L’indagine rapida su quasi 300 aziende ha voluto rilevare il clima economico e le tendenze percepite dagli imprenditori e dalle imprenditrici della provincia con l’export pro-capite più alto d’Italia.

Il 52% delle aziende prevede una riduzione degli ordinativi e il 54% un calo della marginalità. Questi i dati più indicativi in merito al “clima economico” che si respira tra le imprese del Vicentino secondo un’indagine rapida, con quasi 300 risposte, svolta da Confindustria Vicenza. Le domande alle imprese della provincia con export pro-capite più alto d’Italia (e terzo export in termini assoluti) hanno riguardato la percezione relativa alla prima metà del 2024.

A seguito di un 2023 che ha evidenziato un forte rallentamento rispetto alla crescita sostenuta degli anni 2021 e 2022, abbiamo voluto analizzare aspettative per il primo semestre del 2024 in un contesto economico molto difficile, che si prospetta tutt’altro che roseo anche nel prossimo futuro”, spiega la Presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia.

Fatturato

Il sondaggio ha rivelato un panorama sicuramente non positivo riguardo le prospettive di fatturato. Mentre il 40% delle aziende interpellate si attende un mantenimento dei livelli del primo semestre del 2023, un preoccupante 41% anticipa una diminuzione. Tra queste ultime, una notevole maggioranza, il 75%, prevede una contrazione superiore al 5%.
Solo una minoranza, il 19%, si mostra ottimista prevedendo un aumento del fatturato.

Ordinativi

Similmente al fatturato, gli ordinativi mostrano segni di contrazione. Il 52% delle aziende prevede una riduzione degli ordinativi, con il 43% di queste che teme una riduzione oltre il 10%.
Dall’altro lato, solo il 15% delle imprese conta su un incremento, suggerendo una crescente pressione sulle capacità produttive e sulle aspettative di vendita.

Costi di produzione

L’instabilità geopolitica continua a influenzare negativamente il settore, con il 48% delle imprese che ha segnalato un aumento dei costi di produzione rispetto al primo semestre del 2023. La maggioranza di queste, il 75%, ha affrontato aumenti fino al 10%, mentre un significativo 25% ha subito incrementi più marcanti, fino al 20%.

Marginalità

Uno degli aspetti più critici emersi dal sondaggio è la marginalità aziendale, con oltre la metà delle imprese (54%) che prevede una riduzione. La distribuzione delle risposte mostra un dettaglio per cui il 50% ritiene di contenere il calo entro il 5%, il 33% fino al 10%, e il 17% invece sforerà la doppia cifra.

Export

Per quanto riguarda l’export, le prospettive non sono incoraggianti. Il 31% delle aziende anticipa una diminuzione del fatturato derivante dalle vendite estere, con una significativa porzione (77%) che prevede cali superiori al 5%.

Sono profondamente preoccupata per le conseguenze che l’attuale clima geopolitico sta avendo sulle nostre filiere d’eccellenza, di cui la nazionalizzazione di Ariston in Russia è solo l’ultima di una serie di situazioni destabilizzanti per un’economia, quella italiana, che lavora e dipende dal commercio globale – aggiunge la Presidente di Confindustria Vicenza -. Anche i recenti dati preliminari del PIL italiano del primo trimestre 2024, di cui si celebra, come spesso succede in maniera eccessiva e strumentale, un +0,3% (era +0,6% l’anno scorso nello stesso periodo), sono ancora leggerissimamente positivi solo grazie all’export, su cui andrebbe posta maggiore attenzione, anche a livello di UE”.

I continui conflitti, quelli drammatici sul campo in Ucraina e Medio Oriente e quelli latenti tra le grandi potenze mondiali tra i quali l’UE sta facendo il vaso di coccio tra vasi di ferro, stanno ormai cristallizzando delle dinamiche che finiscono per danneggiare chi lavora e produce per il mondo – conclude Dalla Vecchia –. Sono in atto perdite drammatiche su mercati vitali per le nostre filiere con una diretta minaccia al benessere economico che le imprese internazionalizzate producono qui, in Italia. Ma oltre alle mancate vendite sul breve termine, vediamo all’orizzonte un pericolo molto più grande: c’è infatti il rischio concreto di perdita del nostro know-how industriale. Le nazionalizzazioni e le restrizioni commerciali possono facilmente trasformarsi in opportunità per i nostri concorrenti di appropriarsi indebitamente di tecnologie e competenze che abbiamo sviluppato in decenni di investimenti e ricerca. È fondamentale proteggere il nostro patrimonio industriale dall’essere diluito o sottratto da azioni unilaterali estere. L’Europa deve rafforzare da un lato il suo mercato interno e dall’altro essere un attore proattivo quando si tratta di difendere il made in Europe, Made in Italy compreso ovviamente, nel resto del mondo”.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia