Il comparto calzaturiero italiano chiude il 2024 con una flessione dell’export (-8,4% in valore) e del fatturato, che si attesta a 13,21 miliardi di euro (-9,4%, quasi 1,4 miliardi in meno rispetto al 2023). Oltre alla produzione, che rallenta attestandosi a 124,1 milioni di paia (-16,1%), calano addetti (-3,8%) e imprese (-5,5%). E’ la fotografia del settore, scattata dal Centro studi di Confindustria Accessori Moda per Assocalzaturifici, presentata al Micam, la fiera del comparto che si tiene a Fiera Milano Rho fino a domani. E il Veneto? Nei primi nove mesi del 2024 l’export in valore è in calo del -13% sull’analogo periodo 2023. Le prime cinque destinazioni, che coprono il 61,6% del totale, sono Francia (-8,4%), Germania (-17,7%), Polonia (+18,4%), Spagna (-0,7%) e Usa (-22,8%). Le imprese attive (calzaturifici più produttori di parti) a fine dicembre 2024, tra industria e artigianato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, erano 50 in meno rispetto a fine 2023, con un saldo di -894 addetti. Per quanto le ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps per le imprese venete della filiera pelle, nel 2024 c’è stato un aumento del +58% rispetto al 2023: sei milioni di ore, un numero superiore del +322,5% anche rispetto alla situazione pre-Covid. Messi in fila i dati di settore, dice Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici e Micam, sullo scenario nazionale: Il 2024 “è stato caratterizzato sin dall’inizio dalla contrazione degli ordinativi che, in un clima di incertezza, imputabile a cause esogene tra cui tensioni geopolitiche, nuovo aumento dei costi energetici e rallentamento di importanti economie, ha colpito significativamente anche il lusso. Con ripercussioni sulle lavorazioni per le multinazionali del fashion che producono in Italia, traino della risalita dopo l’emergenza pandemica”.

Ceolini auspica che entro il 2025 si possa concretizzare “una ripartenza per le aziende calzaturiere, che rappresentano uno dei settori cruciali per il Made in Italy”. Intanto, l’export nei primi 10 mesi del 2024 ha perso il -8,1% in valore, con un -4,4% nelle paia, con un trend più penalizzante per le destinazioni fuori dall’Ue, interessate nell’insieme da arretramenti del -11,4% in volume e del -14,3% in valore. Risultati positivi si registrano per la Cina: nei primi 10 mesi 2,5% in valore e +18,9% in quantità (malgrado una contrazione attorno al -4% in valore nel quadrimestre luglio-ottobre, che confermerebbe le indicazioni di rallentamento messe in luce da molti analisti); idem per gli Emirati Arabi (il +24% in valore è accompagnato da flessioni in volume), e per la Turchia. Non crescono le vendite in Nord America (con Usa -5,6% in valore e Canada -15,7%) e in Russia (nuovamente in marcato calo, -22,4%, dopo il rimbalzo del 2023). Rallentano i flussi verso gli hub logistici svizzeri. Tra i partner comunitari, moderate le riduzioni per Francia (-1,9% in valore) e Germania (-4,1%, che tiene in quantità). Il saldo commerciale del settore, che pur mostra un attivo nei primi 10 mesi di 4,2 miliardi di euro, segna -11,2%, nonostante il -5,5% delle importazioni. Si stima arrivi a consuntivo annuo appena sotto i cinque miliardi di euro rispetto ai 5,7 nel 2023. Sul versante interno, gli acquisti delle famiglie sono scesi, nel 2024, del -1,4% in spesa e del -2% in quantità rispetto al consuntivo 2023, restando ancora al di sotto del -5,3% in valore.

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