“Il virus è un dramma, non un complotto”. E’ la replica di don Marco Pozza a don Livio Fanzaga, 80enne Religioso degli Scolopi e direttore di Radio Maria, secondo il quale il coronavirus è un “complotto guidato dal demonio”, “un avvertimento della Madonna di Medjugorje” di febbraio, “un progetto volto a fiaccare l’umanità, metterla in ginocchio, instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, creando un mondo nuovo che non è più di Dio Creatore, attraverso l’eliminazione di tutti quelli che non dicono sì a questo progetto criminale portato avanti dalle élites mondiali, con complicità magari di qualche Stato”.
Don Marco Pozza, da nove anni cappellano del carcere di Padova, prete comunicatore che ha intervistato per ben tre volte Papa Francesco, ha risposto fraternamente e senza scendere in polemica diretta a padre Fanzaga.
“Nell’officina di mio papà, sin da quand’ero bambino, ho sempre sentito la radio accesa: sempre-e-solo Radio Maria – ha confidato il sacerdote originario di Calvene – Ascoltandola (da quarant’anni conosco mio papà) ha pregato, ascoltato, ripensato. E’ diventato il mio teologo-ombra, cosa che più di qualche volta mi mette in seria difficoltà: la sua finezza intellettuale, la sua meditazione sui Novissimi, quella sua ostinata ricerca su che cosa significhi “discese agli inferi” sono la conferma di quanto una radio, fatta bene, possa fare di un meccanico un illustre pensatore. Papà ama Radio Maria, legge più volentieri i libri di padre Livio Fanzaga dei miei, però non ha mai perduto l’onestà intellettuale. Che, sovente, ritrovo nell’unica critica che rivolge al direttore dell’emittente: “Troppe volte dice “Secondo me, a mio parere, questa è una riflessione personale”. Rischia che la gente confonda la dottrina con le sue opinioni”, ha detto mio padre. Mio padre ha un cervello e una sapienza di cui vado fiero, che mi fa sentire ignorante: sa distinguere una provocazione da una verità dogmatica, un’interpretazione da una citazione. Un conduttore, da Dio. Nel mio caso, Radio Maria non è una radio che ascolto: non per questo, però, ne sottovaluto la ricchezza, il seguito, la profondità di certi discorsi. “L’hanno detto a Radio-Maria, come fai a dire che non è vero!” mi rinfaccia spesso qualcuno se mi metto di traverso a qualche affermazione uscita da quelle frequenze radiofoniche. “E allora?” rispondo. “Allora è una radio cristiana, basta questo!” No, signori: l’aggettivo non convalida il sostantivo, è una gradazione che ci aggiunge. Non lo esime, però, dall’essere sottoposto a critica, ad osservazioni, a prese di distanza. Sovente, invece, l’aggettivo cristiano è diventato come il bollino che la commessa attacca per tenere fermo il nastro su un pacco di regali: sta scritto il nome del negozio, i recapiti, la pubblicità. Ma non garantisce nulla sul contenuto: devi aprire la borsa per vedere se quello che c’è è materiale originale o roba contraffatta. Per le esternazioni sul virus che don Livio ha articolato, basterebbe lo sconforto creato per fiutare che “secondo me, a titolo personale” è più un rischio in agguato che un aiuto alla comprensione. Coloro che lo ascoltano non sempre hanno gli strumenti per discernere ciò che è personale da ciò che è dottrina: si fidano, si affidano, pongono la loro fiducia. A volte è comodo prendere in affitto pensieri già pensati per evitare di pensare con la propria testa. Chi lavora con la fiducia, chi scrive conosce il tremore di lavorare con la fiducia, sa che la sua parola non è una parola qualunque, non produce un effetto qualunque, non è facile da dimenticare. Che Satana esista, e che per farlo si sia brevettato una arte di tessitura invidiabile, è materia di fede: non occorre ce lo dica Radio Maria. Ma dare una lettura così discordante con la morte penso sia una cosa dalla quale poter dissentire”.
“E’ un complotto il virus? – si chiede, infine don Pozza – Servirebbero competenze scientifiche e dati dimostrati per dirlo senza apparire ingannatori. Più che un complotto è un dramma che sta tenendo sotto-scacco il mondo. Causa morte, distacchi, sofferenza, angoscia. È una natura che ci sta mostrando cosa potrebbe voler dire pensare di vivere sani in un mondo malato, come dice Papa Francesco. Di poter stare dentro casa senza il pensiero di come stia il mondo fuori. Che dietro tale dramma ci sia il tentativo di cassare il cristianesimo e Cristo attraverso una sorta di dittatura sanitaria, è un “secondo me” azzardatissimo, direbbe papà che è estimatore di padre Livio. Mi piace la passionalità di un uomo come padre Livio, ma non condivido la lettura che lui dà della realtà. Questo, dunque, è un motivo in più per pregare tra di noi, per noi, a nostro favore: perchè quando uno si affeziona a qualche persona di Chiesa, non si scordi mai di guardare la luna perdendosi nel dito che la indica. Il dito è il dito, non è la luna: fare di un dito la luna questo sì è volere cacciare il cristianesimo dal mondo. Non è un avviso per nessuno: è un promemoria-mattutino per me, per evitare di firmare qualche complotto verso Dio. A scapito della fede dei piccoli soprattutto”.
di Redazione Altovicentinonline