più “ricchi” si trovano nel Veneziano, dove la media delle pensioni di vecchiaia del settore privato è di 1.352 euro. A seguire, seppur indicativamente, Vicenza (1.279), Padova (1.256 euro), Treviso (1.250), Belluno (1.224), Verona (1.210) e Rovigo, fanalino di coda con 1.156 euro lordi mensili. Da sottolineare che, prendendo in esame tutte le pensioni del settore privato, la penultima provincia in classifica sarebbe Belluno e non Verona (dove, presumibilmente, la media viene abbassata dai dati sui prepensionamenti che fanno calare la media degli importi).

I divari fra Comuni. Nella mappa degli importi, ancora più emblematiche sono le medie che si registrano all’interno dei vari territori comunali. Il Comune con le pensioni di vecchiaia più alte è Spinea (Venezia), che può contare su un importo medio di 1.592 euro. A Zoppè di Cadore (Belluno), l’importo cala drasticamente a 561 euro mensili. Analizzando tutti i territori, a Venezia gli assegni di vecchiaia più alti arrivano a Spinea, quelli più bassi a San Michele al Tagliamento (1.119 euro). Nel Padovano in testa si piazza Battaglia Terme (1.495 euro), in coda Casale di Scodosia (1.043 euro). Nel Veronese le pensioni medie di Lavagno arrivano a 1.433 euro, a Selva di Progno si fermano a 959 euro.

E ancora, nel Vicentino domina Nogarole con 1.524 euro mentre a Foza si scende a 1.059. A Mogliano Veneto, nel Trevigiano, gli assegni arrivano a 1.565 euro, a Vidor calano a 1.103 euro lordi mensili. Nel Bellunese si va da Agordo (1.475 euro) al già citato Zoppè di Cadore. Infine, nel Rodigino, guida questa particolare classifica Polesella (1.348 euro) mentre Corbola chiude all’ultimo posto (1.022 euro).

Il gap di genere. L’indagine conferma infine ancora una volta le enormi differenze fra pensioni maschili e pensioni femminili. Sempre prendendo in esame gli assegni di vecchiaia del settore privato, l’importo medio delle pensioni in capo agli uomini arriva a 1.569 euro, quasi il doppio rispetto agli assegni percepiti dalle donne. “Un gap notevole figlio di un mondo del lavoro che nel passato privilegiava quasi esclusivamente gli uomini a discapito delle donne, relegate ad angeli del focolare”, dice lo Spi. Per Massimo Cestaro, segretario dello Spi del Veneto i numeri “parlano chiaro: di fronte a questi importi la tutela del potere d’acquisto a fronte dei rincari è una missione impossibile. Questo ci preoccupa anche perché vediamo e sentiamo le inevitabili conseguenze. Negli ultimi tempi i nostri anziani hanno dovuto ridurre i prodotti nel carrello della spesa, si sono dovuti ingegnare per risparmiare su luce e gas e più di qualcuno è stato costretto a rinunciare addirittura alle cure sanitarie. Ribadiamo la necessità di affrontare il tema pensioni con molta più serietà visto che questo governo ci sembra più impegnato a incrementare le entrate dei lavoratori autonomi e a favorire i furbetti con condoni fiscali e rottamazioni. È necessario e urgente che il governo convochi un tavolo per discutere in modo organico e concreto sul tema delle riforme del sistema previdenziale e assistenziale”